Genova-Porto Alegre-Firenze-Cosenza...
Giovedì 21 novembre, presso la Camera del Lavoro di Milano, si è tenuto un incontro organizzato dal PRC dal titolo "Bilancio e prospettive di una straordinaria crescita del movimento contro la guerra e di critica alla globalizzazione". Roberto De Maria e Christian Elevati hanno assistito all'incontro e riassumono i vari interventi, dai quali traggono qualche conclusione sui nodi del dibattito interno al movimento. Dicembre 2002.


Giovedì 21 novembre, presso la Camera del Lavoro di Milano, si è tenuto un incontro organizzato dal PRC dal titolo "Bilancio e prospettive di una straordinaria crescita del movimento contro la guerra e di critica alla globalizzazione".

La serata è stata densa di analisi e di contenuti, sollevando questioni fondamentali per il futuro del Movimento di movimenti.

Hanno Parlato, nell’ordine, Augusto Rocchi (Segretario Provinciale del PRC di Milano), Emilio Molinari (Associazione Punto Rosso), Sandra Mecozzi (FIOM nazionale), Luciano Muhlbauer (Sin. COBAS — FSE), Daniele Farina (Disobbedienti), Marco Bersani (Consiglio Nazionale Attac Italia), Vittorio Agnoletto (Consiglio Internazionale Forum Sociale Mondiale) e infine Gennaro Migliore (Segreteria Nazionale PRC), che ha concluso i lavori. Assente giustificata Raffaella Bolini (responsabile ufficio internazionale ARCI). Durante la serata ha preso la parola anche una persona non prevista dal programma, di cui, per nostra distrazione, non siamo riusciti a capire il nome e l’associazione di appartenenza. Abbiamo comunque riportato la sintesi del suo intervento, al pari di quello degli altri relatori.

Augusto Rocchi

L’intervento vuole evidenziare alcuni dei temi centrali dell’intera serata. Innanzitutto il dato di fatto della grande esperienza di Firenze e sotto un duplice aspetto:

  1. La ricchezza di proposte politiche e la chiarezza raggiunta sugli obiettivi individuati;
  2. L’evidente crescita e allargamento dello schieramento che compone il Movimento, sia nei confronti di singoli individui che di gruppi e associazioni (di notevole importanza il coordinamento con il movimento dei lavoratori).

Ma Firenze è stata anche la sconfitta di coloro che per mesi hanno paventato pericoli e rischi, con il duplice obiettivo di oscurare il lavoro del Movimento sui contenuti e di creare divisioni al suo interno. La stessa condanna di eversione alla base dei recenti arresti di attivisti nel Sud Italia appare come un’evidente provocazione e sa di vendetta: certi apparati di potere hanno voluto vendicare il fallimento della loro strategia del terrore.

Ma c’è di peggio in quegli arresti: nei capi di accusa della Procura di Cosenza viene messa in discussione per chiunque, in quanto considerata "illegale", la libertà di esprimere dissenso, opposizione, conflitto in modo pacifico e democratico.

Accuse analoghe, sebbene con effetti repressivi più contenuti, sono state formulate anche contro rappresentanti dei Girotondi e contro lavoratori che hanno manifestato per i propri diritti. Ora, se c’è qualcosa di "eversivo" in tutto quello che sta accadendo, è proprio nella repressione violenta del dissenso.

Il Movimento, come ha già dimostrato di saper fare, non deve cedere alle provocazioni e cadere nella spirale "repressione-violenza", ma protestare con forza, fare valere idee e progetti. Su quali temi? Ecco i 5 grandi temi da sviluppare:

  1. La lotta contro la guerra
  2. La tutela delle risorse naturali contro ogni privatizzazione (vedi, per esempio, la messa in vendita per legge di tutti gli acquedotti italiani)
  3. I diritti del lavoro (lotta al precariato, difesa ed estensione dell’articolo 18, diritti dei migranti, crisi della FIAT ecc.)
  4. La critica alle politiche economiche neoliberiste
  5. La costruzione di una soggettività politica plurale, non tradizionalmente intesa come "partito", con un progetto alternativo di società, che sia unitaria a partire dai contenuti e non dagli schieramenti politici di provenienza.

