Cosa
c'è sotto il bollino.
Fatti
e misfatti delle multinazionali delle banane. Da varie fonti. Gennaio 2000.
La produzione
della banana, frutto tropicale, tra i più diffusi e conosciuti ammonta
a più di 400 milioni di tonnellate (dati 1996). Chiquita, Dole e del
Monte sono le tre più grosse multinazionali della banana e da sole
controllano il 75% delle banane commercializzate nel mondo. Proprietari di
vaste piantagioni in tutto il Centroamerica, annoverano tra i loro possedimenti
anche centrali elettriche, ferrovie e flotte navali. Sono naturalmente potentissime
presso il governo americano e le principali istituzioni economiche internazionali. Si calcola
anche (dati 1998) che cinque aziende controllano almeno l'86% delle vendite
nell'importante mercato europeo delle banane. Le stesse cinque imprese controllano
oltre il 90% dell'intero mercato, che soltanto negli Stati Stati Uniti vale
più di 10 miliardi di dollari. I bilanci di Chiquita hanno però
registrato perdite nella corso degli anni '90, mentre Del Monte e Fyffes in
particolare sono andate piuttosto bene sul mercato europeo in rapido cambiamento.
Qui Chiquita ha perso da almeno cinque anni il primato a beneficio di Dole. Tra Europa
e Stati Uniti è da anni in corso la guerra delle banane. Lo scontro
è iniziato tempo fa con l'annuncio di Washington di imporre una tariffa
supplementare del 100% su tutta una gamma di prodotti europei. All'Europa
la decisione costava circa 500 milioni di dollari. Secondo gli Stati Uniti,
questa cifra è equivalente alla perdita patita dagli esportatori di
banane statunitensi, dovuta alla politica europea di importazione delle banane
che favorisce le ex colonie. CONDIZIONI
DI LAVORO BESTIALI La dura
vita del bananero Dunque un'orario
di lavoro di 12 ore al dì per 6 giorni/settimana e un bassissimo compenso
(secondo alcune fonti esso non va oltre le 400.000 lire al mese mentre le
multinazionali guadagnerebbero attorno ai 40 milioni annui per il lavoro di
ogni bracciante. Per avere un'idea: su lire 1.500 che paghiamo al nostro commerciante,
solo lire 60 sarebbero il costo del lavoratore). A 45 anni l'uomo è
finito. Certamente non lo attende un futuro da "sereno pensionato"
e neppure tanti altri anni di vita (in Honduras, secondo World Development
Report 1999/2000, l'età media dell'uomo è di 61 anni in Guatemala,
72 a Panama e 74 in Costa Rica). Le flessibilità
che vogliono le multinazionali Altri
esempi: Nell'ottobre
'99 Chiquita accettò, per la prima volta, di incontrarsi con il Coordinamento
latinoamericano dei lavoratori bananieri (COLSIBA). Sfortunatamente, due settimane
prima dell'incontro l'uragano Mitch colpì la regione provocando ingenti
danni anche alle piantagioni. L'incontro, tuttavia, si tenne ugualmente il
12 novembre in Guatemala. Chiquita fece alcune vaghe promesse sugli aiuti
d'emergenza e sui tempi di riapertura delle piantagioni, ma senza entrare
nei dettagli. DOLE FYFFES I DANNI
ALL'AMBIENTE Le fasce
di coltivazione sono ampie e riguardano in particolare i territori dell'America
Centrale (Guatemala, Honduras, Panama, Costa Rica). Quella del banano, è
una coltivazione invadente, per cui l'area di sfruttamento si allarga costantemente,
con grave danno per la foresta e per le coltivazioni di sussistenza (mais,
arachidi, patate dolci). Si tratta di una pianta molto delicata e soggetta
a diverse malattie per cui va costantemente irrorata con antiparassitari generalmente
spruzzati dagli elicotteri, che "piovono" non solo sui vegetali
ma anche sui lavoratori della piantagione, con gravi conseguenze per la loro
salute. E non basta: gli antiparassitari, altamente tossici, necessari per
produrre un frutto bello, liscio, senza macchia come la pubblicità
"impone" al consumatore europeo o USA (il 54% della sua esportazione
va agli USA e il 34% in Europa), finiscono nella terra e nei fiumi, uccidono
la vita in prossimità delle foci e confluiscono poi nel mare. Si è
calcolato che il 35% dei costi del frutto riguarda gli antiparassitari. Tra
i lavoratori si riscontrano intossicazioni, malattie polmonari, ustioni, sterilità.
