Mai sentito parlare di
Alice Miller?
Dal bambino maltrattato all'adulto distruttivo.
Introduzione all'opera di Alice Miller. REDS. Febbraio 2001.
Con queste ed altre parole, semplici e comprensibili,
la nostra autrice introduce "L'infanzia rimossa" (titolo originale
"Das verbannte Wissen"), uscito in Svizzera e in Germania alla fine
degli anni ottanta e tradotto da noi qualche anno più tardi.
Ma di chi stiamo parlando?
Di Alice Miller, una psicologa che vive e lavora a Zurigo. Oggi dovrebbe essere
un'energica signora non più tanto giovane. Non la conosciamo ancora di
persona ma apprezziamo molto i suoi libri, il suo lavoro, il suo stile asciutto.
Condividiamo le sue battaglie contro gli abusi all'infanzia, la pedagogia nera,
i limiti e il conservatorismo della psicoanalisi freudiana più ortodossa,
per superare la paura e l'incapacità degli adulti di mettersi dalla parte
dei bambini e dei più giovani. Le sue tesi ci hanno convinto così
tanto da divenire un punto di riferimento per molti di noi che hanno praticato
e praticano tuttora lavoro di base con bambini, adolescenti e giovani in quartieri
operai alla periferia di Milano. Alice Miller ci ha offerto spunti di riflessione,
strumenti di analisi e vario materiale esemplificativo a sostegno di una delle
nostre convinzioni: che esiste, insieme ad altre oppressioni, un'oppressione
generazionale. Un'oppressione che viene esercitata sui bambini, sugli adolescenti
e si esplicita in generale nel dominio degli adulti sui giovani, attraverso
una serie di mezzi, comportamenti ed istituzioni. Un'oppressione distinta da
quella di classe, ad esempio, o da quella etnica, o da quella esercitata degli
uomini sulle donne, ma che ad esse si somma, con conseguenze disastrose.
Su cosa ci fa riflettere dunque, questa studiosa dell'infanzia? Ha scritto molti
saggi sulla realtà infantile, sulle conseguenze di una educazione violenta,
repressiva o anaffettiva sulla formazione della personalità. Sulle possibilità
e i limiti della psicoterapia. Per chi avesse curiosità ed interesse
di approfondire e verificare per proprio conto, ricordiamo, tra gli altri: "Il
bambino inascoltato: realtà infantile e dogma psicoanalitico", "Il
dramma del bambino dotato", "La persecuzione del bambino: le radici
della violenza", "La fiducia tradita", "L'infanzia rimossa",
"La chiave accantonata".
Una delle tesi di fondo di questi saggi è la seguente. Ogni bambino normalmente
dotato, e quindi pronto e sensibile, ha la capacità di captare le aspettative
e i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi. Più sono pressanti
e inconsapevoli tali richieste degli adulti e più il bambino, per la
vitale necessità di sentirsi amato e accettato, tenderà a questo
adattamento, mettendo a tacere i suoi sentimenti più spontanei (la rabbia,
la gelosia, l'indignazione, l'invidia, la paura) che risultano inaccettabili
ai grandi. In questo consiste "il dramma": così facendo, il
bambino non riesce a integrare nella sua personalità la parte più
vitale del suo vero Sé. Nascono da qui insicurezza affettiva e una sorta
di impoverimento psichico, che poi sfociano nella depressione o si celano dietro
una facciata di grandiosità, o sono destinati a produrre comportamenti
violenti e oppressivi ai danni di altri soggetti più deboli.
Durante i primi anni di vita dunque, il bambino subisce i traumi più
forti e dolorosi. Ma, dal momento che l'unica sua risorsa contro il dolore è
la rimozione immediata, il piccolo dimentica subito la ferita fisica e psicologica
che gli viene inferta da chi dovrebbe invece provvedere ai suoi bisogni. Nessun
bambino può infatti sopportare e neanche concepire l'idea di non essere
al centro dell'amore disinteressato dei propri genitori.
Ecco l'importanza e l'estrema pericolosità del meccanismo di rimozione,
sulle cui conseguenze l'autrice torna molto spesso, ne " Il dramma",
ne "L'infanzia rimossa" e in altri saggi. La conservazione di questa
rimozione, che è stata necessaria al bambino per garantirgli la sopravvivenza,
spiega la Miller, ha nell'adulto conseguenze devastanti. "Un bambino male
amato o non desiderato è destinato a divenire un adulto potenzialmente
violento, che si rifarà sugli altri per i traumi del disamore patito,
o che batterà i figli come fossero metallo da forgiare, fino a trarne
ubbidienti robot di cui potersi servire" , rischiando così, di produrre
altri futuri oppressori o criminali.
Molti "[...] ritengono che bisogna rassegnarsi perché non conoscono
alternative. Non sanno che è senz'altro possibile dissolvere la rimozione
dell'infanzia e imparare a sopportare la verità nel corso di un processo
graduale [...] Ciò che vale per il singolo, vale anche per l'evoluzione
della coscienza collettiva".