Emilio Molinari

L’enorme successo di Firenze sta anche nei 62.000 iscritti ai dibattiti, nel modo in cui si sono confrontate persone provenienti da tutta Europa e anche da altre parti del mondo. Si è assistito a una grande scuola di massa, a un grande mass media diretto. Solo in questo modo può essere pensabile una ricostruzione della sinistra. Occorre partire da contenuti che si potrebbero definire "primordiali": diritto alla vita (all’acqua, alla salute, all’educazione), pace, lavoro, Tobin Tax. In particolare, intorno al problema dell’acqua sta già lavorando un gruppo parlamentare che ruota intorno a Vendola e Folena. Si tratta appunto di un gruppo che è sorto sulla base di un valore condiviso e non del partito di appartenenza.

Sul tema degli arresti legati alla Rete del Sud Ribelle, occorre rilevare anche, in correlazione con la condanna ad Andreotti, il tentativo di delegittimare la magistratura e di ridurne l’autonomia. Sul tema della giustizia i "girotondini" sono stati da subito molto attivi; anche il Movimento dovrebbe prestare più attenzione a questa delicatissima questione.

Altro tema cruciale, anticipato da Augusto Rocchi, riguarda la rappresentanza del Movimento come soggetto politico. Tale rappresentanza in Italia risulta gravemente compromessa dopo l’introduzione del sistema elettorale uninominale maggioritario e dei Sindaci Podestà.

Se non si riesce a trovare una sintesi fra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa i progetti del Movimento resteranno lettera morta.

Sandra Mecozzi

Dopo Firenze lo stato d’animo è contraddittorio: da un lato c’è la gioia per il grande successo in termini di partecipazione e di maturità raggiunta, dall’altro la preoccupazione e la rabbia per gli arresti degli attivisti. Stando all’interno di questo stato d’animo è però possibile tracciare conclusioni e individuare prospettive, soprattutto intorno a tre questioni.

A) La questione "Europa". Sicuramente a Firenze un obiettivo è stato raggiunto: ci si è ascoltati e confrontati nel senso più profondo dei termini. A Firenze si è vista un’altra Europa rispetto a quella delle Istituzioni economiche e politiche neoliberiste, un’Europa senza armi e senza guerre. Niente a che vedere con i discorsi in corso [giovedì 21 novembre, ndr] a Praga su una NATO allargata e armata.

B) La questione "diritti fondamentali del lavoro". Per la prima volta a Firenze si è vista la partecipazione della CES (Confederazione Europea dei Sindacati).

In particolare, in relazione alla crisi della FIAT, sarebbe importante agire a livello europeo, con lo sciopero previsto per febbraio 2003 per esempio, e non solo per solidarietà nei confronti dei lavoratori, ma anche perché la dignità del lavoro è una priorità per tutti. La questione del lavoro è per il Movimento un vero e proprio banco di prova.

C) La questione "soggetto politico". Chi costruisce le alternative al sistema dominante? Innanzitutto bisogna rilevare che tale costruzione di alternative è già cominciata dal primo Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, è proseguita fino a Firenze ed è tuttora in corso. Il "chi" della domanda precedente va ricercato nella modalità di partecipazione molto allargata e diffusa ai lavori. Nulla è stato deciso a tavolino e questo lavoro di costruzione partecipata dal basso deve poter continuare la sua strada senza nessuna interferenza da parte di chi vorrebbe la costruzione di un partito o di un’egemonia ideologica unitaria. Così come bisogna fuggire il protagonismo mediatico autoreferenziale di alcuni politici. Il movimento è in una fase nella quale non deve avere fretta di costituirsi come un unico nuovo soggetto politico.

