Cosa c'è in cima
a "La Torre"?
Curiosando
in un Centro Sociale Autogestito romano, oggi immerso nel verde, dopo mille
sgomberi e mille e una nuove occupazioni, nell'anno del Giubileo e del World
Gay Pride nella capitale. REDS. Giugno 2000.
Quartiere Nomentano,
Casal de'pazzi. Superiamo Piazza Sempione, attraversiamo Montesacro: la via
Nomentana si fa un susseguirsi di curve nella campagna. Svoltiamo per viale
Kant a destra, ancora qualche centinaio di metri e parcheggiamo in una stradina
tranquilla. Bisogna proseguire a piedi. Appena imboccata la strada sterrata
sembra di essere fuori città: silenzio, stelle, il chiarore rossastro
della metropoli e del raccordo anulare poco lontano. E' rilassante inoltrarsi
nel parco, accogliente, fino al casale che ospita "La Torre".
Questa volta ci aspettano: Sandra, Fabrizio, Carla, un altro paio di ragazzi
e ci accomodiamo in circolo davanti allo spazio aperto per il cinema, dove tra
poco inizierà la proiezione del film in programma stasera. Ora che è
estate ce n'è uno ogni domenica. Appena Fabrizio comincia a raccontare
la storia de "La Torre" ci accorgiamo che per conquistare questo posto
tranquillo c'è voluta parecchia determinazione e che quei visi sereni
e sorridenti ne hanno già viste delle belle.
"La prima
occupazione che diede vita all'esperienza de "La Torre" risale al
1994, in un vecchio stabile di viale Rousseau, a breve distanza dal Ministero
degli Interni. Una zona difficile, in un quartiere ostile, pieno di polizia
e controllato da Alleanza Nazionale. Nel gennaio del '95 arriva il primo sgombero,
ma un mese più tardi si rientra in massa. A luglio nuovo intervento della
polizia con sigilli e sequestro. Si decise allora per una nuova occupazione
di movimento, con la partecipazione di molti compagni di altri centri sociali
romani, mobilitazione che ebbe successo. Ma qualche giorno dopo il posto (fortunatamente
non c'erano occupanti durante la notte) fu di nuovo assaltato e letteralmente
devastato dalla polizia: porte sfondate, finestre divelte. Nel luglio del '95
una nuova occupazione scatena in breve tempo un'operazione in grande stile:
due elicotteri, vari blindati. Si era decisa la resistenza e ci sono scene di
guerriglia a Talenti e Casal de' Pazzi. Gli scontri sono emblematici del momento
politico: con la "delibera 26" il Comune offre a molti centri sociali
una sorta di regolarizzazione, allo stesso tempo tolleranza zero e braccio pesante
da parte delle autorità contro i giovani troppo intraprendenti. Per il
movimento resistere ha allora un importante valore simbolico. Dopo sei ore di
assedio gli occupanti escono pacificamente: scattano riconoscimenti e denunce,
alcune delle quali per associazione a delinquere. Persino Rutelli sconfessa
nei giorni successivi le modalità dello sgombero ma la magistratura ha
comunque proseguito per sua strada.
Qualche mese più tardi si decise di rioccupare e rientrammo senza interruzioni
fino al '97. Non si è trattato però di un periodo "tranquillo":
in occasione di feste e concerti si registrano vari tentativi di irruzione da
parte della polizia con richieste di identificazione dei presenti, tre incendi
dolosi, situazione di perenne emergenza. Al clima intimidatorio e alle denunce
penali si aggiunge l'ultimo escamotage: il vincolo dei Beni Culturali che vieta
ogni lavoro di ristrutturazione o modifica dello stabile. Si trattava infatti
niente popò di meno che della casa dell'illustre gerarca fascista Farinacci,
poi abbandonata alla caduta del fascismo, trasformata abusivamente in un ristorante
e infine lasciata a topi e intemperie.
In breve, all'inizio del '97 il Comune ci spiega che quel posto va assolutamente
abbandonato, e ci offre un'alternativa qui a Casal de' Pazzi. All'epoca molti
centri sociali, tra cui il Forte e il Villaggio Globale erano sotto sgombero,
circa cento persone erano ancora sotto processo. Un'assemblea cittadina decise
allora di accettare il trasferimento. Molti di noi vissero questo passaggio,
nella primavera del '97, come una mezza sconfitta, perché avevamo dovuto
cedere, perché tutto il nostro lavoro sociale in viale Rousseau non era
stato riconosciuto. Ma era l'unica possibilità per potersi dedicare con
maggiore continuità ai nostri progetti."
E parliamo allora di questi progetti, di questo nuovo posto un po' isolato ma così suggestivo e accogliente.
"Si tratta di un casale costruito nel 1914 dal Comune, poi assegnato ad un contadino e divenuto infine casa di campagna dei suoi eredi. Quando entrammo era abbandonato da tempo, malridotto, con i tetti sfondati. Adesso lo stiamo ristrutturando completamente."
