USA:
l'impresa privata all'assalto della scuola pubblica.
Descrizione
meticolosa dei disastri che ha comportato l'invasione del "privato",
in ogni suo aspetto, nella scuola degli USA. Da "Classe Struggle"
(n. 26, gennaio-febbraio 2000), edito negli Stati Uniti da Spark. Aprile 2000.
Nel 1994,
il Congresso degli Stati Uniti adottò una "Legge per il miglioramento
delle scuole americane"; titolo piuttosto ironico, quando si sa che la
principale innovazione di questa legge è consistita nell'incoraggiare
gli Stati della Federazione a creare ciò che vengono chiamate "charter
school", cioè scuole "sotto contratto", finanziate con
fondi pubblici ma che non sono né dirette né controllate dalle
autorità che le sovvenzionano e neppure dallo Stato che le autorizza.
Non ha importanza che tali scuole siano create da organizzazioni no-profit,
da associazioni di quartiere, da genitori, insegnanti, passando dalle imprese
apertamente commerciali e senza dimenticare le Chiese che talvolta si nascondono
dietro l'uno o l'altro di questi nomi. Togliere
alla scuola pubblica per dare alla chiesa La religione
del profitto Wall Street
propone di "riformare" la scuola Crisi
della scuola? Sì, ma perché? Per fare
una buona scuola sono necessari tanti buoni insegnanti 20.000
distretti scolastici, 20.000 finanziamenti differenti Educazione:
è tutto da reinventare? Ciò
pone un problema ancora più grande. Se la maggior parte degli Stati
impongono che certe materie debbano necessariamente essere presenti nei curricoli
perché sia concesso il diploma finale, questo non vale per tutti. Non
c'è dunque un corso standard, né manuali standard. La recente
decisione dell'Assemblea del Kansas, che permette che studenti in scienze
non sentano mai parlare di evoluzione, di tettonica delle placche o delle
attuali teorie sull'origine dell'universo, è scioccante, e ancor più
scioccante è che la stima di queste teorie sull'origine dell'universo,
del sistema solare o della vita sia lasciata alla discrezionalità di
qualsiasi autorità scolastica locale. In queste condizioni, le idee
e le attitudini più reazionarie giungono ad imporsi tanto facilmente
nelle scuole pubbliche quanto negli istituti religiosi. Oggi, i "riformatori"
della scuola non si propongono di risolvere i problemi posti da un sistema
scolastico ripartito che non può che produrre disuguaglianze, né
si propongono di rimettere in causa il sapere. Le iniziative dei "riformatori"
di Wall Street non possono che accentuare la divisione del sistema, che permette
loro di penetrare più facilmente nella scuola... e di fare man bassa
della cassa. La scuola
pubblica: un diritto elementare La prima
scuola sovvenzionata con fondi pubblici fu creata nel 1821 a Boston, per i
figli di "commercianti e operatori delle macchine". Nel 1827, lo
Stato del Massachusetts ordinò che ogni città di una certa importanza
fornisse ai bambini una educazione elementare il cui numero e varietà
delle materie studiate erano determinate dalla grandezza della città.
Nel 1825, il primo istituto di istruzione secondaria situato fuori del New
England fu inaugurato a New York, presto seguito da uno analogo a Cincinnati
nell'Ohio. Queste scuole secondarie non erano tuttavia obbligatorie, e neppure
aperte a tutti. La campagna
per costringere le città e gli Stati a sovvenzionare l'educazione si
diffuse a macchia d'olio nella prima metà del XIX secolo e assunse
diverse forme. Essa attaccò per esempio lo statuto di "indigenza"
o le congregazioni religiose che avevano, in certe località, il controllo
della scuola. Essa divulgò l'idea di una scuola non solo aperta a tutti
ma obbligatoria per tutti. Nel 1837 fu creato nel Massachusetts un ministero
dell'Educazione, e un sistema scolastico finanziato e amministrato dallo Stato
sorse nel Michigan, sotto il controllo dell'università dello Stato. Una generazione
irrimediabilmente perduta La borghesia
americana lascerà che gli speculatori intervenuti all'EDVentures mettano
le mani sulla scuola pubblica e perseguano le loro logiche fino in fondo?
Forse no. Può essere che lo Stato borghese sia contrario a mettersi
da parte perché, ben prima che il sistema scolastico pubblico sia smantellato,
gli effetti di questa politica diverranno un potente freno al funzionamento
stesso del sistema capitalistico. Ogni anno,
la parte di ricchezza nazionale che è messa a disposizione della società
nel suo insieme diminuisce. Oggi, la sete di profitti del capitale tocca le
scuole e le priva dei mezzi per estendere l'educazione a tutte le fasce di
questa generazione e della seguente. Già, una parte non indifferente
di giovani non riceve l'istruzione che dovrebbe ricevere; istruzione di cui
anche i loro genitori sono stati privati. Fare profitti a spese della scuola
significa che un numero ancora più grande di giovani arriveranno all'età
adulta senza un'educazione adeguata. Privare in questo modo una generazione
di istruzione crea una situazione irreversibile. Si traduce nella condanna
di questa generazione e, insieme ad essa, della società intera. E'
un crimine innominabile! Viviamo in
una società in cui ci sono non solo i mezzi tecnici, ma anche quelli
economici per fare in modo che ogni bambino e ogni giovane riceva una vera
educazione, cioè l'acquisizione delle basilari conoscenze di matematica,
scienza, lettura e scrittura, così come del sapere accumulato dall'umanità
nel corso della sua storia. E' possibile trasmettere questo sapere a tutti
i membri della società. Ma la trasmissione di questa eredità,
che è una condizione dello sviluppo senza ostacoli di tutta l'umanità,
si scontra oggi con un capitalismo retrogrado che non sa vedere in ogni cosa
(comprese la vita e la morte, come dice la dirigente della Lehman Brothers)
altro che una fonte potenziale di profitti.