Naturalmente l’unità nella lotta per la difesa di diritti condivisi è fondamentale affinché possa essere efficace, e anche la recente reazione agli arresti ha nuovamente confermato l’altissimo livello di unità cui il Movimento può giungere. Ma si tratta sempre di un’unità nata da pluralità che si contaminano e influenzano, un’unità costituitasi come rete basata su contenuti.

Luciano Muhlbauer

La repressione e l’inasprimento dell’ordine pubblico sono una chiara azione politica per tentare di cancellare tutto ciò che ha rappresentato Firenze. La risposta del Movimento deve essere ferma e decisa, ma assolutamente non violenta. La migliore risposta è riprendere le battaglia e i contenuti di Firenze.

Dobbiamo entrare nell’ottica che la repressione non si fermerà, dobbiamo abituarci a lottare in questa dimensione caratterizzata dal restringimento degli spazi democratici e di criminalizzazione del Movimento.

Dopo Genova, Firenze è lì a dimostrare che quello dei movimenti non è un fenomeno effimero, bensì radicato e in crescita. Il Movimento ha dimostrato di sapersi allargare, di non chiudersi su se stesso. Nuove forze e nuovi soggetti politici si sono aggiunti, compresi numerosissimi giovani o persone non appartenenti a nessuna associazione. Si tratta evidentemente di un grande risultato politico che ad alcuni fa paura. A Genova vi erano pochi lavoratori, a Firenze moltissimi. Non è un caso che lo striscione in testa al corteo di sabato fosse quello degli operai della FIAT.

Firenze ha anche lanciato un messaggio di grande maturità politica, mostrando la capacità collettiva di gestire un evento di quelle dimensioni. Diverse forze e gruppi avevano predisposto un servizio d’ordine interno, ma non ce n’è mai stato bisogno.

A Firenze è nato un forte coordinamento a livello europeo, che ha visto il coinvolgimento di oltre cinquecento organizzazioni, provenienti da paesi anche al di fuori delle nazioni che costituiscono l’attuale Unione Europea.

Dopo Firenze si può considerare un dato di fatto l’esistenza di un nuovo spazio politico non solo alternativo al Centro-Destra, ma anche alle Sinistre europee come quella rappresentata da Tony Blair.

Il problema della rappresentanza politica del Movimento è un problema estremamente complesso, ma certamente non può trovare risposta nei DS di Fassino. Non possono servire le risposte date in passato, si sono dimostrate tutte fallimentari. Bisogna partire dal modo di fare politica emerso nei Forum, favorire momenti di convergenza, possibilmente su scala internazionale.

Daniele Farina

Con Firenze si è aperto uno spazio politico molto più ampio ma, nello stesso tempo, la mole di problemi e di contraddizioni con cui il Movimento si deve confrontare è decisamente cresciuta.

Non è un caso se i recenti arresti si sono concentrati sul Sud Italia, luogo di contraddizioni socio-economiche per eccellenza.

Da notare che nonostante i blocchi della circolazione ferroviaria e dello stretto da parte dei lavoratori di Termini Imerese, nessuno abbia parlato di "violenza" per definire le loro forme di protesta. Questo fatto ci porta ad approfondire il tema della disobbedienza civile: come si è affermato il diritto di sciopero in Italia? E i sindacati americani, negli anni Venti, che tipo di forma di lotta scelsero?

La disobbedienza civile rappresenta lo strumento con il quale difendere i diritti fondamentali contro leggi ingiuste e come tale dovrebbe rappresentare la forma di lotta del Movimento.

Per quanto riguarda la rappresentanza del Movimento, a differenza di alcuni interventi precedenti, è necessario sottolineare la necessità di creare un soggetto unitario, nello stesso tempo ampio e allargato. Occorre partire dalle esperienze di unità quale quella, per esempio, con i lavoratori della FIAT di Arese o con i migranti in occasione della manifestazione del 30 novembre a Torino.

L’unità del movimento deve inoltre misurarsi sui "territori" per realizzare concretamente azioni nella direzione disegnata a Firenze. È tempo non solo di "resistere, resistere, resistere", ma anche di aprire il respiro, le ali.

