Alca:un progetto egemonico.
Gli USA tentano di accellerare il processo di ampliamento del NAFTA a tutta l'America Latina. Di Eduardo Lucita, direttore della rivista marxista Cuadernos del Sur. Dal Correo de Prensa de la IV Internacional. Bollettino Elettronico 15/2/2001 Marzo 2001.


 

Nonostante nella riunione della Coordinamento Intersindacale del Cono Sur di dicembre a Florianopolis la questione "Área de Libre Comercio para las Américas" (ALCA) fosse stata già oggetto di attenzione, è a partire dal Foro Social Mundial di Porto Alegre che la conoscenza di questa problematica si sta diffondendo.
Non c'è ancora però un approfondimento dei contenuti e delle implicazioni dell'ACLA, e tantomeno dei disegni per accelerare le scadenze precedentemente stabilite dai governi del continente.
La propaganda ufficiale presenta questo accordo come "lo sforzo più importante di integrazione regionale portato avanti da paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo con l'obiettivo comune del libero commercio e degli investimenti in beni e servizi basati in rafforzate e disciplinate regole commerciali".
Da parte sua il governo argentino lo presenta come lo strumento che permetterà finalmente di realizzare il MERCOSUR nella sua vera dimensione.
Ma: cos'è effettivamente l'ALCA? Qual è la sua origine? Quali sono le ragioni politiche che lo sottendono?

Non è possibile capire il complesso significato dell'ALCA se non c'è una piena comprensione dello scenario mondiale che si è aperto con il collasso dello stalinismo e la fine dello scontro Est-Ovest. Questo processo accelerato, che ebbe il suo momento culminante nel biennio 89/91 del secolo passato (caduta del Muro di Berlino e implosione dell'URSS), non solo ha dato nuovo impulso al neoliberismo su scala mondiale ma ha determinato la fine dello scontro tra blocchi, dando vita a una rete di relazioni internazionali dove l'interdipendenza crescente e la formazione di blocchi economici regionali sono le componenti determinanti in questa nuova fase della mondializzazione capitalista che conosciamo come globalizzazione.
I paesi più potenti del mondo riuniti nel G7 (USA, Canada, Francia, Regno Unito, Germania, Italia e Giappone) e le grandi multinazionali (che in una dinamica di associazione, assorbimento e fusione quasi permanente arrivano a controllare monopolisticamente interi rami dell'attività economica) sono la base della formazione di questi grandi blocchi economici mondiali.
Questo scenario non è certo privo di contraddizioni. Le grandi nazioni cercano di disputare, recuperare e ampliare vecchie e nuove zone (e forme) di dominazione e allo stesso tempo tendono ad acutizzarsi gli squilibri economico-finanziari e la frattura tecnologica.

Questo confronto imperialista tra Unione Europea (UE), il Blocco del Pacifico e gli USA, è quello che ha portato questi ultimi a promuovere la costituzione del Tratado de Libre Comercio de América del Norte (TLCAN, o NAFTA nella sua sigla inglese) con Canada prima e il forzato ingresso del Messico poi.
Il NAFTA è entrato in vigore il 1º gennaio 1994, non è inutile ricordare che in quella stessa data fece irruzione l'EZLN in Messico e una delle sue principali richieste, il rifiuto del trattato, fu realmente premonitore circa le sue conseguenze (1).

Quasi un anno dopo, nel dicembre 1994, il governo degli USA convocò in Florida la "Primera Cumbre de las Américas". Si riunirono lì i 34 governi "democratici" del continente*, con l'eccezione di Cuba che non fu invitata (forse, come si dice ora, "un effetto positivo del blocco"), per "discutere l'unificazione delle economie dell'emisfero occidentale in un solo accordo di libero scambio". Questo obiettivo, la cui data di realizzazione era stabilita per il 2005, ha preso forma di "Área de Libre Comercio para las Américas".
In questo contesto non è difficile dedurre che l'ALCA non è nulla più che la copertura con cui si pretende di mascherare l'estensione del NAFTA a tutto il continente americano. Questa espansione si trova attualmente in una fase di negoziazione segreta tra i ministri dell'economia e del commercio di tutti i paesi e ha come assi centrali la deregolamentazione totale dei mercati e la privatizzazione dei servizi pubblici, rinforzando così il potere delle multinazionali e limitando la già scarsa capacità dei governi di mettere in pratica politiche sociali e ambientali efficaci. Implica la libera circolazione dei capitali e delle merci, ma non delle persone, l'abbassamento dei salari e il peggioramento delle condizioni di lavoro.
Uno dei primi obiettivi è il controllo da parte delle multinazionali dei servizi della previdenza, della salute, dell'ambiente.
Nella "Primera Cumbre de las Américas", nel 1994, i presidenti si accordarono su due lunghi documenti: la "Dichiarazione di principi" che include cinque punti generici e un "Piano di azione" dove si sviluppano in maniera esaustiva i punti anteriori.