Le donne poi, che passano ore intere con le mani immerse nell'acqua in cui
vengono lavati i frutti per togliere gli antiparassitari, soffrono di malattie
alla pelle. Nel caso in cui sono incinte, le sostanze tossiche arrivano anche
al feto, con tutte le conseguenze immaginabili. Va segnalato
inoltre che vermifughi, funghicidi ed erbicidi, molti dei quali prodotti da
altre grosse multinazionali, come Dow e Novartis, e vietati nei paesi industrializzati,
vengono tranquillamente usati nei paesi poveri, grazie a leggi più
permissive. Queste sostanze, trasportate dal vento, si depositano ovunque
su vegetazione, villaggi e fiumi, seminando morte al loro passaggio. Ne sanno
qualcosa gli stessi pescatori del Centroamerica, che incontrano difficoltà
sempre maggiori a guadagnarsi da vivere con la pesca. Alcune sostanze, poi,
impoveriscono il terreno e spingono l'azienda, dopo alcuni anni, a vendere
l'appezzamento spostando la piantagione su terre più ricche. Il campo
abbandonato, tuttavia, difficilmente può essere nuovamente coltivato
a causa della contaminazione del suolo. Le Compagnie
Multinazionali Chiquita
Brands International Dole Food
Company Fresh
Del Monte Produce Fyffes Naturalmente
le storie delle multinazionali delle banane, che qui abbiamo cercato di sintetizzare
nelle linee essenziali sono più articolate, ma già da queste
brevi note si intravedono gli intrecci economici e finanziari delle multinazionali,
divise nella conquista dei mercati ed unite soprattutto nel barbaro trattamento
degli operai agricoli delle piantagioni, e nel combattere con tutti i mezzi,
nessuno escluso la nascita e la crescita di organizzazioni sindacali. I Sindacati Lo IUF Associati
allo IUF in Centramerica e nell'America Latina esistono i seguenti sindacati
nazionali : - SINTRAINAGRO
(Colombia) : organizzazione dei lavoratori delle banane colombiani riconosciuto
dall'organizzazione padronale Aguara (Chiquita , Del Monte e altre organizzazioni
locali) nel 1989 dopo uno sciopero durato ben 33 giorni da parte di 20.000
lavoratori. Per dare un segno del livello dello scontro basta dire che sempre
dal 1989 più di 400 iscritti e 20 dirigenti sindacali sono stati assassinati.
Recentemente il 13 dicembre 1999 è stato ucciso a colpi di mitra Cesar
Herrera Torreglosa, all'interno dell'ufficio regionale dello IUF di Cienaga
nella provincia di Magdalena. dopo la morte del dirigente del Sintrainagro
i lavoratori sono entrati in sciopero per protesta. - SITRABI
-Sindicato de Trabajadores del Banano- (Guatemala) : il sindacato dei lavorato
del settore della banana è il più vecchio in Guatemala e il
più grande nel settore privato. Attualmente sta contrastando licenziamenti
illegali di 900 lavoratori di tre piantagioni e tentativi di vera e propria
distruzione del sindacato. Il 14 dicembre 1999 ha subito un attacco da parte
di duecento uomini armati, che hanno cacciato i sindacalisti e lavoratori
in agitazione con minacce di morte. Il fatto è successo nelle piantagioni
di Bandegua (controllata di Fresh Del Monte Produce). - COSIBA
-Coordinadora de Sindacatos Bananeros - (Costa Rica) - Negli ultimi tre anni
Cosiba ha denunciato più di 150 casi giudiziari e 60 casi amministrativi
dove i diritti umani sono stati violati. Solo alla piantagione Isla Grande
di Bananera (controllata di Chiquita) sono stati licenziati 90 lavoratori.