Marco Bersani

Se consideriamo il disastro ecologico al largo della Galizia, possiamo ritrovarvi tutto l’orrore del neoliberismo: precarizzazione del lavoro, attacco all’ambiente e alla qualità della vita, distruzione delle economie locali (nel caso della Galizia, la pesca e il turismo) ecc. Quando il Movimento sarà in grado di leggere tutti i fenomeni locali anche in un ottica globale, avrà raggiunto un livello di maturità considerevole.

A Firenze si è assistito alla sintesi fra la capacità di mobilitazione espressa a Seattle e la capacità di sviluppare contenuti di Porto Alegre. Se proseguirà in questa direzione, il Movimento sarà inarrestabile, continuamente in ascesa. I risultati raggiunti fino a oggi, però non possono e non devono essere capitalizzati da nessuno dei vari soggetti che vi hanno contribuito, poiché si tratta del frutto di un lavoro collettivo.

Occorre allargare e radicare le reti nazionali, ma, nello stesso tempo, vi è la necessità di relazionarsi a livello internazionale sui grandi temi. A Firenze per la prima volta in modo forte è stata l’Europa il vero terreno di conflitto e di lotta politica sui temi dell’attacco ai diritti del lavoro e ai beni comuni. Nel futuro vi è la sfida ad attrarre forze sempre maggiori su temi condivisi. Temi che non possono essere considerati come scissi fra di loro. Se prendiamo ad esempio il tema della guerra, non possiamo non considerarla in stretto legame con i conflitti sociali, economici e migratori.

In particolare, la questione dei migranti riguarda noi tutti, e non solo per un sentimento di solidarietà, ma anche e soprattutto perché è in corso un processo di "clandestinizzazione" del lavoratore. In altre parole, il lavoratore immigrato rappresenta oggi il prototipo del lavoratore in quanto tale, spogliato dei suoi diritti, così come lo vogliono governanti e imprenditori. Difendendo i diritti dei migranti, dunque, si difendono i diritti di tutti. Smettiamola di parlare di precarietà e di lavoro garantito, come se della precarietà dovesse occuparsene esclusivamente il Movimento e di lavoro garantito i sindacati tradizionali. Dobbiamo prendere atto che allo stato attuale delle cose esistono soltanto condizioni di più o meno elevata precarizzazione.

Quando parliamo di beni o di diritti universali, di tutti, stiamo dicendo che la politica deve riprendere il primato sull’economia, perché tali beni non sono negoziabili. Un esempio di tale primato è rappresentato dal "bilancio partecipativo", ma quando ne parliamo non dobbiamo dimenticare che la sua concreta realizzazione richiede un lungo e faticoso radicamento sul territorio, richiede una forte responsabilizzazione di tutti. È chiaro che laddove prevalgono politiche di privatizzazione, il "bilancio partecipativo" risulta impossibile.

Per quanto riguarda, infine, gli arresti, due cose. 1. Siamo ancora lontani dal capire come funzionano gli apparati del potere repressivo, sia sul piano militare che politico. 2. A Genova non è andata male perché il Movimento è stato "cattivo". A ogni tentativo di criminalizzazione bisogna rispondere con intelligenza politica propositiva e includente, partendo dal dato di fatto che, essendo noi tutti parte dei problemi, noi tutti dobbiamo essere parte della soluzione.

Vittorio Agnoletto

Innanzitutto, d’accordo con Rocchi, la vicenda degli arresti non può essere compresa se sganciata dai contenuti che il Movimento sta portando avanti. Dopo Firenze, infatti, si sono verificati tre fenomeni inscindibili fra di loro: 1. Gli arresti; 2. I risultati di un’indagine che mostra come almeno il 58% degli Italiani condivide i contenuti del Movimento; 3. Il tentativo da parte di numerose personalità del mondo politico o sindacale di attribuirsi la paternità del successo di Firenze.

