Mai sentito parlare di Alice Miller?
Dal bambino maltrattato all'adulto distruttivo. Introduzione all'opera di Alice Miller. REDS. Febbraio 2001.



" Diversamente dall'animale che, di regola, è autonomo poco tempo dopo la nascita, il cucciolo dell'uomo necessita a lungo, molto a lungo, di aiuto. [...] Ogni bambino dipende dagli altri per il soddisfacimento dei propri bisogni perché non può provvedere a se stesso. Può piangere e gridare, è vero, chiedere aiuto, ma poi occorre vedere se coloro che gli stanno attorno danno retta alle sue invocazioni. [...] L'unica possibilità che al neonato rimane di aiutare se stesso quando non si ascolta la sua invocazione consiste nella rimozione del dolore che, a sua volta, comporta una mutilazione del suo animo, poiché la rimozione provoca un turbamento delle facoltà di sentire, percepire, ricordare. Se queste innate facoltà non hanno modo di svilupparsi, arriverà il giorno in cui l'individuo - per esempio - non saprà più cosa significa essere senza protezione, e non sarà nella condizione di poter dare a suo figlio la protezione di cui questi avrà, a sua volta, urgente bisogno. Genitori che non abbiano mai avuto amore, che nel venire al mondo non abbiano trovato altro ad accoglierli che freddezza, insensibilità, indifferenza e cecità, e che siano vissuti in quest'atmosfera nel corso dell'infanzia e della giovinezza non possono donare amore: e come potrebbero, del resto, visto che non sanno che cosa è e che cosa può significare l'amore? Eppure i loro figli sopravviveranno. E a loro volta, esattamente come i loro genitori, non ricorderanno affatto i traumi ai quali sono stati esposti in passato, perché sia questi traumi, sia i relativi bisogni sono stati da loro rimossi, vale a dire completamente banditi dal livello di coscienza. Se un essere umano nasce in un mondo freddo e indifferente, lo considera come l'unico mondo possibile. Tutto quello che in seguito crederà, sosterrà, riterrà giusto, sarà basato su queste prime esperienze formative. Oggi si può anche dimostrare che questo prezzo è non solo troppo alto per il singolo individuo, ma implica anche un gravissimo pericolo per la collettività."