Questo "Piano d'azione" non ha significato molto, se non delle dichiarazioni, fino al nuova Vertice a Santiago de Chile, nell'aprile 1998. Lì si è costituito un "Comité de Negociaciones de Comercio" composto dai viceministri del commercio (o loro equivalenti) di tutti i paesi e si è formata una struttura di nove gruppi di lavoro per trattare le grandi aree che staranno sotto controllo dell'ALCA.
Dalla fine del 1999 gli incontri di lavoro hanno preso un ritmo crescente e anche non pubblico. Non ci sono informazioni sulle discussioni e gli accordi ai quali stanno arrivando. Si sa che capitoli interi dei testi in discussione sono stati presi testualmente dai documenti del NAFTA.
In questo stile non democratico, di fronte ai reclami di partecipazione di distinte ong, si è costituito un "Comité de Representantes Gubernamentales de la Sociedad Civil", che in teoria avrebbe dovuto rappresentare gli interessi della cittadinanza e i popoli latinoamericani. Questa creazione però non fu accompagnata da meccanismi concreti che permettessero di incorporare le preoccupazioni sociali in clausole di salvaguardia lavorative e ambientali, dato che queste sono state fino ad ora ignorate.

L'idea era stata lanciata nel 1990 nel quadro della "Iniciativa para las Américas" di George Bush, fu ripresa dal presidente Bill Clinton nel 1992 e pare che si concretizzerà 15 anni dopo, con la presidenza del secondo presidente George Bush, nel 2005 (o nel 2003 se andrà avanti l'iniziativa di accelerarla). Si tratta dunque di una politica di stato per gli USA e per questo conta sul consenso di repubblicani e democratici.
Nonostante l'insuccesso del modello di sostituzione delle importazioni, reso evidente alla fine degli anni '70, molte borghesie latinoamericane mantennero negli anni successivi una certa autonomia, cercando meccanismi di integrazione che sfuggirono al controllo delle multinazionali e al potere economico-militare degli USA. Fu necessario un decennio di offensiva neoliberale, articolata da Washington, con i suoi devastanti effetti di disintegrazione economica e sociale e la perdita di sovranità dei nostri paesi, perché gli ideologi del neoliberismo fossero in condizione di squalificare ogni intento di integrazione regionale latinoamericana.

Ma anche nelle nuove condizioni imposte dalle multinazionali, e anche nel caso la maggioranza dei governi attuali fossero d'accordo con l'integrazione commerciale così come è stabilita, questi stessi governi hanno comunque progetti politici e concezioni molto differenti riguardo alla regione.
Basti solamente menzionare che recentemente (in giugno passato) la Comunidad Andina, con la presenza dei presidenti di Bolivia, Ecuador, Venezuela, Colombia e Perù, decise di dar forma ad un mercato comune regionale che entrerà in vigore nel 2005, proprio la data prevista per l'inizio effettivo dell'ALCA; o la posizione del Brasile che cerca di guidare un MERCOSUR ampliato per negoziare con il blocco del Nord con rapporti di forza più favorevoli; o quella del Cile che ha già fatto accordi bilaterali con il NAFTA e ha proposto l'accelerazione dello stesso; o il Venezuela che ha oggi una relazione di scambio privilegiato con Cuba; o l'Argentina che fa parte del MERCOSUR, ma ha una posizione ambivalente di fronte al NAFTA.
D'altra parte gli accordi commerciali in discussione non solo sono numerosi e complessi, ma anche difficoltosi da realizzare dato che devono rispondere alla molteplicità di interessi economici e politici delle multinazionali, dei grandi gruppi imprenditoriali locali e degli stessi paesi coinvolti. Non è secondario per misurare questo ritardo la situazione sociale e politica conflittuale che vivono numerosi paesi d'America Latina e del Caribe (Perú, Ecuador, Colombia, Bolivia, Messico, Brasile). Ma pare essere proprio questa situazione quella che sta dietro l'anticipazione della realizzazione dell'ALCA per il 2003, alla quale si oppone tenacemente il Brasile.

L'obiettivo è chiaramente politico. Gli USA sono oggi il potere economico e militare egemonico su scala mondiale, ma questo non si traduce in una egemonia politica, al contrario questi disegni provocano numerosi conflitti politici.
In questo senso l'ALCA può essere visto come una versione attualizzata della dottrina Monroe; L'America ai nordamericani; mira attraverso accordi commerciali a cristallizzare le relazioni economiche ma sopratutto politiche degli USA e dell'America Latina e del Caribe, rinforzando così la sua capacità di disputa nei confronti della UE. E' chiaro che non sono estranee a questo disegno le questioni di sicurezza e di stabilità politica del continente in una prospettiva che è di acutizzazione della crisi economica e politica della regione: dove risulta probabile il trionfo del PT nelle prossime elezioni in Brasile, l'affermazione del Frente Amplio in Uruguay, la possibilità che la guerriglia colombiana imponga delle condizioni, l'approfondirsi della crisi di rappresentanza in Argentina...
Per questo l'ALCA deve essere visto anche come componente di un piano più vasto, che include il Plan Colombia, per garantire la stabilità per via militare, e l'eventuale imposizione, come in Ecuador e El Salvador, della dollarizzazione in America Latina e Caribe per garantire la stabilità economica.