Mi spiegano ancora in dettaglio la questione della "delibera 26" sulla assegnazione degli spazi ad uso sociale da parte del Comune e la ambigua situazione giuridica in cui si trova il Centro: preassegnazione scaduta e nessun nuovo accordo intervenuto. Uno dei miei interlocutori studia giurisprudenza ed è incredibilmente informato. Ma qualcun altro gli fa segno di tagliare, così torniamo ai progetti. E' Carla a prendere la parola.
"Il primo
a partire è stato il progetto trattoria con alimenti biologici. Poi la
sala da the con prodotti del commercio equo e solidale. Insieme naturalmente
all'attività culturale, alle serate a tema, ai concerti serali.
Da un gruppo di volontari che lavora con disabili è nato il progetto
di agricoltura biologica "il Coltivatorre", che vede la partecipazione
attiva di disabili e non. Infine, da circa un anno e mezzo, ospitiamo in modo
permanente la cooperativa "Terre" che si occupa di sviluppo eco-compatibile,
energie naturali e rinnovabili. Abbiamo realizzato con loro dei pannelli fotovoltaici
per riscaldare l'acqua, una serra; abbiamo messo mano alla ristrutturazione
del tetto secondo criteri di compatibilità con l'ambiente per i materiali
adoperati e le tecniche adottate. La cooperativa sta cercando di allestire un
eco-museo; molti di loro fanno dei corsi nelle scuole, realizzano piccoli lavori.
Così oltre al collettivo del Centro, che segue i progetti permanenti,
ci sono queste due realtà separate, "Il Coltivatorre" e "Terre",
autonome ma che convivono e collaborano con noi.
Il tema dell'ambiente e dello sviluppo eco-compatibile sembra particolarmente presente nelle attività de "La Torre".
"In effetti
da circa un anno abbiamo aderito ad una campagna di informazione e studio sulle
biotecnologie. L'anno scorso abbiamo ospitato in un incontro pubblico una delegazione
da uno stato indiano che ci ha illustrato gli effetti degli alimenti geneticamente
modificati. Il nostro interesse ecologico è però strettamente
legato ad un discorso più ampio di critica dei processi di globalizzazione
del capitale finanziario e di sfruttamento del pianeta e delle popolazioni.
Riteniamo importante fare un lavoro politico insieme ad altri soggetti. Per
questo ci siamo fortemente impegnati ad esempio nell'organizzazione della manifestazione
di Genova.
Abbiamo degli stretti contatti con la "Scola occupata", un altro centro
sociale di via dei Sabelli, con il quale abbiamo allestito una mostra sulle
biotecnologie, sul tema della non neutralità della scienza."
In generale "La Torre" offre spesso il suo spazio per ospitare iniziative di gruppi e associazioni di qui si condividono gli obiettivi.
"Recentemente le iniziative più interessanti sono state un campo di lavoro del Servizio Civile Internazionale ed una mostra concerto sul tema dell'embargo in Irak; un incontro con una rappresentanza di donne afghane dell'associazione Hawca, impegnate in Afghanistan in un progetto clandestino di alfabetizzazione e in Europa in un tour per cercare fondi e contatti; un campo di lavoro con l'associazione AADA, che si occupa di architettura e ristrutturazione eco-compatibile e che nell'occasione ci ha costruito la serra."
Parliamo ancora del quartiere Nomentano, della sua realtà sociale frammentata. Dei rapporti con gli altri Centri Sociali e con le altre associazioni: più buoni quelli costruiti su iniziative concrete che si costruiscono anche su una condivisione di scelte politiche. Dei rapporti con il PRC romano: esclusivamente con singoli o con circoli; discreti contatti con i Giovani Comunisti su possibili percorsi di movimento. Infine ci ritroviamo a parlare del Gay Pride, a cui noi di Reds teniamo particolarmente
"Il World Gay Pride ha un significato politico molto chiaro. Ci vuole proprio una partecipazione di movimento, non bisogna rispettare nessun divieto. E' un appuntamento fondamentale, vedrai che stavolta Roma la invadiamo davvero, altro che Giubileo"
Qualcuno ha visitato il nostro sito, e ci fa i complimenti. Qualcuno spalanca gli occhi quando gli dico che lo aggiorniamo ogni settimana.
"Anche noi
vogliamo creare un sito, l'indirizzo sarà probabilmente utenti.tripod.it/csalatorre
ma ancora è un po' presto. Comunque abbiamo un indirizzo e-mail: latorre@tiscalinet.it
" (che mi autorizzano a pubblicizzare).
Parliamo ancora un po' di Reds, della nostra composizione, del lavoro sindacale,
del gruppo donne, delle cinque oppressioni, del lavoro di base nell'hinterland
milanese. Ci hanno già spento le luci e dopo un video su alcune manifestazioni,
(tra le quali riconosco quella di via Corelli a Milano) è già
partito il film. Come al solito ci si sente bene dopo aver chiaccherato ed essersi
scambiati esperienze. Allora a presto, ci vediamo tutti l'otto luglio al World
Pride.