Le scuole private sono evidentemente sempre esistite. Ma, dirette da interessi
privati, esse erano anche finanziate con fondi privati.
Al contrario, grazie a questa nuova formula, che si è sviluppata per
così dire dolcemente, le "nuove" scuole private possono negoziare
con lo Stato o con le autorità scolastiche una "carta", che
è essenzialmente un contratto finanziario, con il quale lo Stato o
le autorità scolastiche locali si impegnano a sovvenzionarle. In generale,
i creatori di una scuola descrivono nella loro "carta" gli obiettivi
che si prefiggono, ma, nella maggior parte degli Stati nulla è stato
fatto per verificare che gli obiettivi in questione siano raggiunti. Infatti,
la maggior parte delle scuole sotto contratto sfugge a ogni controllo da parte
dello Stato, salvo che in materia di sicurezza, sanità e rispetto delle
leggi contro la discriminazione. La gestione delle scuole, i curricoli, l'arruolamento
degli insegnanti e i criteri di ammissione degli studenti sono lasciati interamente
alla discrezione dei proprietari delle scuole sotto contratto.
Nel 1997, il Congresso ha impresso all'impulso già dato dalla legge
del 1994 una nuova spinta giuridica, sotto forma di una "Legge per lo
sviluppo delle scuole sotto contratto" che favorisce il finanziamento
di queste scuole, per esempio attribuendo crediti aggiuntivi a quegli Stati
che accordano loro maggiore autonomia.
Il movimento delle "charter school" si era costituito nel 1991.
è dunque anteriore all'adozione delle due leggi federali. Ma modificando
la legislazione in suo favore, il governo gli ha dato il suo sostegno ufficiale
e il suo credito. Al momento dell'apertura dell'anno scolastico 1996-1997,
23 Stati avevano già ufficializzato la creazione di scuole sotto contratto
e 250 di esse iniziavano già quell'anno la loro attività. Due
anni più tardi il movimento si estendeva a 29 Stati come pure al distretto
di Columbia (dove si trova la capitale, Washington) e a Portorico, con più
di 700 scuole. Un anno dopo, più di 1000 scuole in 34 Stati accoglievano
250.000 studenti. E numerosi altri Stati si apprestavano ad autorizzare la
creazione di scuole sotto contratto.
Queste cifre sono minime se le si comparano ai circa 50 milioni di studenti
della scuola pubblica. Ma riflettono una tendenza molto netta a rimettere
in causa ciò che alcuni chiamano il "monopolio" della scuola
pubblica.
Nell'eterogeneità del movimento delle scuole sotto contratto, alcune
voci hanno reclamato la creazione di un sistema di "cheque-education"
[i nostri "buoni-scuola" N. d. R.] o riduzioni d'imposta per le
famiglie che pagano l'educazione dei loro figli in una scuola privata.
L'idea dei "cheque-education" non data da ieri. Già nel 1955,
Milton Friedman, professore di economia all'Università di Chicago e
più tardi consigliere dei presidenti Nixon e Reagan, affermava che
le scuole saranno più efficienti se saranno sottoposte alle leggi del
mercato capitalistico e, come tutte le aziende, entreranno in concorrenza
le une con le altre per attirare i loro clienti: gli studenti. A questo scopo,
proponeva un sistema di assegni [o "buoni" N. d. R.] emessi all'ordine
dei genitori di un figlio in età scolare, che questi avrebbero potuto
girare alla scuola di loro scelta, compresa una scuola privata o confessionale.
L'idea non è dunque nuova, ma è nel corso dell'ultimo decennio
che è stata ripresa e difesa apertamente. Tra il 1993 e il 1997 la
richiesta di creazione di un sistema di "cheque-education" è
stata avanzata in 30 Stati e sottoposta al voto parlamentare in numerosi altri.
Solo tre Stati, Wisconsin, Ohio e Florida, hanno per il momento autorizzato
la realizzazione di un tale sistema. Ma la questione rimane aperta nella maggior
parte degli Stati dove è stata sollevata, e presto dovrà essere
messa ai voti nel Michigan.
Nel corso del solo anno 1998, una proposta volta ad accordare riduzioni d'imposta
ai genitori che pagano la scolarizzazione dei loro figli è stata avanzata
in 23 Stati e adottata da uno di essi, l'Illinois. La questione degli "sgravi
fiscali per spese scolastiche" è così stata evocata al
Congresso.