Il blocco francese dell'AMI (Acuerdo Multilateral de Inversiones), il frustrato tentativo di imporre una zona di libero commercio nell'area del Pacifico asiatico, e soprattutto il fallimento della OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) a Seattle, prodotto della formidabile mobilitazione congiunta dei sindacati statunitensi e dei movimenti sociali, ma anche delle dispute commerciali tra NAFTA e UE, sono altre ragioni che possono spiegare l'accelerazione dell'ALCA.
E' attraverso questo accordo che gli USA potranno facilitare nella regione misure liberalizzatrici del commercio e dei servizi favorevoli alle multinazionali che ancora non riescono a imporsi su scala mondiale (2).

In una rapida sintesi conclusiva possiamo affermare: 1) l'ALCA non costituisce un progetto di integrazione, è un accordo di liberalizzazione commerciale che implica l'estensione del NAFTA a tutto il continente 2) è un progetto deciso in maniera antidemocratica e che aggraverà la debolezza dei nostri Stati di fronte al potere delle grandi multinazionali 3) E' parte del disegno che punta a stabilire l'egemonia politica degli USA sul continente, come primo passo verso l'egemonia mondiale.

Buenos Aires, 10 febbraio 2001

* dei Militantes Socialistas della CTA. Direttore della rivista marxista Cuadernos del Sur.

Note

(*) I 34 paesi sono: Antigua e Barbuda, Argentina, Bahamas, Barbados, Belice, Bolivia, Brasile, Canada, Colombia, Costa Rica, Cile, Dominicana, Ecuador, El Salvador, USA, Granada, Guatemala, Guyana, Haiti, Honduras,Giamaica, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perú, Repubblica Dominicana, San Cristobal e Nieves, Santa Lucia, San Vicente e le Granadinas, Suriname, Trinidad e Tobago, Uruguay e Venezuela.

(1) Si stima che più di 1.000.000 di posti di lavoro si siano perduti negli USA per la ricollocazione di compagnie in Messico per approfittare della legislazione del lavoro più favorevole. Molti di questi lavoratori hanno trovato nuovamente lavoro con meno sicurezza e salari che risultano del 77% più basso di quelli di prima. Il deficit del Messico si è incrementato fino a 18.6 miliardi di dollari. Nonostante le previsioni di un maggiore sviluppo solo la regione frontaliera ha visto aumentare la sua attività industriale. Ma questo incremento non ha portato prosperità: più di 1.000.000 di messicani lavorano con un salario inferiore a quello minimo. Inoltre la crescita delle attività industriali nella zona ha peggiorato le condizioni ambientali e sanitarie.

(2) Alcune delle conseguenze prevedibili dell'ALCA:
*Totale deregolamentazione dei servizi: educativi, ambientali, sanitari (privatizzazione dell'acqua), postali, energetici, delle comunicazioni.
*Le multinazionali potranno intentare azioni giudiziarie negli USA contro leggi protezioniste o regolatrici che influiscano sui costi di produzione e ovviamente sui loro profitti (vi sono già casi di questo tipo in Canada e in Messico).
*Si forzano tutti i paesi ad accettare le biotecnologia e gli alimenti geneticamente modificati. I paesi si vedranno così obbligati a comprare le sementi brevettate (in mano di poche corporazioni) che renderà completamente dipendente l'agricoltura tradizionale.
*Controllo dei brevetti farmaceutici. Si permetterà inoltre alle compagnie di brevettare le medicine tradizionali espropriando così le popolazioni indigene e il loro sapere ancestrale e la loro eredità culturale.

Riferimenti e Fonti di informazione:

Jeannette Habel: ALCA, una integrazione forzata. Le Monde Diplomatique, ottobre 2000.
Boletín Chiapas al día, nº 222. Messico, novembre 2000
Red Mexicana de Acción Frente al Libre Comercio (RMALC) www.rmalc.org;
Common Frontiers www.web.net/comfront;
Pagina ufficiale del ALCA www.ftaa-alca.org y webmaster@ALCA-FTAA.ORG;
CIEPACwww.ciepac.org;
Banco Interamericano de Desarrollo (BID) www.iadb.org;
Banca Mondiale (BM) www.bancomundial.org;
Fondo Monetario Internazionale (FMI) www.imf.org;
Organización de Estados Americanos (OEA) www.oas.org;
Segretaria de Comercio y Fomento Industrial (SECOFI) www.secofi.gob.mx;
Foro Internacional sobre Globalización www.ifg.org

Nota: Si può chiedere al CIEPAC(ciepac@laneta.apc.org) l'invio settimanale per posta elettronica dei bollettini di analisi "Chiapas al Dia", in castigliano. Se si preferisce lo si può consultare alla pagina web dove si trova anche altro materiale: www.ciepac.org.