La
lotta alla globalizzazione del capitale.
Il
punto di vista di uno dei gruppi protagonisti delle lotte antiglobalizzazione
in Canada. Di Sébastien Bouchard, da La
Gauche. Giugno 2001.
Le prospettive
future. Le campagne
politiche da condurre Campagna
contro la repressione e per il diritto alla dissidenza Ritiro
di tutte le accuse ai nostri compagni Un'inchiesta
pubblica e la rinuncia immediata e totale dell'uso dei proiettili di plastica Campagne
contro il libero-scambio e la globalizzazione del capitale Questione
democratica Abolizione
dell'AFTA Verso
il G8 con un programma di base contro la globalizzazione del capitale La campagna
dei 10 miliardi al provinciale, 50 miliardi al federale
La lotta alla globalizzazione del capitale crea una dinamica di forte mobilitazione,
di radicalizzazione e di convergenza delle lotte, di cui si ritrovano le prime
tracce nella insurrezione zapatista, ma che assume contorni molto più
chiari a partire da Seattle. Nel Québec la lotta contro il MAI (progetto
di istituzione di tribunali mondiali contro le legislazioni nazionali non
compatibili con il libero commercio globale) e soprattutto la marcia mondiale
delle donne e la lotta contro l'AFTA (area americana di libero-scambio) in
occasione del Summit delle Americhe sono state le campagne più importanti
in questo senso. In seguito a queste dinamiche, è ora necessario rinnovare
il movimento sociale del Québec proponendo iniziative politiche che
permettano d'ampliare questa mobilitazione dandole una prospettiva unitaria.
Dopo il grande successo della mobilitazione contro l'AFTA nel quadro del
Summit delle Americhe bisogna domandarsi quali sono gli orientamenti politici
attorno ai quali il movimento sociale del Québec deve organizzarsi.
Diciamo anzitutto che la lotta contro la globalizzazione del capitale è
unificante, radicalizzante e mobilitante:
Unificante, perché i movimenti antagonisti e le popolazioni in genere
sono toccati direttamente dagli attacchi della globalizzazione. Il lavoro,
l'educazione, la sanità, l'ambiente, l'insieme dei diritti sociali
sono argomenti sul tavolo della negoziazione globalizzatrice. Allo stesso
tempo però i gruppi studenteschi, popolari, femminili, ecologisti,
i partiti di sinistra e i sindacati comprendono che le cause che essi difendono
sono tutte quante minacciate, e che un lavoro comune consentirà a tutte
di progredire.
Radicalizzante, perché la lotta contro la globalizzazione del capitale
spinge le differenti anime del movimento a passare da un'analisi settoriale
a un'analisi d'insieme. Così si scopre che i diversi problemi hanno
le stesse cause: gli accordi del libero-scambio, le politiche neoliberiste,
la speculazione, l'alta finanza, la mercificazione generalizzata, la dittatura
del profitto, il capitalismo, il patriarcato. Di più, i settori più
radicali venendo a contatto con il resto del movimento, possono diffondere
più agevolmente le loro idee.
Mobilitante, perché si possono prendere come bersagli direttamente
le persone, i luoghi e gli organismi che complottano per peggiorare le nostre
condizioni di vita. Di più, le vittorie contro il MAI e il vertice
di Seattle hanno provato che la mobilitazione può avere grande influenza.
Essa produce inoltre un effetto di trascinamento che prende, tra le altre,
la forma di una mobilitazione delle grandi centrali, soprattutto sindacali,
che non intendono farsi "scavalcare a sinistra".
Dopo il Summit, bisogna ora condurre anzitutto una campagna contro la repressione
e per il diritto alla dissidenza. Bisogna continuare a lavorare contro la
globalizzazione del capitale collegandola alle lotte nazionali e locali, specialmente
nel quadro di una campagna per il rifinanziamento dei programmi sociali e
contro le privatizzazioni.