Le condizioni della piantagione sono peggiori che nelle altre : minore salario,
trattamenti antiparassitari fatti con i lavoratori al lavoro, rifiuto di costruire
abitazioni nei pressi della piantagione . Molti sindacati
associati allo IUF, stanno anche aumentando l'aiuto ai piccoli produttori
di banane e alle cooperative, che nascono dopo i licenziamenti delle grandi
compagnie. Queste realtà spesso producono le banane in modo organico,
senza lo spropositato uso dei pesticidi, ma per il momento non rappresentano
un alternativa reale per il consumatore del nord, stante la sproporzione con
le multinazionali, la difficoltà di trasporto e commercializzazione
in un mercato in regime di monopolio. Rimanendo in America centrale, In Costa
Rica il succitato Sitrap collabora con più di una di queste realtà
come per esempio SPPAL (Sindicato Pequeños Productures Agricolas, SIUNPPG
(Sindicato Unitario de Pequeños Productores de Pococì y Guacimo)
nella provincia di Limon. COSIBAH -
Coordinadora de Sindicatos Bananeros De Honduras- di cui fa parte il SITRATERCO
ha relazioni di supporto reciproco con tre organizzazioni contadine: UCT (union
de Trabajadores Campesinos, CODINCA (Consejo para ed Desarrollo Integral de
la Mujer Campesina) e CNTC (Central Nacional de Trabajadores del campo). In
pratica oltre al settore dell'educazione anche azioni politiche come dimostrazioni
e occupazioni delle terre ACT (Nicaragua)
Questo sindacato contadino, affiliato allo IUF, rappresenta sia I lavoratori
agricoli che i contadini poveri ed è molto attivo nella promozione
di cooperative rurali. Con i lavoratori delle piantagioni che non avevano
più il lavoro e i disoccupati ha organizzato numerose cooperative,
nel paese. Le campagne
contro le multinazionali per i diritti dei lavoratori Nel settore
bananiero sono state fatte, e sono attualmente in corso, numerose campagne,
come forma di pressione verso le multinazionale. Esse sono organizzate dai
vari sindacati che invitano a mandare ai responsabili delle multinazionali,
alle autorità politiche e giudiziarie, lettere e mail di protesta per
gravi fatti specifici avvenuti. Ad esempio l'uccisione di un dirigente sindacale
oppure per situazioni di non rispetto dei diritti dei lavoratori, rientra
in questo caso la campagna "100 anni sono abbastanza" organizzata
dallo IUF contro Chiquita Brands. Oppure sono
associazioni e organizzazioni non governative di vari paesi che organizzano
le stesse identiche forme di protesta: Unimondo, CNMS, Mani Tese, ecc., come
ad esempio la campagna di sostegno dei diritti dei lavoratori delle piantagione
di banane "Il bastone e la banana". Questa campagna fa parte di
una iniziativa internazionale condotta contemporaneamente in Europa e negli
Stati Uniti per forzare Chiquita a firmare un accordo sui diritti sindacali
in Centroamerica. La campagna è stata organizzata su richiesta del
COLSIBA (Coordinamento dei sindacati bananieri dell'America Latina) e consiste
nell'inviare una cartolina con un testo personalizzato su questa vicenda. EUROBAN (European
Banana Action Network) invece ha organizzato nel maggio 1998 in Belgio il
più importante convegno internazionale sui problemi del settore bananiero,
con la partecipazione dei sindacati delle industrie, dei ricercatori e dei
media. Più dei discorsi sulla guerra della banane tra USA ed Europa
nel WTO, e sulla produzione sostenibile delle banane, sono risultati interessanti
I dibattiti sui diritti dei lavoratori delle piantagioni e l'accesso dei piccoli
produttori al mercato internazionale. Qualche
riflessione Un sano,
ragionevole e soprattutto mirato boicottaggio delle aziende eticamente colpevoli
di sfruttamento può portare ad incredibili vittorie. Vari casi ci confermano
che le multinazionali non sono quei mostri imbattibili che immaginiamo.