Per quanto riguarda il punto 1, bisogna aver chiaro che non si è trattata di una vendetta pensata il giorno dopo, poiché gli arresti sono arrivati dopo molti mesi di indagini, iniziate all’indomani dei fatti di Genova, anche in coordinamento con la Polizia (che non a caso ha gestito lo sgombero violento della Diaz) e sotto l’ala protettiva di alcuni esponenti di Alleanza Nazionale, presenti in questura nei giorni del G8. Sconfitti dalla grande risposta di piazza rappresentata da tutte le manifestazioni cui il Movimento ha dato vita da allora sino a Firenze, visto dunque il fallimento della strategia "militare", i Carabinieri hanno visto bene di mettere in piedi il famigerato teorema accusatorio contro la Rete del Sud Ribelle.

Punto 2: visto il consenso sempre più ampio che il Movimento sta ottenendo sui contenuti che porta avanti, occorre pensare ora risolvere la questione di come trasformare queste proposte in idee politiche in grado di coinvolgere il numero più ampio di persone possibile. La strada è lunga e complessa e prevede tre fasi essenziali: a) sollevare il dubbio sulle pratiche economico-politiche dominanti; b) creare consapevolezza; c) motivare alla partecipazione.

Punto 3: c’è chi, come Cofferati, ritiene che spetti al sistema politico dare risposte ai bisogni e alle domande individuate dal Movimento. Ma con questo atteggiamento si cancellano con un solo gesto tutte le risposte definite dal Movimento: è su queste che bisogna confrontarsi, poiché il Movimento non ha bisogno di "padri", bensì di "compagni di squadra", non cerca una leadership, ma un confronto democratico sui contenuti. Sul tema dell’Europa, ad esempio, benché il Movimento italiano sia rimasto un po’ indietro rispetto al resto d’Europa (a causa di alcuni elementi antieuropeisti presenti al suo interno), può oggi, soprattutto dopo Firenze, confrontarsi sulla questione dei diritti universali contro i diritti di cittadinanza. Il primo passo dovrebbe essere poter partecipare alla definizione della Costituzione europea, quantomeno su pochi semplici punti. E allora perché non proporre che l’articolo primo della Costituzione Europea sancisca che l’Europa ripudia la guerra sotto ogni sua forma?

Infine, il problema — complicatissimo - della rappresentanza politica del movimento. Il Movimento potrà avere un forte ruolo di soggetto politico solo quando i contenuti che sviluppa saranno portati alle estreme conseguenze. Per esempio, se per la maggioranza degli italiani la libera circolazione dei migranti rappresenta un diritto inalienabile, allora la legge Bossi-Fini e i Centri di Detenzione Temporanea debbono essere cancellati. I punti di incontro si raggiungono solo nelle lotte che si fanno, nelle azioni concrete condivise, cosa che sarebbe impossibile delegando le risposte ad alcune forze politiche. Concludendo, non è affatto vero che la maggioranza si conquista inseguendo posizioni moderate o riformiste, ma facendo emergere contenuti radicali, non negoziabili, comunicati in modo tale che possano essere comprensibili e coinvolgenti.

Persona non identificata

In effetti i compagni arrestati sono colpevoli, colpevoli di sovvertimento dell’ordine dominante. Ciò non stupisce in un contesto di globalizzazione della repressione. Si pensi, per esempio, alla messa al bando di Batasuna (in tutto una quindicina di persone, fra dirigenti e parlamentari): per capire che cosa sia successo in Spagna bisognerebbe immaginare che in Italia, a un certo punto, il PRC venisse dichiarato illegale.

Ma il Movimento deve proseguire sulla strada tracciata a Firenze. E se le parole di Firenze non devono rimanere lettera morta, allora contro la guerra deve diventare realtà lo sciopero Europeo in programma per febbraio 2003. E contro il dissesto della sanità in Lombardia bisogna essere altrettanto duri. Non è un caso se alcuni degli arrestati hanno tentato di protestare contro la dissoluzione della sanità pubblica in Puglia. Più saremo in grado di creare reti internazionali, più la nostra protesta e le nostre proposte saranno efficaci.