Sul piano giuridico, i problemi posti a loro volta dai "cheque-education"
e dagli sgravi fiscali restano da chiarire. Alcune corti federali hanno rigettato
delle leggi e delle disposizioni adottate localmente, per violazione dell'articolo
della Costituzione che sancisce la separazione tra Chiesa e Stato. (Bisogna
dire che quasi tutti gli "cheque-education" sono versati a scuole
private, la stragrande maggioranza delle quali confessionali). Ma almeno una
corte federale, con sede nel Wisconsin, ha giudicato gli "cheque-education"
compatibili con la Costituzione, compresi quelli versati a scuole confessionali.
Per aumentare la confusione, la Corte suprema ha rifiutato di esaminare il
caso del Wisconsin, senza altri commenti. Così, se essa non ha invalidato
la decisione dei giudici della Corte suprema del 1973, che interdiva il rimborso
delle spese scolastiche di genitori newyorkesi che avevano mandato i loro
figli in scuole religiose, non si è neppure appoggiata su questa sentenza
(che fa giurisprudenza sulla questione) per risolvere il caso del Wisconsin.
I giudici della Corte suprema, pare, non sono disturbati dal fatto di essersene
lavate gesuiticamente le mani. In ogni caso, alcuni degli interventi della
Corte suprema lasciano intendere che non abbia obiezioni particolari riguardo
al fatto che la scuola pubblica sia consegnata ai capitali privati sorretti
dalla ricerca del profitto.
Con l'adozione della legge sugli "cheque-education", alcuni
uomini d'affari di Cleveland (Ohio) e di Milwaukee (Wisconsin), in agguato
della buona occasione, hanno creato delle scuole private per poter approfittare
della manna. è evidente che se il sistema degli "cheque-education"
dovesse svilupparsi, nuove scuole sorgeranno un po' dappertutto. Oggi, le
scuole private accolgono meno del 15% degli studenti e, anche ingrandendosi,
non potranno ospitare tutti i percettori degli "cheque-education".
Allora, chi creerà tali scuole? Senza dubbio un certo numero di Chiese
che non hanno oggi i mezzi per farlo, ma soprattutto speculatori alla ricerca
dell'affare giusto, qualunque sia il nome che si danno.
Un certo numero di aziende a scopo dichiaratamente di lucro si sono lanciate
sul mercato e controllano già il 10% circa delle scuole sotto contratto.
La più nota è la società "Edison School", fondata
da Chris Whittle, che s'era già arricchito a spese della scuola pubblica
creando la catena educativa Channel One negli anni Ottanta (prima di rivenderla
a Primedia). Oggi Channel One fornisce quotidianamente venti minuti di programmi
a circa la metà delle classi dell'insegnamento secondario in tutto
il paese. L'idea di Whittle era semplice: Channel One fornisce alla scuola
l'equipaggiamento audiovisivo di cui ha bisogno e in cambio la scuola s'impegna
a fare in modo che ogni alunno guardi Channel One, la cui programmazione quotidiana
di venti minuti comprende informazione, reportage, sport, meteo, pubblicità
per Channel One e due minuti di spot commerciali. Questo tipo di audience
è molto ricercato da diverse agenzie ed ogni spot pubblicitario di
30 secondi è venduto da Channel One a 200.000 dollari. Come si vede
il business educativo può essere molto redditizio. Ciò che Lamar
Alexander ha potuto scoprire poco prima di diventare ministro dell'Educazione
dell'amministrazione Bush! Nel 1988 egli ha pagato 10.000 dollari quattro
azioni della Whittle Communications, che ha rivenduto quattro mesi più
tardi a 330.000 dollari. Potrà Whittle fare di Edison School un affare
altrettanto lucroso di Channel One? è quel che resta da vedere. In
ogni caso, nell'autunno del 1999, Edison School gestiva già 79 scuole
per conto di varie autorità della pubblica istruzione.
Come si vede, in certi casi, la scuola pubblica non è smantellata dalla
creazione di scuole sotto contratto. Essa semplicemente affida a delle imprese
la gestione di istituti già esistenti. Altre autorità scolastiche
pubbliche hanno sovvenzionato grandi imprese che hanno creato sui luoghi di
lavoro delle scuole per i figli dei loro impiegati, come la Honeywell, la
compagnia di assicurazioni American Bankers e la Walt Disney.
I primi "imprenditori nell'educazione" erano spesso dei ciarlatani,
senza formazione né esperienza nei settori educativi. Nei sei anni
che hanno seguito la loro creazione, quattro scuole sotto contratto di Milwaukee
hanno dovuto chiudere e i loro alunni si sono ritrovati per strada. A Cleveland,
cinque scuole funzionanti sulla base degli "cheque-education" non
avevano né autorizzazione né contratto con lo Stato. Una di
esse contava addirittura tra i suoi addetti un ricercato dalla giustizia,
condannato per omicidio, arruolato senza dubbio per fare regnare la disciplina!