Le multinazionali della banana coprono l'intera catena: dalla produzione e
il trasporto alle attrezzature per la maturazione e la distribuzione. La loro
posizione si basa sulle loro dimensioni e sul controllo di infrastrutture,
navi e governi, ma anche sullo sfruttamento del lavoro e delle risorse ambientali.
L'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio), al termine di una lunga diatriba
fatta di denunce e ricorsi, ha sostanzialmente accolto la posizione americana,
intimando all'Unione Europea di eliminare le tariffe esistenti sulle banane
di produzione statunitense, introdotte per favorire le più modeste
realtà contadine dei paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico) secondo
quanto previsto dagli accordi di Lomè.
La lista di violazioni che vengono quotidianamente perpetrate ai danni dei
lavoratori e dell'ambiente da parte delle multinazionali della banana, è
tanto lunga quanto poco conosciuta, pressoché ignorata dai mass media.
La forza economica nel commercio della banana è nelle mani di alcuni
grandi mercati che storicamente non hanno dovuto mai preoccuparsi degli effetti
socio-economici e ambientali sulla popolazione e sui Paesi dove sono prodotte
le banane. Gli operai delle piantagioni medie e grandi e i piccoli coltivatori
che riforniscono il mercato mondiale sono esclusi dai benefici di questo lucroso
mercato. L'aumento della concorrenza ha spinto i produttori a cercare di conservare
alti margini di redditività; ma al prezzo di pesanti ripercussioni
sul lavoro e sull'ambiente.
Sono le tre del mattino, quando Josè si alza per prendere l' autobus
ed arrivare prima delle cinque alla piantagione. Ormai, dopo tanti anni, sembra
aver accettato la propria sorte, anche se la nausea provocata dall'antiparassitario
lo riporta bruscamente alla realtà.
Una realtà drammatica per Josè, che rimase sterile proprio a
causa di una di queste sostanze, che i padroni della piantagione hanno l'abitudine
di spargere con l'aereo mentre i braccianti sono ancora nel campo. Lo aspetterà
una giornata lavorativa di tredici ore, sotto il solito caldo umido (fino
a 38°) tipico delle zone tropicali, per sei giorni su sette, a volte anche
la domenica. Questo ritmo è necessario per avere un salario "decente",
mentre la maggioranza dei lavoratori copre con fatica i bisogni essenziali
della propria famiglia.
Se si ammala non verrà assistito e non gli spettano nemmeno i diritti
di base che la legge riconosce a tutti i lavoratori, poiché Josè
lavora lì da circa un mese e tali diritti spettano solo a chi resta
più di tre mesi, periodo necessario per avere un contratto a tempo
indeterminato.
Come lui, infatti, molti sono stati licenziati prima della scadenza del periodo
di prova in tutte le altre piantagioni dove hanno lavorato, perché
così vuole una prassi, ormai generalizzata, di riduzione dei costi
e limitazione del potere sindacale. Ogni bracciante sa bene che non può
parlare di diritti o di sindacato, perché rischierebbe il licenziamento
e verrebbe inserito nelle famose "liste nere", a disposizione delle
varie aziende del settore, che le consultano per evitare di assumere attivisti
sindacali.
"Se i lavoratori non recuperano la libertà sindacale non rialzeranno
più la testa. Qui non si rispetta la legge" - dice Josè
. "Dobbiamo cominciare ad organizzarci. Solo così cominceremo
a rivedere la luce del sole".
E i bambini? Anche loro lavorano nelle piantagioni, sotto un sole tropicale
e un'umidità che a volte raggiunge l'80%. Soffrono quindi di malattie
respiratorie, intestinali, della pelle, e talvolta, anche a causa della malnutrizione,
ne deriva un ritardo mentale. Ovvio che di scolarizzazione non se ne parla.