I terreni sui quali è importante che il Movimento possa dire la sua con sempre maggior forza sono sicuramente la sanità (compresi i problemi nella gestione della Psichiatria), i diritti del lavoro, la scuola, la RAI e il sistema pubblico in generale.

Sulla criminalizzazione del Movimento occorre togliere ogni ambiguità: non ha senso dividere il Movimento fra "buoni" e "cattivi". Il modo migliore è quello di chiarire il più possibile che cosa si intende per "violenza" e chi si macchia di azioni violente, se il Movimento o non, invece, chi cerca in ogni modo di reprimerlo.

Sulla rappresentanza, non ha senso parlare di un fantomatico partito dei No Global, ma bisogna lavorare per un modo completamente diverso di collaborare tutti insieme nella costruzione di una società diversa.

Gennaro Migliore

L’unità del movimento non è un dato scontato. Quando è mancata l’unità, è venuta meno ogni possibilità di realizzare un’opposizione efficace. A Praga, per esempio, in occasione della manifestazione anti-Nato si sono verificati scontri con presunti "compagni", Black Blok che hanno cacciato con la forza Attac Germania dal corteo e che hanno malmenato due manifestanti per il solo fatto di sventolare una bandiera rossa, al grido di "bolscevichi". L’unità è un’opzione irrinunciabile, ma non è ancora stata inseguita con perseveranza né è divenuta qualcosa di solido.

A Praga Bush ha ribadito la sua visione apocalittica della guerra: gli stati "canaglia" o, come sarebbe più corretto tradurre, gli stati "gramigna" devono essere estirpati, spazzati via o completamente assoggettati. Contrastare questa visione, in sé eminentemente "eversiva", rende il Movimento estremamente "sovversivo" agli occhi del potere dominante. Contrastare manifestazioni di pensiero "sovversive" nel senso appena chiarito è ciò che sta alla base di una legge della Repubblica Ceca (la 367 del 1999), secondo la quale non vi è la possibilità di sapere perché si viene espulsi da tale paese; tali ragioni possono anche essere dipendenti da disposizioni internazionali, recita la legge. Siamo di fronte a nuove modalità repressive costruite appositamente per contrastare la novità nel dissenso rappresentata dal Movimento.

In questo momento storico cruciale, la politica mostra tutta la sua afasia. Quando, come fa il Movimento, si rifiutano in toto le politiche neoliberiste, si pone un confine netto con la politica "istituzionale". E quando si critica il movimento affermando che "non ce la fa" ad avere uno sbocco politico, bisogna intendersi. Se lo sbocco politico è rappresentato dai partiti tradizionali e tradizionalmente intesi, è impossibile che il Movimento possa avere un tale sbocco. Diverso è invece passare sul piano delle analisi sui contenuti e delle proposte del Movimento. È qui che il movimento ha già dimostrato momenti di unità politica molto forti. Si pensi, per esempio, al progetto Action for Peace, che l’ha visto protagonista di azioni di interposizione pacifiche in Palestina fra l’esercito israeliano e i Palestinesi.

Altro tema cruciale, come è già stato rilevato in precedenti interventi, è quello dell’Europa, di un’Europa che non sia soltanto il luogo dove deputati e rappresentati dei partiti decidono per tutti, soprattutto sui beni comuni inalienabili. Su questi ultimi è impossibile scindere la lotta per la tutela del servizio pubblico della RAI da quella contro la privatizzazione dell’acqua.

Concludendo, la forza politica del Movimento si misura sul terreno dell’unità nella radicalità dei contenuti difesi, senza che nessuno pensi di assumerne la leadership o la paternità. La direzione scelta dal PRC va proprio in questa direzione: essere una forza alla pari delle altre nel Movimento e, nello stesso tempo, consentire una rappresentanza dello stesso anche attraverso i canali istituzionali.