Ma dietro i piccoli ciarlatani si trovano i grossi affaristi che sostengono
questa campagna volta a rimettere la scuola pubblica nelle mani del settore
privato. Per esempio: Richard DeVos, che deve la sua fortuna ad Amway; Richard
Mellon Scaife, membro della ricchissima famiglia Mellon; John Walton, erede
della società Wal-Mart; J. Patrick Rooney, della compagnia di assicurazioni
Golden Rule; David Kearns, ex-dirigente della Xerox; Paul Allen, co-fondatore
della Microsoft; il celebre Michael Milken; vecchi uomini politici come Lamar
Alexander o William Held, ex-governatore del Massachusetts; e ancora società
di investimento di Wall Street, come Dillon Read & Co., Montgomery Securities,
Merrill Lynch e Lehman Brothers.
Nel 1996, la società Lehman Brothers organizzò la prima
conferenza sulle possibilità di investimento nel settore educativo.
Poco prima, essa aveva pubblicato un rapporto in cui affermava che "l'industria
dell'educazione è forse chiamata a rimpiazzare la sanità in
qualità di settore prioritario per gli investimenti".
Evidentemente le somme stanziate ogni anno per l'educazione non potevano sfuggire
alla cupidigia di Wall Street. Con più di 700 miliardi di dollari l'anno,
il bilancio dell'educazione rappresenta il 10% del PNL. Il posto principale
è detenuto dalla scuola pubblica, che necessita di 320 miliardi di
dollari per l'insieme delle sue classi, dalla materna alla secondaria. (Per
una comparazione, l'insieme delle scuole private gestisce un budget di soli
28 miliardi).
Nell'agosto 1997, una seconda conferenza fu organizzata a Nashville, Tennessee.
Intitolata "EDVentures 97" (con un triplo gioco di parole su educazione,
avventura e capitale-rischio: "venture" in inglese), questa conferenza
ha riunito i rappresentanti di un certo numero di imprese impegnate nella
gestione di scuole, come la Edison School o la SABIS, società di intermediazione
di Wall Street, gruppi finanziari specializzati in investimenti "a rischio",
la responsabile dell'educazione dello Stato dell'Arizona, docenti universitari
provenienti da atenei rinomati e "gruppi di riflessione" marcatamente
di destra: questi ultimi per dare al meating una veste di competenza nel settore
dell'educazione.
Una cosa è sicura: i partecipanti alla conferenza non erano là
per trovare soluzioni ai problemi che si trova ad affrontare la scuola pubblica.
Secondo gli organizzatori stessi, l'obiettivo della riunione era di passare
in rassegna i mezzi più efficaci per trasformare l'educazione pubblica
americana in una grande industria lucrativa.
Secondo Mary Tanner, una dei dirigenti della Lehman Brothers, le scuole pubbliche
americane sono "mature per l'intervento delle società private".
Ella ha proseguito affermando che "Wall Street s'interessa a tutti i
grandi settori dell'economia, e a tutte le industrie che evolvono". Tanner,
che si è già fatta notare con l'Hospital Corporation of America
(una delle aziende che hanno investito nel settore medico nel corso degli
ultimi due decenni), ha spiegato che numerosi investitori che hanno fatto
enormi profitti nella sanità sono pronti oggi a investire nella scuola.
Quanto alle riserve, tutte teoriche, che altri speculatori potranno avere
all'idea di ricercare profitti nel settore dell'educazione, ella le ha paragonate
alle riserve espresse all'epoca in cui proponeva di investire negli ospedali,
liquidandole con questa frase: "Molti tra loro esitavano ad arricchirsi
sulle spalle dei malati e dei moribondi". Con tutta evidenza, hanno ben
superato le loro riserve!
Per Joe Murphy, professore di scienze dell'educazione all'Università
Vanderbilt, il problema del profitto nel sistema educativo è un falso
problema. Secondo lui, la scuola pubblica è già un sistema fondato
sulla ricerca del profitto: "Gli insegnanti guadagnano molto vendendo
i loro servizi". (E quanto guadagna questo professore di "scienze
dell'educazione" a vendere questi suoi "servizi"?).
è vero, c'è gente che fa molti soldi sulle spalle della scuola.
Ma non sono certo gli insegnanti. La scuola pubblica acquista già forniture
e servizi sul mercato, dove le aziende si battono per ottenere contratti vantaggiosi.
Oggi, il 25% delle spese della scuola pubblica vanno a incrementare il settore
privato. Molte delle controversie che animano le autorità scolastiche
si riducono a determinare chi distribuirà i soldi delle scuole e a
chi. Non si tratta soltanto di stabilire a quale piccola impresa affidare
il contratto di pulizia o di trasporto degli alunni, o di scegliere il manuale
di questo o quell'altro grande editore. Si tratta anche di trasformare le
scuole stesse in mercato, come ha fatto Channel One. La recente guerra tra
Pepsi e Coca Cola per decidere a chi spetta l'esclusiva di installare i suoi
distributori nelle scuole delle più grandi città non è
che un esempio tra gli altri della cupidigia delle grandi imprese nei confronti
di scuole e alunni.
Secondo i partecipanti alla conferenza di Nashville, il principale ostacolo
all'ingresso dell'impresa privata sulla scuola è rappresentato dai
sindacati degli insegnanti. Ma Murphy ha rassicurato: "Il vento politico
dominante è favorevole". Secondo lui, le pressioni esercitate
dal mercato interno e l'economia mondiale non potranno che ridurre considerevolmente
i vantaggi acquisiti dai sindacati e rendere gli insegnanti più malleabili.