Con queste ed altre parole, semplici e comprensibili, la nostra autrice introduce "L'infanzia rimossa" (titolo originale "Das verbannte Wissen"), uscito in Svizzera e in Germania alla fine degli anni ottanta e tradotto da noi qualche anno più tardi.
Ma di chi stiamo parlando?
Di Alice Miller, una psicologa che vive e lavora a Zurigo. Oggi dovrebbe essere un'energica signora non più tanto giovane. Non la conosciamo ancora di persona ma apprezziamo molto i suoi libri, il suo lavoro, il suo stile asciutto. Condividiamo le sue battaglie contro gli abusi all'infanzia, la pedagogia nera, i limiti e il conservatorismo della psicoanalisi freudiana più ortodossa, per superare la paura e l'incapacità degli adulti di mettersi dalla parte dei bambini e dei più giovani. Le sue tesi ci hanno convinto così tanto da divenire un punto di riferimento per molti di noi che hanno praticato e praticano tuttora lavoro di base con bambini, adolescenti e giovani in quartieri operai alla periferia di Milano. Alice Miller ci ha offerto spunti di riflessione, strumenti di analisi e vario materiale esemplificativo a sostegno di una delle nostre convinzioni: che esiste, insieme ad altre oppressioni, un'oppressione generazionale. Un'oppressione che viene esercitata sui bambini, sugli adolescenti e si esplicita in generale nel dominio degli adulti sui giovani, attraverso una serie di mezzi, comportamenti ed istituzioni. Un'oppressione distinta da quella di classe, ad esempio, o da quella etnica, o da quella esercitata degli uomini sulle donne, ma che ad esse si somma, con conseguenze disastrose.
Su cosa ci fa riflettere dunque, questa studiosa dell'infanzia? Ha scritto molti saggi sulla realtà infantile, sulle conseguenze di una educazione violenta, repressiva o anaffettiva sulla formazione della personalità. Sulle possibilità e i limiti della psicoterapia. Per chi avesse curiosità ed interesse di approfondire e verificare per proprio conto, ricordiamo, tra gli altri: "Il bambino inascoltato: realtà infantile e dogma psicoanalitico", "Il dramma del bambino dotato", "La persecuzione del bambino: le radici della violenza", "La fiducia tradita", "L'infanzia rimossa", "La chiave accantonata".
Una delle tesi di fondo di questi saggi è la seguente. Ogni bambino normalmente dotato, e quindi pronto e sensibile, ha la capacità di captare le aspettative e i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi. Più sono pressanti e inconsapevoli tali richieste degli adulti e più il bambino, per la vitale necessità di sentirsi amato e accettato, tenderà a questo adattamento, mettendo a tacere i suoi sentimenti più spontanei (la rabbia, la gelosia, l'indignazione, l'invidia, la paura) che risultano inaccettabili ai grandi. In questo consiste "il dramma": così facendo, il bambino non riesce a integrare nella sua personalità la parte più vitale del suo vero Sé. Nascono da qui insicurezza affettiva e una sorta di impoverimento psichico, che poi sfociano nella depressione o si celano dietro una facciata di grandiosità, o sono destinati a produrre comportamenti violenti e oppressivi ai danni di altri soggetti più deboli.
Durante i primi anni di vita dunque, il bambino subisce i traumi più forti e dolorosi. Ma, dal momento che l'unica sua risorsa contro il dolore è la rimozione immediata, il piccolo dimentica subito la ferita fisica e psicologica che gli viene inferta da chi dovrebbe invece provvedere ai suoi bisogni. Nessun bambino può infatti sopportare e neanche concepire l'idea di non essere al centro dell'amore disinteressato dei propri genitori.
Ecco l'importanza e l'estrema pericolosità del meccanismo di rimozione, sulle cui conseguenze l'autrice torna molto spesso, ne " Il dramma", ne "L'infanzia rimossa" e in altri saggi. La conservazione di questa rimozione, che è stata necessaria al bambino per garantirgli la sopravvivenza, spiega la Miller, ha nell'adulto conseguenze devastanti. "Un bambino male amato o non desiderato è destinato a divenire un adulto potenzialmente violento, che si rifarà sugli altri per i traumi del disamore patito, o che batterà i figli come fossero metallo da forgiare, fino a trarne ubbidienti robot di cui potersi servire" , rischiando così, di produrre altri futuri oppressori o criminali.
Molti "[...] ritengono che bisogna rassegnarsi perché non conoscono alternative. Non sanno che è senz'altro possibile dissolvere la rimozione dell'infanzia e imparare a sopportare la verità nel corso di un processo graduale [...] Ciò che vale per il singolo, vale anche per l'evoluzione della coscienza collettiva".
Naturalmente la Miller non scopre nulla di veramente nuovo. Si forma alla scuola di Freud e della psicoanalisi moderna. Ma la sua esperienza personale e la sua pratica psicoanalitica di terapista la fanno giungere a posizioni estremamente critiche e radicali, a conclusioni molto lontane da quelle della psicoanalisi tradizionale. Psicoanalisi dalla quale infatti si distacca ufficialmente, alla fine degli anni 80, uscendo dalle società psicoanalitiche elvetica ed internazionale. Perché? Per la convinzione che la teoria e la prassi psicoanalitiche cercano di sminuire o di rendere irriconoscibili le cause e le conseguenze dei maltrattamenti inflitti ai bambini. E per la constatazione che alcuni trattamenti psicoanalitici possono essere addirittura pericolosi perché cementano, invece di dissolvere, il disorientamento risalente agli anni dell'infanzia.
La Miller riconosce certamente a Freud la scoperta fondamentale di aver riconosciuto l'importanza della prima infanzia per tutta la vita successiva, una scoperta che probabilmente vale per ogni società e per ogni periodo storico. Ma arriva a risultati, valutazioni molto diverse, e concentra l'attenzione su alcuni aspetti particolari. Studi recenti hanno ormai dimostrato come il bambino nasca "buono", privo di aggressività negativa. L'aggressività del bambino è esclusivamente positiva, necessaria alla sopravvivenza e ispirata da un istinto di vita. Sono gli eventi successivi alla nascita, che possono segnare lo sviluppo della psiche in senso negativo, fino a patologie e alla formazione delle nevrosi, ad esempio. Ecco che la Miller, nella ricerca delle cause delle nevrosi e di molte devianze, porta al centro dell'analisi le strutture sociali. Mette sotto accusa in primo luogo la famiglia, i genitori. E contesta anche il metodo e l'efficacia di tanta psicoanalisi, per la difficoltà degli psicoanalisti stessi di superare ed elaborare la verità della propria storia infantile. In un passo de "La persecuzione del bambino, realtà infantile e dogma psicoanalitico", leggiamo:

"Poiché la teoria psicoanalitica delle pulsioni rafforza la tendenza del paziente a negare il suo trauma e ad incolpare se stesso, essa è più adatta a tenere occultato, piuttosto che a rivelarlo, l'abuso sessuale e narcisistico subito dal paziente da bambino. Per quale motivo, nella maggior parte dei casi, l'analista non affronta i traumi reali vissuti nell'infanzia? I motivi possono essere di vario tipo: a) l'idealizzazione irrisolta dei suoi stessi genitori, b) le limitazioni impostegli dalle sue stesse teorie che egli appreso, c) la paura di confrontarsi con il proprio trauma. Per alcuni analisti si aggiunga poi d) il fatto che sinora non si sono accorti dei segnali di divieto e non hanno mai dubitato della veracità dei dogmi."

Allora: vi è venuta la curiosità di saperne di più? Torneremo su Reds più diffusamente su questi temi. Abbiamo intanto selezionato alcune pagine e le proponiamo alla vostra riflessione. Magari scriveteci e fateci sapere cosa ne pensate.
Per ora, concludiamo con alcuni dei punti che la Miller sintetizza nell'appendice de "La persecuzione del bambino": quasi un manifesto contro gli abusi all'infanzia e l'oppressione generazionale.

"Ogni bambino viene al mondo per crescere, svilupparsi, vivere, amare ed esprimere i propri bisogni e sentimenti, allo scopo di meglio tutelare la propria persona [...] Perché un bambino maltrattato non divenga un delinquente o un malato mentale, è necessario che egli, perlomeno una volta nella vita, incontri una persona la quale sappia per certo che "deviante" non è il bambino picchiato e smarrito, bensì l'ambiente che lo circonda. La consapevolezza o l'ignoranza della società aiutano, in tal senso, a salvare una vita o contribuiscono a distruggerla. Di qui la grande opportunità che viene offerta a parenti, avvocati, giudici, medici e assistenti sociali di stare, senza mezzi termini, dalla parte del bambino e di dargli la loro fiducia. [...] Gli individui che nell'infanzia non hanno dovuto subire violazioni alla loro integrità, e a cui è stato consentito di sperimentare protezione, rispetto e lealtà da parte dei loro genitori, da giovani e anche in seguito saranno intelligenti, ricettivi, capaci di immedesimarsi negli altri e molto sensibili. Godranno della gioia di vivere e non avranno affatto bisogno di far del male agli altri o a se stessi, né addirittura di uccidere. [...] Non potranno fare a meno di rispettare e proteggere i più deboli, ossia anche i propri figli [...] Dal momento che il compito inconscio della loro vita non starà più nel difendersi dalle minacce subite dall'infanzia, essi saranno in grado di affrontare in maniera più razionale e creativa le minacce presenti nella realtà."