La sofferenza delle popolazioni indigene e dei contadini è grande.
Le terre indigene vengono facilmente invase dalle piantagioni, spesso con
la complicità dei governi, incuranti di eventuali diritti acquisiti
sui territori, che rappresentano oggi l'unica debole garanzia a tutela della
sopravvivenza di questi popoli e delle loro antichissime tradizioni. La stessa
sorte è riservata ai piccoli contadini, che subiscono enormi pressioni,
con strumenti non sempre legali, per vendere le loro terre migliori alle ditte
bananiere. Violazione dei più elementari diritti dei lavoratori
La storia di Josè fornisce un quadro già abbastanza eloquente,
benché parziale. Salari bassi, ritmi e condizioni di lavoro insostenibili,
mancanza di garanzie sanitarie e previdenziali, violenze ed angherie che tendono
ad annientare progressivamente la personalità, lavoro infantile, repressione
sindacale (nel 1994 il sindacato del Costa Rica ha denunciato la presenza
di squadre armate all'interno di piantagioni di proprietà Chiquita
e Del Monte), condizioni peggiori per donne e immigrati, avvelenamento dei
lavoratori con i pesticidi, che vengono sparsi con l' aereo in presenza dei
braccianti o utilizzati dagli stessi senza le adeguate protezioni (circa 11.000
persone in tutto il Centroamerica sono rimaste sterili a causa di queste sostanze):
tutto ciò caratterizza abitualmente la vita nelle piantagioni. Una
delle cause dello sfruttamento è riconducibile all'uso del subappalto,
attraverso il quale l'impresa bananiera affida alcune parti della produzione
ad altre ditte, pagate dalla multinazionale sulla base di tariffe molto basse,
che si ripercuotono poi sui lavoratori in termini si salari ridotti e trattamenti
peggiori.
CHIQUITA
Nel settembre 1998 alcune organizzazioni sindacali, in accordo con associazioni
attive in Europa e U.S.A. lanciarono una campagna internazionale finalizzata
al miglioramento delle condizioni di lavoro dei 20.000 braccianti impiegati
nelle piantagioni di proprietà Chiquita, nonché di quelli assunti
in aziende controllate. L'iniziativa è partita dal sindacato, in seguito
alle denunce comparse sulla rivista "Cincinnati Enquirer" (i cui
giornalisti, autori del reportage, sono stati poi licenziati) e a quanto emerso
dalla conferenza internazionale sul settore bananiero, tenutasi a Bruxelles
nel mese di maggio del 1999.
Sono attualmente diverse migliaia (4.000 in Honduras) i lavoratori disoccupati
e senza una prospettiva, costretti a vivere dei pochi risparmi accantonati.
In Honduras Chiquita concede loro dei prestiti, che verranno tuttavia decurtati
dai loro salari se e quando il lavoro comincerà. Sta inoltre utilizzando
lavoratori non sindacalizzati per ripulire le piantagioni, contrariamente
a quanto promesso.
Ma il fatto più rilevante è che l'azienda sta portando avanti
un'evidente strategia di riduzione dei diritti acquisiti dai lavoratori in
precedenti accordi, il cui rinnovo è stato posticipato, nonché
l'introduzione di modifiche nell'organizzazione del lavoro che consentano
di riaprire le piantagioni con meno personale. A ciò si aggiunge il
fatto che la politica antisindacale dell'azienda continua indisturbata: è
del maggio '99 il licenziamento di 16 attivisti sindacali in Costa Rica.
Anche Dole Filippine che sta diventando sempre più aggressiva, anche
nei confronti delle cooperative che producono banane per lei. Da tempo, oramai,
alcune cooperative, formatesi a seguito della riforma agraria, tentano di
smettere di produrre le banane per Dole perché considerano troppo basso
il prezzo che la multinazionale è disposta a pagare. Poiché
c'erano stati diversi tentativi di aggressione nei confronti delle cooperative
che hanno organizzato la resistenza, in alcune piantagioni sono state costruite
delle barricate. Ma la violenza è nel Dna delle compagnie babaniere:
addirittura nel dicembre '97 le guardie armate di Dole, briganti, poliziotti
e soldati dell'esercito hanno preso d'assalto la cooperativa DARBMUPCO. Alcuni
contadini sono stati feriti, le loro capanne distrutte e la loro roba incendiata.