I partecipanti alla conferenza non erano tutti d'accordo sull'utilità
degli "cheque-education" come mezzo per privatizzare la scuola.
Lisa Graham Keegan, direttrice dell'educazione statale dell'Arizona e oratrice
di primo piano della conferenza, ha dichiarato che la privatizzazione non
sarà possibile che il giorno in cui gli "cheque-education"
saranno dati a tutti i genitori perché li rimettano alla scuola di
loro scelta. Ma da parte loro, alcuni investitori si sono inquietati per il
timore del fallimento politico del sistema dei "buoni", poiché
tutti i sondaggi effettuati fino ad oggi mostrano che la maggior parte dei
genitori è contraria. Ogni tentativo di farli adottare organizzando
una votazione a tutt'oggi non ha dato esiti.
Ma tutti i partecipanti erano d'accordo sulle misure suscettibili di rendere
la "industria" scolastica redditizia: ridurre il numero degli insegnanti
(cioè aumentare il numero di alunni per classe); ridurre la massa salariale
degli insegnanti arruolando un maggior numero di giovani e di professori non
abilitati; ridurre o sopprimere gli organismi che rilasciano i diplomi di
insegnamento e affidare la valutazione delle competenze degli insegnanti ai
"managers" delle scuole (parola che essi preferiscono a "direttore").
E se alcune di queste "EDVentures" si dimostreranno poco remunerative?
Ecco la risposta di Doyle: "Intraprendere è prendersi dei rischi.
E chi dice rischio dice fallimento possibile. Ma altri conosceranno il successo
e queste si svilupperanno". Parlando di successo, egli non parla evidentemente
degli studenti: questi ultimi saranno sacrificati perché le "EDVentures"
capitaliste siano dei successi finanziari.
Certamente,
quando gli esponenti di Wall Street parlano di "crisi" della scuola
non hanno tutti i torti. Ma la "crisi" colpisce certi studenti più
di altri, e taluni sfuggono completamente. Tutti gli strumenti di rilevazione
lo dimostrano: le scuole pubbliche che ospitano i figli di ricchi compiono
un eccellente lavoro. C'è sicuramente un piccolo numero di scuole private
d'alto livello in cui si iscrivono i figli della borghesia, ma moltissime
famiglie borghesi mandano i loro figli alla scuola pubblica, come pure le
fasce più alte della piccola borghesia. Le scuole pubbliche dei quartieri
borghesi sono di un livello elevato e non mancano di alunni.
Al contrario, le scuole pubbliche dei quartieri operai o di quelli poveri
non arrivano parimenti a fornire ai loro studenti le competenze che permetterebbero
loro di arrivare almeno al XIX secolo, per non dire al XX o al XXI!
In queste scuole, i bambini cominciano ad accumulare un ritardo fin dalle
prime classi. Anche dopo tre o quattro anni di scuola, il livello di conoscenze
di base, in lettura, in aritmetica, è molto spesso deplorevole.
Coloro che terminano gli studi secondari si ritrovano perlopiù senza
una reale preparazione né a un mestiere, né alla prosecuzione
degli studi. Nelle città, meno di un quarto degli studenti con licenza
superiore raggiungono un livello sufficiente per andare all'università.
Ma i dati medi mascherano la realtà, soprattutto delle grandi città.
Nel suo libro intitolato "Savage Inequalities" (Disuguaglianza selvaggia),
Jonathan Kozol fornisce le seguenti cifre per la città di Detroit nel
1991. Su 20.000 studenti ammessi alle superiori, 7.000 hanno ottenuto il diploma
e solo 500 di essi possiedono un livello di conoscenze sufficiente per proseguire
gli studi universitari, lauree brevi comprese.
Nelle grandi città, la maggior parte dei diplomati delle superiori
che proseguono i loro studi si iscrivono a corsi biennali, e tra questi la
maggior parte abbandona prima di conseguire il titolo. In un rapporto pubblicato
agli inizi degli anni Novanta a Chicago, i responsabili di questi brevi corsi
parauniversitari o post-diploma indicavano che il 97% degli studenti che vi
si iscrivono abbandonano prima della fine dei due anni.
Ci sono poi tutti quelli che vengono bocciati ancora prima. Si stima intorno
al 10% il numero dei giovani delle città che non arrivano neppure alla
scuola secondaria. E tra quelli che intraprendono gli studi secondari, più
della metà non riescono a terminare il primo ciclo senza mai ripetere.
In molte scuole, il tasso di insuccesso è ancora peggiore. Secondo
Kozol, nelle scuole dei quartieri più poveri di Chicago, solo il 15-20%
degli alunni che hanno iniziato a frequentare la scuola agli inizi degli anni
Novanta può sperare di arrivare al diploma superiore. Spesso gli alunni
smettono semplicemente di andare a scuola. Nel 1996-97 l'assenteismo in classe
nelle secondarie era in media di sei settimane l'anno. Il futuro che attende
questi alunni non è evidentemente una formazione universitaria o un
impiego altamente qualificato, ma piuttosto la prigione.