La repressione praticata nel Québec è il frutto della più
grande operazione di polizia della storia del Canada nel quadro di un solo
avvenimento (di 3 giorni!). Le cifre ufficiali parlano di 100 milioni di dollari
impiegati in questo tentativo di restrizione dei diritti fondamentali. Circa
450 sono stati gli arrestati e un numero incalcolabile i feriti specialmente
a causa delle 906 pallottole di caucciù e dei 5.148 lacrimogeni (sempre
secondo le fonti ufficiali) utilizzati dalla polizia.
Nel corso dei preparativi del Summit è stato costituito un "Comitato
legale" per indagare le conseguenze della repressione, che si potevano
già prevedere. Una decina di avvocati, hanno partecipato a questo comitato
indipendente, che vedeva la partecipazione di numerose persone, soprattutto
studenti di legge.
Dei 450 arrestati durante i giorni del Summit, circa 250 sono ancora sotto
accusa. Un minimo atto di solidarietà impone che esigiamo il ritiro
di tutte le accuse contro gli arrestati e gli accusati. La Lega dei Diritti
e delle Libertà ha così formulato questa rivendicazione: "Le
violazioni dei diritti fondamentali delle persone arrestate e detenute nelle
stazioni di polizia di Orsainville sono state così massicce e sistematiche
che devono dare luogo a una riparazione giusta e proporzionale all'ampiezza
degli attentati ai diritti fondamentali, dei pregiudizi e delle violenze subite.
Perciò la Lega chiede l'abbandono delle procedure legali contro tutti
gli accusati, la distruzione degli schedari di tutti gli arrestati, il riconoscimento
pubblico da parte delle autorità di aver violato i diritti fondamentali,
il risarcimento dei danni materiali e morali". (Comunicato stampa del
14 giugno)
La richiesta di un'inchiesta pubblica e indipendente sulla repressione
al Summit è stata formulata anche da molti grandi gruppi del Québec
e del Canada, tra cui il Fronte Unico contro il WTO. Si deve chiedere inoltre
la sospensione dell'uso dei proiettili di plastica, che sono stati impiegati
in 906 riprese durante il Summit. Ricordiamo che queste armi sono state bandite
dalla grande maggioranza dei paesi cosiddetti democratici, e che erano molto
usati in Sudafrica ai tempi dell'apartheid e dallo Stato di Israele contro
l'Intifada. Durante il Summit molti sono stati feriti gravemente dai proiettili
di gomma, tra cui un semplice cittadino che ha perso un occhio e un manifestante
trafitto alla gola.
Il concetto di antiglobalizzazione
I media hanno buon gioco a presentarci semplicemente in termini negativi,
come quelli che sono contrari alla globalizzazione. Noi dobbiamo trovare invece
altri modi per cercare di definire in positivo la nostra posizione. L'idea
di una "Mobilitazione per una giustizia globale" utilizzata dalle
coalizioni regionali di Halifax e Toronto (e forse di Boston) è interessante.
D'altronde, è necessario riflettere su ciò che propriamente
è la globalizzazione e cominciare a parlare di imperialismo.
Una delle tattiche impiegate per sensibilizzare la popolazione e i media
sulla questione dei pericoli dell'AFTA è stata la campagna per la "pubblicazione
dei testi". Benché minimalista, questa rivendicazione ha permesso
di dimostrare l'aspetto antidemocratico dei negoziati dell'AFTA. A due settimane
dal Summit, il ministro Petitgrew ha promesso la pubblicazione dei testi dopo
il Summit (poiché diceva di non aver avuto il tempo di farli tradurre!).
Potremo servircene per avere conferma delle nostre apprensioni nei confronti
delle conseguenze degli accordi. A livello democratico, bisognerà soprattutto
condurre una battaglia per un referendum continentale, che dovrà essere
ripreso dai movimenti popolari di tutte le Americhe.
Alla fine, l'obiettivo resta l'abolizione dell'AFTA, la cui firma è
prevista prima del 2005. Il Summit di Buenos Aires è una data importante
attorno alla quale bisognerà moltiplicare le iniziative locali. L'idea
di uno sciopero panamericano è accarezzata da molti e offrirebbe l'immagine
di un'azione internazionalista di ampiezza storica. Questa lotta all'AFTA
deve assolutamente tenersi e dopo il Summit appare un obiettivo praticabile.