CONCLUSIONI

Sulla base degli interventi che abbiamo sopra riassunto, possiamo segnalare i punti che li accomunano e quelli invece dove registriamo dei punti di vista tra loro diversi.

Posizioni concordanti: la forza e la consapevolezza del Movimento di movimenti

Sulla base degli interventi, possiamo considerare il Movimento in una fase di maturità e consapevolezza del proprio percorso.

In particolare, il successo del Forum Sociale Europeo di Firenze, come evento che ha realizzato e dimostrato la forza del Movimento in termini di:

  • ricchezza di contenuti, in relazione ad argomenti di carattere sociale, economico e politico;
  • definizione sempre più chiara e precisa degli obiettivi da perseguire;
  • nascita di una nuova visione dell’Europa, diversa da quella delle Istituzioni economiche e finanziarie, senza armi né guerre, liberata dalle strangolanti politiche antisociali;
  • crescita e radicamento, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo;
  • capacità di mobilitazione in termini di coordinamento e organizzazione;
  • maturità politica e di comportamento, anche in relazione alle provocazioni.

La persistente strategia di repressione da parte del cosiddetto Pensiero Unico nei confronti del Movimento, testimoniata, in ultimo, dagli arresti di alcuni compagni.

Ciò si concretizza sotto forma di:

  • vendetta di alcuni poteri forti dello stato (asse CC, Polizia, AN)
  • tentativo di delegittimare la Magistratura, proseguendo nella strategia di erosione del principio costituzionale di separazione dei poteri, anche mediante la riduzione dell’autonomia dei magistrati in Italia;
  • attacco volto alla disarticolazione del Movimento al suo interno, attraverso la messa al bando della sua componente verbalmente più radicale, e delegittimazione dello stesso agli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale, che lentamente continua ad avvicinarsi in massa al Movimento;
  • globalizzazione della repressione politica e culturale, in continuità con quanto avviene in altre parti del pianeta (Batasuna in Spagna, EZLN in Messico ecc.).

Differenze: la costituzione di una nuova forza politica o di una società diversa?

Per altri aspetti vi sono nodi da sciogliere e tanto lavoro ancora da fare.

In particolare, il tema del futuro del Movimento, rispetto alla necessità o meno di costruire un nuovo soggetto politico plurale, agli obiettivi strategici di questo soggetto, alle modalità di attuazione del cambiamento.

In tal senso possiamo individuare due distinti filoni di pensiero, non esenti da contraddizioni.

Il PRC:

occorre costruire una soggettività politica nuova e plurale, che non sia un partito nell’accezione tradizionale e che abbia un progetto alternativo di società fondato sui contenuti e non su posizioni ideologiche.

In questo percorso nessuna componente del Movimento deve avere ambizione di egemonia. Il ruolo del PRC può essere quello di consentire, in virtù della sua natura, una rappresentanza del Movimento anche attraverso i canali istituzionali.

Il movimento più "vicino" alla cosiddetta società civile (Punto Rosso, Disobbedienti, Attac, Forum Sociale Mondiale) e il movimento dei lavoratori, (FIOM e SIN. COBAS):

più che un nuovo soggetto politico si deve realizzare un’alternativa al sistema attuale, caratterizzato da pesanti vincoli all’esercizio della cosiddetta "democrazia dal basso" (il sistema elettorale di tipo maggioritario, il sistema di elezione dei Sindaci e di governo degli enti locali).

Di conseguenza è necessario riempire lo spazio politico che si è creato, allo scopo di passare dalla fase di "resistenza" e opposizione alla successiva fase di costruzione di un’alternativa reale, sociale ed economica, in contrapposizione non solo alle destre neoliberiste ma anche alle sinistre "istituzionali" di governo.

Come costruire una società diversa?

Secondo alcuni realizzando una "ricostruzione della sinistra", mediante una sorta di sintesi tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa, in sintonia con la posizione del PRC della rappresentanza attraverso i canali istituzionali.