Il segreto di una educazione riuscita è semplice: innanzitutto
ci vogliono buoni insegnanti; poi, un numero di insegnanti sufficiente perché
ogni allievo riceva l'attenzione di cui ha bisogno; infine strumenti necessari
(manuali recenti, materiali vari) per mettere gli alunni in contatto con la
scienza e la cultura. Ciò è quello che si trova nelle migliori
scuole e che notoriamente è assente nelle cattive scuole.
Ciò che più manca nelle scuole sono gli insegnanti. Da 40 anni
c'è una carenza cronica di insegnanti preparati all'insegnamento della
loro materia. Molti di essi insegnano oggi una disciplina per la quale non
sono stati assolutamente formati. Circa il 20% dei professori di matematica
e il 15% di quelli di inglese non hanno mai studiato queste materie all'università.
Un terzo delle scuole secondarie americane non offrono corsi di fisica perché
non hanno professori capaci di insegnare questa materia. Molti insegnanti
non sono abilitati. Secondo uno studio del Centro nazionale di statistica
dell'educazione, il 12% degli insegnanti con meno di quattro anni di esperienza
non hanno titoli. Si tratta anche in questo caso di una media nazionale e
i dati sono sicuramente peggiori nelle scuole dei quartieri poveri.
Ma anche quando i professori sono titolati e sono stati formati nella materia
che insegnano, hanno classi talmente sovraffollate che non possono dare ai
loro allievi l'attenzione necessaria. Nel 1985, lo Stato del Tennessee decise
di analizzare il rapporto tra la composizione delle classi e il successo scolastico.
Questo rapporto può sembrare così evidente che non ci sarebbe
bisogno di uno studio per stabilirlo. Ciò nonostante, i deputati che
votano il bilancio per l'educazione e criticano la scuola pubblica (legame
recentemente evidenziato da organi di informazione come The Economist o Fortune),
lo mettono in dubbio. Lo studio in questione riguardava piccole classi della
scuola primaria (dalla materna alle elementari), scelte tra i 42 distretti
scolastici dello Stato. Ognuna di esse doveva ripartire i suoi alunni, ad
ogni livello, in tre tipi di classi: "piccole" (da 13 a 17 alunni),
"normali" (da 22 a 26), o "normali" con un aiuto-educatore
a tempo pieno. La ricerca ha dimostrato che a tutti i livelli, gli alunni
delle classi "piccole" riuscivano meglio di quelli delle classi
più numerose, con o senza il co-educatore. I progressi più notevoli
erano compiuti dagli alunni delle "piccole" classi dei quartieri
poveri delle grandi città.. E non solo gli allievi riuscivano meglio
negli anni in cui erano in classi "piccole", ma anche in seguito
nel complesso del loro percorso scolastico.
La borghesia e le fasce agiate della piccola borghesia non ignorano il vantaggio
rappresentato da effettivi limitati e da insegnanti competenti. Le classi
delle loro scuole, siano pubbliche o private, contano meno alunni che le classi
"normali". I loro insegnanti sono più competenti, conoscono
la materia che insegnano e dispongono dei manuali e degli equipaggiamenti
moderni di cui hanno bisogno.
Cosa ci vuole perché sia così dappertutto? In una parola: soldi.
Se
questo paese vuole veramente assicurare a tutti pari opportunità, deve
fare uno sforzo particolare per l'educazione dei bambini e dei ragazzi più
svantaggiati, per aiutarli a superare i loro handicap. Ciò vuol dire
mettere a disposizione i finanziamenti necessari. Ma questo non viene fatto;
peggio, le somme destinate all'educazione non sono neppure distribuite equamente.
Oggi ci sono 20.000 distretti scolastici differenti nel paese, che raggruppano
la popolazione di una città, di un comune, di un distretto rurale o,
talvolta, di una contea o di un settore di una grande città.. Questi
20.000 distretti scolastici sono in gran parte responsabili del finanziamento
delle loro scuole. È un sistema molto diverso da quello prevalente
negli altri paesi industrializzati, dove l'educazione e il suo finanziamento
sono nelle mani dello Stato centrale. Oggi, negli Stati Uniti, le autorità
scolastiche locali raccolgono appena la metà dei finanziamenti di cui
necessitano per assicurare il funzionamento delle loro scuole. Le imposte
locali, sulla proprietà individuale e sugli impianti commerciali e
industriali, sono la loro principale fonte di finanziamento. Evidentemente,
quando ci sono degli abbattimenti fiscali (ad esempio per spingere un'azienda
a rimanere installata sul territorio) le entrate diminuiscono di conseguenza
e diventa difficile reperire altri fondi per la scuola.
A questi fondi si devono aggiungere le sovvenzioni provenienti dai differenti
Stati e dallo Stato federale. In media ogni Stato fornisce un finanziamento
uguale o superiore a quello delle autorità locali, ma la situazione
è molto variabile da uno Stato all'altro. Alcuni Stati fanno uno sforzo
in direzione delle circoscrizioni scolastiche più disagiate, ma nella
maggior parte dei casi, le sovvenzioni sono proporzionali alle somme raccolte
dalle autorità locali; ciò non fa che approfondire il divario
tra le circoscrizioni più ricche e quelle più povere.