Per giunta i responsabili della cooperativa sono stati accusati di incendio
doloso mentre l'hanno subìto. Dole mantiene tutt'oggi una linea dura.
Il prezzo che offre continua ad essere al di sotto del costo di produzione
e non vuole che le cooperative siano rappresentate nelle trattative da esperti
che possono provare la fondatezza delle loro richieste. Il sindacato filippino
NFL e le altre associazioni a difesa della riforma agraria continuano a chiedere
la solidarietà internazionale.
La multinazionale irlandese Fyffes controlla gran parte dell'industria bananiera
del Belize esportando più di 40 milioni di tonnellate di banane l'anno.
In Belize la Fyffes si è scontrata duramente con il sindacato United
Banners Banana Workers Union (UBBWU), sindacato indipendente fondato nel maggio
del 1995. Il sindacato non ha fondi e sopravvive grazie ai contributi occasionali
delle organizzazioni non governative internazionali.
Per contrastare la sua diffusione Fyffer sostiene "Solidarismo"
che a differenza del nome portato è un sindacato giallo filopadronale.
La multinazionale contrasta anche le elezioni dirette degli organismi sindacali
da parte dei lavoratori.
Ha anche fatto presentare, da suoi dirigenti, denunce contro presunte violenze
ed intimidazioni, tanto false da far schierare contro di lei anche la chiesa
locale
Se per noi la banana è un "dessert", con il riso, il mais
e il grano è l'alimento più importante del mondo. Ci sono intere
popolazioni che si nutrono quasi esclusivamente di banane e la storia della
sua coltivazione e sfruttamento è anche la storia, come nel caso dell'Honduras,
del paese stesso e delle sue sofferenze. Nella produzione e nell'esportazione
di questo bene solo una minima parte dei ricavi va al piccolo produttore,
per non parlare del lavoratore che è soggetto a contratti stagionali,
talvolta tramite mediatori. Il fenomeno del lavoro stagionale provoca una
migrazione costante, da piantagione in piantagione, con il conseguente danno
alla struttura familiare e la creazione di una povertà senza via d'uscita.
C'è bisogno di aggiungere altro?
Vediamo più da vicino le multinazionali, o transnazionali che dir si
voglia, delle banane:
La multinazionale americana, di Cincinnati nell'Ohio, guidata da Carl Lindner
ha avuto un giro di affari di 2,434 milioni di dollari (dati 1997). È
conosciuta (soprattutto in America Centrale e in Colombia, già dal
secolo scorso, come United Fruit Company, la compagnia che decideva i governi
degli stati centroamericani dove aveva i propri interessi: le famose "repubbliche
delle banane".
Ha circa 35.000 dipendenti dei quali circa 30.000 nell'America Centrale e
del Sud.
La compagnia commercializza sia frutta che ortaggi, ma le banane rappresentano
il 64% delle sue vendite. Chiquita è controllata dalla finanziaria
American Financial Corporation (AFG-USA). Questa è la holding dell'impero
di Lindner, basato sulle assicurazioni.
Come abbiamo già detto le vendite di Chiquita Brands diminuiscono,
a causa della concorrenza, dal 1991. Solo nel 1995 crescono leggermente creando
profitti, ma nel 1996 a causa di una perdita di 70 milioni di $, per delle
fattorie danneggiate in America Latina, ritorna in perdita. La guerra delle
banane tra l'imperialismo Usa e quello Europeo, relativo alla quota delle
banane dollarizzate (di provenienza centroamericana) di importazione in Europa
contro il mantenimento della quota proveniente dalle ex colonie africane francesi
e dai Caraibi, ha provocato a Chiquita, una perdita di quote di mercato. Ad
esempio in Germania è passata dal 40% del 1993 a circa il 15% attuale.