Secondo altri perfezionando e consolidando la pratica utilizzata sino a oggi, cioè:

  • continuando l’opera di costruzione partecipata dal basso tipica dei Forum (Porto Alegre e Firenze), senza "gabbie" partitiche a rischio di degenerazioni egemoniche; anche perché il Movimento, attraverso i suoi attivisti e simpatizzanti, è parte dei problemi che denuncia, con la conseguenza che deve essere parte anche della soluzione di questi problemi;
  • allargando le reti nazionali e internazionali esistenti, punto di forza del Movimento per il coordinamento (tra le diverse componenti e all’interno delle singole componenti) e per il confronto su obiettivi e contenuti;
  • costruendo punti di convergenza e di incontro mediante campagne e azioni concrete condivise;
  • difendendo il Movimento dalla tendenza (ampiamente presente nelle società occidentali) a delegare alle forze politiche, forze con le quali si devono realizzare rapporti di collaborazione e alle quali non si devono affidare posizioni di guida.

Semi-concordanze: la critica alle politiche neoliberiste

Se entriamo nel merito della critica al neoliberismo, osserviamo che, in linea di principio, l’obiettivo è comune e condiviso, ma nei dettagli possiamo individuare alcune non trascurabili differenze di prospettiva.

Sulla base degli interventi dei relatori, l’opposizione alle politiche neoliberiste può essere scomposta in tre aree differenti: rifiuto della guerra, arresto dei processi di privatizzazione delle risorse collettive (naturali, sociali e culturali), resistenza al progetto di smantellamento dei diritti del lavoro. In questo campo si enucleano tre filoni parzialmente distinguibili.

Il PRC:

L’opposizione alle guerre, alle privatizzazioni e alla soppressione dei diritti dei lavoratori è la "fonte" per realizzare l’unità del movimento, non ancora conseguita.

Pertanto l’unità nella radicalità dei contenuti difesi è la chiave per combattere le politiche neoliberiste da un lato, e per realizzare il cosiddetto nuovo soggetto politico dall’altro.

Il movimento più "vicino" alla cosiddetta società civile (Punto Rosso, Disobbedienti, Attac, Forum Sociale Mondiale):

L’opposizione al neoliberismo è necessaria affinché la Politica possa riprendere il suo primato sull’Economia, primato strappatole dai poteri economici transnazionali. Questo processo è indispensabile, trattandosi di beni e diritti universali, perciò si dovrà sviluppare la capacità di interpretare i fenomeni locali in un’ottica globale, complessiva.

In sintesi, lo sviluppo di una visione d’insieme sui rapporti reciproci tra politica, economia e società è il passo chiave per il conseguimento degli obiettivi del Movimento, e per il conseguente cambio sostanziale delle relazioni necessario per costruire una società alternativa.

Come indurre le istituzioni globalizzanti sulla strada della ragionevolezza e del ripensamento?

Coinvolgendo direttamente le donne, gli uomini e i bambini interessati, creando consapevolezza, capacità di auto-informazione e di auto-organizzazione, anche mediante la pratica della disobbedienza civile, strumento per difendere i diritti fondamentali presi di mira da leggi ingiuste e da politiche non democratiche di repressione e di mantenimento dell’"ordine mondiale", in continuità con le lotte sociali del passato che hanno permesso ai popoli di "guadagnare" gli stessi diritti oggi messi in pericolo.

Il movimento dei lavoratori, (FIOM e SIN. COBAS):

L’aggregazione dei lavoratori al Movimento avvenuta nell’ultimo anno (a Genova erano presenti solo FIOM e Sindacati di Base, a Firenze la CGIL ha partecipato in massa, così come i suoi leader nazionali), e la partecipazione del Movimento alle iniziative di lotta dei lavoratori, sanciscono una comunione non solo di intenti ma anche di pratica politica e sociale.

E’ però cruciale la centralità assegnata dai sindacati alla questione del lavoro nell’ambito degli obiettivi e delle strategie del Movimento.

 

30 novembre 2002

Roberto De Maria e Christian Elevati