A questo proposito, si fa spesso riferimento al programma federale creato
per venire finanziariamente in aiuto degli alunni provenienti dai quartieri
più disagiati delle grandi città. Gli avversari della scuola
pubblica affermano che, nel quadro di questo programma, svariati miliardi
di dollari vengono gettati dalla finestra. Infatti, le somme stanziate (meno
di 8 miliardi di dollari quest'anno) non sono che una goccia d'acqua nel mare
e non cambiano praticamente nulla nella stridente disuguaglianza dei finanziamenti
delle scuole. Il governo federale, che stanzia il minimo delle sue entrate
fiscali, si preoccupa pochissimo dell'educazione pubblica nel paese: il suo
contributo rappresenta appena il 6% del bilancio complessivo della scuola.
D'altra parte le somme stanziate per ogni alunno variano moltissimo da uno
Stato all'altro, così come all'interno di ogni Stato. Per l'anno scolastico
1998-99, per esempio, lo Utah ha stanziato 3.362 dollari per studente, il
Mississippi 4.291 e il New Jersey 9.577. All'interno di ogni Stato le disparità
sono ancor più stridenti. Nel New Jersey, per esempio, si passa dai
5.900 dollari per alunno di Camden, una delle città più povere
del paese, agli 11.950 dollari di Princeton. Per l'anno 1996-97 le scuole
di Chicago hanno speso in media 4.563 dollari per allievo, quelle della vicina
contea di Cook 6.957 dollari, e i distretti più ricchi dello Stato
15.368 dollari.
Il sistema scolastico del paese è dunque in realtà diviso in
20.000 piccoli ritagli; ciò non significa che sia effettivamente "controllato
dalla popolazione", come talvolta si pretende. Senza un finanziamento
adeguato, non ci può essere un reale controllo. In realtà, nelle
circoscrizioni scolastiche di questi quartieri, la popolazione paga in proporzione
più imposte che nei quartieri agiati. Ma in una società dove
l'1% più ricco possiede tanto quanto il 95% dei meno ricchi ciò
non è sufficiente a recuperare il ritardo.
Questo sistema iper-decentralizzato pone un altro problema: quello dell'assenza
di criteri coerenti di valutazione tra uno Stato e l'altro o addirittura all'interno
di uno stesso Stato. Ci sono Stati che fanno sostenere degli esami prima di
concedere il diploma superiore; altri no. All'interno dello stesso Stato,
alcune autorità scolastiche organizzano degli esami, altre no. Non
esiste un sistema unificato di certificazione dei professori, ad eccezione
di un tentativo recente in questo senso voluto da qualche sindacato degli
insegnanti.
La conoscenza scientifica è una conquista dell'umanità. Ci sono
voluti secoli per imporsi e svilupparsi. Non è un self-service dove
ciascuno può scegliere le scoperte, le idee e la cultura che più
gli piace. L'evoluzione, la tettonica delle placche e l'origine dell'universo
disturbano le convinzioni religiose di autorità scolastiche retrogradi?
In Kansas e in svariati altri Stati esse non compaiono nei programmi scolastici!
Non si può più parlare di educazione. Si tratta, né più
né meno, di riportare gli alunni al Medio Evo!
E' evidente che le proposte che oggi vengono avanzate (buono-scuola, scuole
sotto contratto) sono una follia, anche dal lato pratico. Si ricomincerà
a far correre la gente da una scuola a un'altra, da una scuola pubblica a
una scuola privata, con il buono-scuola in una mano e i soldi nell'altra per
pagare il costo della scolarizzazione. Si vedranno scuole che non ammetteranno
che gli studenti che a loro convengono. E le altre scuole, private dei finanziamenti,
saranno in estrema difficoltà.
Una follia, sì, che intende riportare l'educazione indietro di secoli.
Lo sviluppo della scuola pubblica, vale a dire di un insegnamento svincolato
dall'influenza religiosa, finanziato dallo Stato e obbligatorio, è
stata l'opera delle classi popolari, sin dai primi tempi della società
americana.
C'erano delle scuole nelle colonie dell'America del Nord prima della rivoluzione.
Esse erano pressoché tutte quante nelle mani di congregazioni religiose.
Ma poco dopo la rivoluzione borghese del 1775-1778, sorse un movimento per
ma creazione di scuole laiche. I rappresentanti più illustri della
borghesia americana, come Jefferson o Franklin, furono tra i promotori di
questo movimento. Tuttavia, le nuove scuole, benché laiche, non costituivano
un sistema pubblico dell'educazione, nonostante le "società democratiche"
(che Jefferson utilizzò per darsi un programma e poi un partito) divulgassero
la rivendicazione di scuola aperte a tutti e finanziate dallo Stato. Perché
questa rivendicazione diventasse realtà, ci volle un movimento, o meglio
una serie di movimenti, delle classi lavoratrici. L'inizio del XIX secolo
vide la creazione graduale di "scuole comuni" per i bambini, ma
spesso, i figli delle famiglie povere non potevano accedervi a meno che i
genitori non fossero riconosciuti come "indigenti".
Le cose cambieranno con lo sviluppo di partiti operai in varie città
dove gli "operatori delle macchine" e le altre categorie di operai
giocarono un ruolo importante. Il primo di questi partiti vide la luce a Filadelfia
nel 1828. Altri partiti furono presto creati, prima nelle vicinanze di Filadelfia,
nelle altre città della Pennsylvania, poi verso ovest, nell'Ohio, verso
sud nel Delaware e verso nord, a New York, Boston e in tutto il New England.