Naturalmente Chiquita ha effettuato sia acquisti che dismissioni negli ultimi
anni, da segnalare l'acquisto dell'83% di Blueberries Farms in Australia (1997),
della American Fine Food, della Stokely e della Owatanna tutte compagnie Usa
di vegetali in scatola (1998) e una joint venture con la compagnia tedesca
Direct Fruit (1998). Nel 1995 ha venduta la sua partecipazione nell'azienda
spagnola Pascual Hermanos, successivamente acquistata da Dole. Fyffes, la
multinazionale irlandese sua concorrente, fu venduta da Chiquita nel 1986,
non considerandola strategica.
Anche Dole, la compagnia californiana guidata da Murdock è "storica"
. Altri non è che la Standard Fruit concorrente della United Fruit
in America Centrale. Commercializza frutta fresca, vegetali freschi e inscatolati
nonché succhi. Dole ha circa 47.000 dipendenti nel mondo.
Dole fu fondata nel 1851 alle Hawai, mentre Standard Fruit Company di proprietà
della famiglia D'Antoni fu acquistata da Dole alla meta degli anni sessanta.
Nel bilancio 1997 risultano vendite per 4,336 milioni di dollari con un utile
di 160 milioni. A conferma dell'espansione e dello scambio tra le maggiori
compagnie delle banane la Dole nel 1995 ha acquisito le attività Neozelandesi
di Chiquita e la maggioranza dell'azienda spagnola Pascual Hermanos. Negli
anni successivi ha acquisito la più grossa azienda tedesca che commercializza
banane: Paul Kempowski, e realizzato joint venture con il norvegese Bama Group.
In Africa realizzato joint venture con la sudafricana Langebert Food ed acquistato,
nel 1997, Scb piantagioni. in Costa D'avorio.
Rispetto a Chiquita ha incrementato le sue vendite, incrementando le sue quote
di mercato in Nord America e in Europa. In Italia possiede un moderno terminale
per la frutta a Livorno
Altra compagnia americana, con base in Florida, e guidata da Mohammad Abu-Ghazaleh
originario degli Emirati Arabi Uniti, la Fresh Del Monte (da non confondere
con la Del Monte Kenya controllata dalla Cirio di Cragnotti) commercializza
frutta fresca ed in special modo banane 61% ed ananas 36% del fatturato. ha
14,600 dipendenti nel mondo. Dal 1995 in avanti ha avuto molte vicissitudini
azionarie, divisa in tre settori merceologici: la frutta inscatolata fu venduta
ad Investment Funds, l'international fu venduta alla sudafricana Royal Food
e il settore frutta fresca fu venduto a Polly Peck.
Da quest'ultima nasce Del Monte Fresh Produce venduta al gruppo messicano
Geam di Cabal e successivamente al gruppo IAT della famiglia Abu-Ghazaleh.
Questo gruppo possiede anche in Cile, uno dei maggiori esportatori di frutta
fresca Utc. Le sue acquisizioni e joint venture sono avvenute in Brasile,
Messico, Cile e in Indonesia. Il suo fatturato è cresciuto nel 1999
a 4,200 milioni di dollari
Fyffes è la principale compagnia bananiera europea. Fondata nel 1882
da Edward Wathen Fyffe e successivamente si è sviluppata per più
di cento anni passando nelle mani di diverse famiglie e società. Chiquita
Brands la vende, come abbiamo già detto, a Neil McCann che divenne
l'agente principale di Fyffes a Dublino. Successivamente si aggiunse David
Herrero un manager di Chicago. Nel 1995 avviene l'acquisto di Geest Bananas
successivamente venduta alla ecuadoreña Noboa e la joint venture con
Wibdeco.
Fyffes ha piantagioni in America Centrale, soprattutto in Belize ed anche
in Guatemala. Negli anni novanta vi furono scontri per i mercati con Dole
e Chiquita, soprattutto in Honduras.
