Dopo Genova: 10, 100, 1000 social forum.
Polemica con Rovelli sui destini del movimento REDS. Agosto 2001..


 

Le giornate di Genova hanno dimostrato che è possibile, a sinistra, un dialogo, tra le pur diverse componenti di questo movimento. E' nato soprattutto un "metodo di lavoro" la possibilità di discutere, cercando di andare "oltre le discriminanti ideologiche", determinare obiettivi e costruire mobilitazione.

E forse per la prima volta, questi obiettivi non sono ridotti al minimo comune denominatore al fine di poter contenere tutte le specificità. Certamente per la prima volta si sono sperimentate forme di "opposizione graduate" (le diverse piazze tematiche) che convergevano però su di un unica meta: contrastare il vertice del G8 e smascherare il suo finto buonismo per far vedere a tutti il vero volto del dominio degli imperialismi.

Le mobilitazioni che sono seguite alle giornate di Genova hanno dato ragione a questa pratica. Ma ora tutti si domandano: che si fa ? Dopo questa esperienza smobilitiamo e torniamo a casa, a coltivare ognuno il proprio orticello per dimostrare che è più verde di quello degli altri?

Con l'assassinio di Carlo Giuliani, i pestaggi indiscriminati ed il massacro della scuola Diaz, la destra ha aperto gli occhi a quanti, buoni ultimi i diessini, credeva ancora nella politica dell'alternanza e della concertazione.

Dunque il GSF è stato un utile esperimento, al di là dei limiti che abbiamo sottolineato in altra parte, legato alla lotta al G8, può divenire esempio per altre occasioni. Il dibattito è senz'altro aperto.

L'intellettuale Marco Revelli, in una lettera aperta indirizzata ad Agnoletto, portavoce del GSF e pubblicata sul sito e sul settimanale Vita, di area pacifista non-profit, scrive per invitarlo a tornare al suo lavoro di medico e al sociale:

(...) Ritorna al tuo lavoro importante e prezioso di medico, e di rappresentante della Lila. sfuggi, se puoi - se la pesantezza della repressione te lo permette, se l'urgenza di un'informazione veritiera che dissipi le calunnie te ne lascia lo spazio -, alla tentazione di formalizzare oltre i suoi compiti il Genoa Social Forum, di trasformarlo in una struttura permanente di rappresentanza, o peggio in un 'soggetto politico'. Il Genoa Social Forum è nato per gestire -per quanto la situazione lo permettesse, nei limiti in cui quella realtà eterogenea si lasciava 'gestire', - le giornate di Genova. Non credi che sia giusto che finisca con quelle? Non pensi anche tu che sarebbe un errore illudersi di poter continuare a 'rappresentare' la realtà multiforme che le ha vissute? Intanto perchè quella realtà è irrappresentabile. Non è un 'soggetto politico', nemmeno potenziale. Tutt'al più è un soggetto etico infinitamente plurale, poliglotta, mutevole, che ha nella molteplicità dei suoi linguaggi e nella molteplicità concreta delle esperienze quotidiane di ogni suo piccolo segmento la propria forza. pensare di ricondurlo all'unità forzata di un linguaggio uniforme e di un progetto politico unitario significherebbe strangolarlo nella culla. O perlomeno insterilirlo, impoverirlo, disseccarlo. (...)

Ecco noi la pensiamo esattamente all'opposto. Possiamo essere d'accordo che questo movimento è altro che "classe" o "soggetto politico", ma rappresenta un'esperienza unica in questi tempi. La quale ha prodotto aggregazione e non disaggregazione, e questo non ci sembra poco. E' un metodo questo sì, possibilmente da riprodurre in altre situazioni. Dobbiamo praticare tavoli di discussione e azione permanente che:
- non isteriliscano e non annullino le specificità esistenti;
- rappresentino un livello maggiore di unità, che quello di un coordinamento degli "strumenti" organizzativi esistenti;
- servano a rivilitalizzare i fans della teledemocrazia, il cui livello politico, per troppo tempo, è stato ridotto al solo tifo da sofà, incrementando la partecipazione;
- interessi i giovani e li aiuti ad affacciarsi alla politica.

Non si deve vedere questo movimento come la soluzione della crisi delle "forme di rappresentanza delle classi subalterne", ma ben più semplicemente una forma di dibattito permanente tra le varie realtà antagoniste al pensiero ed al mercato unico. e un possibile terreno di intesa per l'azione comune.

Per questo, pensiamo alla creazione di Social Forum territoriali, dove collettivi, associazioni, sindacati di base e non, partiti, centri sociali, ognuno con la propria autonomia decisionale, riconoscano il valore dello scambio politico e la necessità vitale del confronto nella sinistra e nell'opposizione sociale.

Da settembre in tutte le realtà, dove ci sarà la possibilità, devono essere indette riunioni di tutte quelle entità che intendono lottare contro la globalizzazione, e che devono discutere e preparare, ad un livello più alto, nuovi obiettivi, e nuove manifestazioni per sostenerli. E "approfittino" del movimento, per creare o rafforzare alla base anche il lavoro contro gli effetti della globalizzazione nella nostra vita quotidiana.

Pensiamo che questi Social Forum, costruiti dal basso, non debbano ridursi solamente alla pur giusta opera di informazione alla gente sui fatti di Genova, o a preparare i nuovi appuntamenti di fine anno per Roma o Bruxelles: pensiamo che tematiche come l'immigrazione, le privatizzazioni, i contratti e le condizioni di vita dei lavoratori, siano temi avanzati strettamente collegati alla battaglia per "un altro mondo è possibile", che deve trasformarsi in "vogliamo un altro mondo e ci battiamo per ottenerlo".