Ciò implica, tra le altre cose, un lavoro di coscientizzazione intensa
e di forti dibattiti interni per mettere fine a un approccio concertativo
proposto da numerosi gruppi.
Questa mobilitazione contro i capi di Stato degli 8 paesi più potenti
del pianeta offre la possibilità di elaborare un programma internazionalista
molto più completo che un semplice "No all'AFTA".
In effetti poiché questo incontro non prevede la negoziazione di accordi
specifici la campagna potrebbe essere portata su:
- l'abolizione del debito dei paesi del Terzo Mondo
- la tassazione delle transazioni internazionali (Tobin Tax)
- l'abolizione dei paradisi fiscali
- l'annullamento del Piano Colombia
- l'abolizione di APEC (Cooperazione economica dell'Asia e del Pacifico),
AFTA, WTO, FMI e Banca mondiale.
Il lavoro di coscientizzazione e di mobilitazione dovrà allora indirizzarsi
più sulle alternative alla globalizzazione della miseria che alla semplice
descrizione delle sue conseguenze. Bisognerà anche riflettere sul ruolo
dell'ONU e delle sue varie componenti. A livello di organizzazione delle iniziative,
per il G8, bisognerà imparare dal Québec e non ripetere i nostri
errori e le nostre divisioni, ma piuttosto proporre un approccio unitario
che lasci spazio a tutte le componenti del movimento nel rispetto delle diversità
delle tattiche.
A livello più generale, la campagna nazionale che combina il fatto
di essere unificatrice, mobilitante e radicalizzante, permettendo delle vittorie
a breve termine, è la campagna per il reinvestimento pubblico consistente
e immediato in programmi sociali (10 miliardi al Québec, 50 miliardi
al federale) e contro le privatizzazioni. Ad ogni campagna elettorale, e sicuramente
a ogni finanziaria, questa questione va posta.
Di più, il reinvestimento (in seguito ai tagli indiscriminati degli
ultimi anni) è facilmente comprensibile dall'insieme della popolazione,
direttamente toccata dai servizi offerti, e dal loro impiego: anche questo
indica che è mobilitante e unificatrice. Tutti sono toccati da queste
questioni, che si tratti della sanità, dell'educazione, della funzione
pubblica, del finanziamento dei gruppi popolari (e della solidarietà
internazionale), dell'equita salariale o delle sovvenzioni ai diversi progetti
ecologici (trasporti comuni, agricoltura biologica) o alternativi,.
Se essa è ben articolata, una politicizzazione può essere tentata
nel quadro di questa campagna. L'osservazione delle disuguaglianze provocate
dalle trasformazioni della fiscalità degli ultimi 20 anni (paradisi
fiscali, esenzioni fiscali, diminuzione delle imposte per i ricchi e le imprese,
ecc.) permette di fare una analisi di classe molto chiara. La questione del
tipo di servizi pubblici e di lavoro che noi vogliamo, in modo particolare
la sua democratizzazione, deve anch'essa essere sollevata. L'autonomia dei
gruppi popolari è legata a questa democratizzazione e al rifinanziamento
dei servizi sociali. Finalmente, un'apertura verso la battaglia alla globalizzazione
del capitale si fa attraverso il dibattito sui paradisi fiscali, la Tobin
tax e l'esodo dei capitali. Il ruolo dell'alta finanza internazionale è
anch'essa un obiettivo diretto.
Le campagne contro la globalizzazione del capitale e quelle su rifinanziamento
e privatizzazioni devono coordinarsi in maniera dinamica e tutte le forze
vive del Québec, pronte a mobilitarsi su obiettivi progressisti, dovranno
incontrarsi per coordinare il loro lavoro e stabilire veri legami di solidarietà.
Questo contesto offre la possibilità, al Québec, di coalizzare
il movimento sociale in un'ottica combattiva (legata a lotte concrete) e contro
la concertazione, attorno a campagne politiche chiaramente anti-neoliberiste
che portino a una riflessione sul sistema capitalista e le sue alternative
a corto, medio e lungo termine.