Ultimamente, con l'acquisizione della cilena Nafsa è entrata nel settore
della vendita di ortaggi ed altra frutta fresca.
Per conquistare e difendere i diritti, i lavoratori del settore bananiero,
devono essere organizzati, per poter far riuscire le loro azioni di lotta.
Per questo assume una importanza particolare la presenza dei sindacati. In
generale queste strutture rispettano l'organizzazione a vari livelli presente
da noi, da quello internazionale sia generale che di categoria al livello
statale, giù fino ai rappresentanti dei lavoratori delle varie multinazionali
e delle singole piantagioni. Un importanza particolare assumono I coordinamenti
dei sindacati dei lavoratori delle banane. Vediamone qui di seguito alcuni
esempi.
Uno dei più importanti del settore è l'International Union of
Food (IUF) una delle 14 organizzazioni segretariali internazionali. Fondato
nel 1920, ha esteso la sua presenza, aggregando nei vari anni le federazioni
internazionali del settore della produzione e del commercio alimentare. La
sede del segretariato internazionale è attualmente in Svizzera a Ginevra.
Con questa struttura e gli uffici presenti nelle varie regioni svolge una
funzione di coordinamento e di assistenza ai sindacati membri durante le lotte
con il padronato multinazionale. Svolge anche una azione di difesa dei diritti
dei lavoratori facendo pressione sui governi ed organizzando campagne per
i diritti democratici e sindacali.
Altri compiti sono il monitoraggio delle compagnie del settore, la promozione
dell'eguaglianza, della salute dell'occupazione nel mondo del lavoro, organizzando
meeting internazionali. Come strutture decisionale ha un comitato esecutivo
di 50 membri provenienti da tutto il mondo, che si riunisce annualmente e
delle strutture regionali. Non manca un segretario generale (Ron Oswald) ed
un presidente.
Di questo genere le "Action alert" di Campaign for Labor Right o
le iniziative di Banana Link e dell'inglese "Take action now"
Altri casi ci dimostrano che, se i consumatori dl Nord ed i lavoratori del
Sud si alleano fra loro, possono ottenere risultati importanti; nel dicembre
dell'anno scorso questa dimostrazione ce l'ha offerta Del Monte. Ora ce la
offre Ciquita. Da mesi, COLSIBA, chiedeva un incontro con Ciquita per discutere
le gravi condizioni di lavoro esistenti nelle piantagioni che lavorano per
lei. Ma Ciquita ha ignorato ogni richiesta. La lista delle violazioni da parte
di Ciquita (e delle sue controllate che a volte finge di non riconoscere)
è molto lunga. come abbiamo visto.
Del resto, si sa, l'appalto è il metodo adottato apposta dalle multinazionali
per declinare le loro responsabilità rispetto alle condizioni dei lavoratori.
Dopo l'invio di varie lettere a cui Ciquita non ha mai risposto, COLSIBA ha
chiesto la solidarietà dei gruppi statunitensi ed europei. Così
in varie parti del mondo ci sono state varie iniziative di protesta contro
Ciquita. Global Exchange, ICCR, e altri organismi americani hanno manifestato
davanti al quartier generale di Ciquita a Cincinnati.
Ma il risultato maggiore è stato ottenuto in Danimarca dove la FDB,
una sorta di Coop danese che è il più grande distributore di
banane Ciquita, ha deciso di associarsi alle proteste e di chiedere a Ciquita
conto della situazione. Non fidandosi delle risposte date fino ad ora dalla
multinazionale, FDB ha anche deciso di inviare una sua Commissione in Centro
America per raccogliere informazioni di prima mano. Se alcuni comunicati stampa
e qualche lettera di protesta possono indurre un colosso come Ciquita a più
miti consigli, cosa si potrà ottenere con delle serie campagne internazionali
di boicottaggio?
E per favore quando ci apprestiamo a mangiare una banana, ricordiamoci sempre,
di cosa c'è sotto il bollino!