Naturalmente la Miller non scopre nulla di veramente nuovo. Si forma alla scuola
di Freud e della psicoanalisi moderna. Ma la sua esperienza personale e la sua
pratica psicoanalitica di terapista la fanno giungere a posizioni estremamente
critiche e radicali, a conclusioni molto lontane da quelle della psicoanalisi
tradizionale. Psicoanalisi dalla quale infatti si distacca ufficialmente, alla
fine degli anni 80, uscendo dalle società psicoanalitiche elvetica ed
internazionale. Perché? Per la convinzione che la teoria e la prassi
psicoanalitiche cercano di sminuire o di rendere irriconoscibili le cause e
le conseguenze dei maltrattamenti inflitti ai bambini. E per la constatazione
che alcuni trattamenti psicoanalitici possono essere addirittura pericolosi
perché cementano, invece di dissolvere, il disorientamento risalente
agli anni dell'infanzia.
La Miller riconosce certamente a Freud la scoperta fondamentale di aver riconosciuto
l'importanza della prima infanzia per tutta la vita successiva, una scoperta
che probabilmente vale per ogni società e per ogni periodo storico. Ma
arriva a risultati, valutazioni molto diverse, e concentra l'attenzione su alcuni
aspetti particolari. Studi recenti hanno ormai dimostrato come il bambino nasca
"buono", privo di aggressività negativa. L'aggressività
del bambino è esclusivamente positiva, necessaria alla sopravvivenza
e ispirata da un istinto di vita. Sono gli eventi successivi alla nascita, che
possono segnare lo sviluppo della psiche in senso negativo, fino a patologie
e alla formazione delle nevrosi, ad esempio. Ecco che la Miller, nella ricerca
delle cause delle nevrosi e di molte devianze, porta al centro dell'analisi
le strutture sociali. Mette sotto accusa in primo luogo la famiglia, i genitori.
E contesta anche il metodo e l'efficacia di tanta psicoanalisi, per la difficoltà
degli psicoanalisti stessi di superare ed elaborare la verità della propria
storia infantile. In un passo de "La persecuzione del bambino, realtà
infantile e dogma psicoanalitico", leggiamo:
"Poiché la teoria psicoanalitica delle pulsioni rafforza la tendenza del paziente a negare il suo trauma e ad incolpare se stesso, essa è più adatta a tenere occultato, piuttosto che a rivelarlo, l'abuso sessuale e narcisistico subito dal paziente da bambino. Per quale motivo, nella maggior parte dei casi, l'analista non affronta i traumi reali vissuti nell'infanzia? I motivi possono essere di vario tipo: a) l'idealizzazione irrisolta dei suoi stessi genitori, b) le limitazioni impostegli dalle sue stesse teorie che egli appreso, c) la paura di confrontarsi con il proprio trauma. Per alcuni analisti si aggiunga poi d) il fatto che sinora non si sono accorti dei segnali di divieto e non hanno mai dubitato della veracità dei dogmi."
Allora: vi è venuta la curiosità
di saperne di più? Torneremo su Reds più diffusamente su questi
temi. Abbiamo intanto selezionato alcune pagine e le proponiamo alla vostra
riflessione. Magari scriveteci e fateci sapere cosa ne pensate.
Per ora, concludiamo con alcuni dei punti che la Miller sintetizza nell'appendice
de "La persecuzione del bambino": quasi un manifesto contro gli abusi
all'infanzia e l'oppressione generazionale.
"Ogni bambino viene al mondo per crescere, svilupparsi, vivere, amare ed esprimere i propri bisogni e sentimenti, allo scopo di meglio tutelare la propria persona [...] Perché un bambino maltrattato non divenga un delinquente o un malato mentale, è necessario che egli, perlomeno una volta nella vita, incontri una persona la quale sappia per certo che "deviante" non è il bambino picchiato e smarrito, bensì l'ambiente che lo circonda. La consapevolezza o l'ignoranza della società aiutano, in tal senso, a salvare una vita o contribuiscono a distruggerla. Di qui la grande opportunità che viene offerta a parenti, avvocati, giudici, medici e assistenti sociali di stare, senza mezzi termini, dalla parte del bambino e di dargli la loro fiducia. [...] Gli individui che nell'infanzia non hanno dovuto subire violazioni alla loro integrità, e a cui è stato consentito di sperimentare protezione, rispetto e lealtà da parte dei loro genitori, da giovani e anche in seguito saranno intelligenti, ricettivi, capaci di immedesimarsi negli altri e molto sensibili. Godranno della gioia di vivere e non avranno affatto bisogno di far del male agli altri o a se stessi, né addirittura di uccidere. [...] Non potranno fare a meno di rispettare e proteggere i più deboli, ossia anche i propri figli [...] Dal momento che il compito inconscio della loro vita non starà più nel difendersi dalle minacce subite dall'infanzia, essi saranno in grado di affrontare in maniera più razionale e creativa le minacce presenti nella realtà."