In sei anni, questi partiti erano sorti in più di 60 città,
a cui si aggiungono le "società di operatori delle macchine"
in un numero di città ancora più grande. Essi rivendicavano
un'educazione per tutti finanziata con fondi pubblici. Era la parola d'ordine
che tutti i partiti senza eccezione mettevano in testa. La maggior parte di
essi ci aggiungevano l'obbligo scolastico fino a una certa età e la
fine del lavoro minorile, così come altre rivendicazioni quali la soppressione
della carcerazione per debiti, della tassazione ineguale o dei lavori forzati.
Questi partiti sarebbero presto scomparsi, ma è grazie a loro che la
scuola pubblica quale noi la intendiamo oggi è stata creata.
Il governo federale non giocò alcun ruolo in tutto questo periodo.
Quanto agli Stati, essi si limitavano a seguire il movimento che aveva il
suo impulso nelle città dove le organizzazioni operaie avevano già
instaurato la scuola pubblica. E man mano i pionieri avanzavano verso l'Ovest,
si videro spesso sorgere delle scuole e dei sistemi scolastici ancor prima
che nascesse uno Stato ufficialmente riconosciuto.
La situazione era evidentemente molto diversa nel Sud, dove non c'era per
così dire un sistema educativo se non per i figli delle famiglie proprietarie
di schiavi, situazione che perdurò fino alla guerra di Secessione.
Era vietato insegnare a leggere a uno schiavo; quanto ai bianchi poveri, se
non c'erano leggi che impedivano l'educazione dei loro bambini, non c'erano
tuttavia scuole per essi. Ma la guerra di Secessione, questa seconda rivoluzione
borghese, e il periodo detto della Ricostruzione che la seguì, riuscirono
a creare un sistema scolastico pubblico anche nel Sud. Uno dei primi compiti
intrapresi dai governi del periodo della Ricostruzione, su pressione dei neri
o in certi Stati dei bianchi poveri, fu di creare delle scuole pubbliche aperte
a tutti, finanziate direttamente dagli Stati, con l'aiuto del governo federale
(in ogni caso durante il periodo della Ricostruzione). L'educazione di larghi
settori della popolazione era una necessità per lo sviluppo della società
borghese. Si doveva educare non solo i figli delle famiglie borghesi o degli
strati sociali più vicini alla borghesia, ma l'insieme della popolazione.
L'industria e la tecnologia moderne avevano bisogno per svilupparsi di operai
che possedessero i rudimenti dell'istruzione: essi dovevano saper leggere,
scrivere, fare operazioni matematiche semplici, ecc.
Pertanto, non è la borghesia che ha instaurato il sistema di scuole
pubbliche che noi conosciamo: il sistema laico, finanziato con fondi pubblici,
aperto a tutti e obbligatorio. Non è neppure lo Stato borghese che
ha dato impulso alla creazione di scuole pubbliche. Ma lo Stato borghese,
spinto dai lavoratori che esigevano l'accesso all'istruzione per i loro figli,
rispose, nel senso degli interessi stessi della borghesia, e organizzò
la scuola pubblica. Nella fase d'ascesa in cui si trovava, la borghesia, o
almeno i suoi rappresentanti nella direzione dello Stato (che dovevano spesso
imporre misure in favore dell'interesse generale della loro classe contro
gli interessi particolari di capitalisti che non pensavano che ai propri profitti
individuali) intrapresero dunque la creazione del sistema scolastico rivendicato
dalle classi lavoratrici.
La situazione di iper-decentramento del sistema scolastico attuale è
l'eredità ad un tempo delle diversità dei movimenti che hanno
gettato le basi della scuola pubblica e della creazione di scuole locali man
mano che procedeva la conquista dell'Ovest. Ma se questa situazione è
stata all'epoca la conseguenza inevitabile della storia degli Stati Uniti,
ora dopo tutto questo tempo non è più una necessità.
Anzi è diventata un serio handicap in una società moderna dove
i mezzi di comunicazione e le tecnologie più performanti non mancano.
Ma la borghesia è incapace di riformare la scuola pubblica liberandola
degli intralci che le impediscono di svilupparsi. Al contrario, essa considera
la scuola solamente un'occasione in più per fare profitti. E i profitti
che la borghesia intende ricavare dallo sfruttamento della scuola a detrimento
dei ragazzi delle classi popolari non può che accentuare la degenerazione
del sistema educativo e, con essa, la degenerazione della società borghese.
Ma oggi, la possibilità di accedere a una vera educazione diventa sempre
più problematica per una gran parte della popolazione. Da questo punto
di vista, gli Stati Uniti assomigliano sempre più a un paese sottosviluppato,
incapace di soddisfare i bisogni fondamentali del suo popolo, preda della
rapacità dei suoi "imprenditori", e vittima della criminalità,
grande o piccola, che questa situazione produce. Situazione che non è
dovuta a mancanza di mezzi, ma al fatto che i finanziamenti sono destinati
a fini che non servono agli interessi dell'insieme della società.