Agricoltura e globalizzazione. La produzione di cibo attraverso la agricoltura
globalizzata, i pesticidi, le biotecnologie e lingegneria genetica
non dovevano portarci entro breve alla soluzione del problema della fame?
La realtà è molto diversa. Come a sinistra si affronta questo
problema? Delegare alle "istituzioni internazionali" o internazionalizzare
delle lotte "
dai campi e dalle officine
" Di Loris Brioschi.
Marzo 2003.
Negli ultimi venti anni il numero delle persone
affamate nel mondo, anziché diminuire è cresciuto fino a giungere
oggi alla cifra di oltre un miliardo e duecento milioni. La concentrazione
della proprietà terriera è aumentata e con essa è avanzato
il conseguente processo di impoverimento delle masse contadine. La desertificazione
del territorio è progredita senza sosta e lo stesso equilibrio ecologico
del pianeta da cui dipende la vita della nostra specie ha subito duri colpi.
Oggi, sulla scia delle mobilitazioni per la costruzione di un altro mondo,
da Seattle a Praga, da Genova a Firenze, lavoratori, giovani, donne e contadini
provenienti dai vari angoli della terra si battono contro tutto ciò
e per affermare con la lotta il diritto ad unesistenza in cui ogni essere
umano sia libero dalla fame e della miseria. Vediamo alcuni esempi specifici. In Kenia
e in India, la conversione delle produzioni agricole per lesportazione
ha causato solo un peggioramento delle condizioni di vita. "
Secondo i dati relativi al biennio
'95-'97 il Kenya, con oltre il 77% di popolazione dedita all'agricoltura,
con le esportazioni agro-alimentari che rappresentano più della metà
del totale delle esportazioni, con un settore agricolo che produce un terzo
del prodotto interno lordo, ha oltre il 40% della sua popolazione sottoalimentata.
"Riforme più radicali (nel processo di liberalizzazione ed estroversione
dell'economia del paese) sono state prese all'inizio degli anni '90.." dice
Hezron Nyangito, Nairobi. Queste le conseguenze più rimarchevoli: le
esportazioni alimentari sono aumentate nel decennio ad un "tasso lineare di
19 milioni di dollari per anno", le importazioni di prodotti alimentari (quasi
il 90% di tutte le importazioni agricole del paese) hanno seguito una tendenza
fortemente ascendente che per il periodo 1985-94 è progredita ad un
tasso lineare di 27 milioni di dollari annui e che in percentuale è
stata nel periodo 1995-98 quasi del 50% più alta del livello raggiunto
nel periodo 1990-94. Il Kenya esporta caffè, tè, prodotti ortofrutticoli
e fiori: non è difficile vedere come questi prodotti siano frontalmente
concorrenti di produzioni per il consumo alimentare interno
.." "
.L'India rappresenta, da questo punto
di vista, un buon esempio di una spirale perversa di povertà urbana,
insicurezza alimentare, povertà rurale e malnutrizione rurale. Se il
contributo dell'agricoltura al Pil era pari al 55% nel 1950 ed è solo
del 25% alla fine degli anni '90 (Manoj Panda e A. Ganesh-Kumar, Mumbai) oggi
il "70% delle famiglie rurali e l'8% delle famiglie urbane vivono di lavoro
agricolo". L'India ha seguito tutti i colori delle rivoluzioni
agricole: quella "verde" del produttivismo, quella "bianca" per la produzione
del latte, quella "gialla" per lo sviluppo dell'industria degli oli da seme,
molto recentemente. Malgrado l'India abbia dichiarato una politica di sviluppo
rivolta all'interno, le politiche liberiste in campo agricolo approntate già
agli inizi degli anni '90 hanno consentito un raddoppio delle esportazioni
agricole nel periodo 1996-98, con una presenza rimarchevole dei cereali che
rappresentano quasi il 45% di tutte le esportazioni agricole. Le importazioni alimentari, però "sono
aumentate nel periodo 1995-98 del 168% rispetto al 1990-94". L'impatto di
queste cifre sulla povertà può essere così riassunto:
negli anni '80 la povertà tendeva a diminuire, negli anni '90 - grazie
a vigorose politiche di liberalizzazione - ha avuto un tendenza visibile alla
crescita
.(1) LA PRODUZIONE DI CIBO E IN AUMENTO,
TANTO QUANTO LA FAME In Europa e negli USA i silos sono stracolmi,
le celle frigorifere traboccano di immense quantità di carne e di burro,
si produce "troppo" frumento e "troppo" latte, le mucche devono essere abbattute
e la frutta mandata al macero, ma nel resto del pianeta la sotto alimentazione
è cronica e crescente. La scienza e la tecnica applicate allagricoltura
ed alla zootecnia fanno passi enormi, eppure per limmenso Sud del mondo
ciò comporta solo impoverimento, denutrizione e crescente dipendenza
alimentare. Mai come oggi si è assistito ad un crimine di tale portata
per cui di fronte a tanta reale (ed ancor più potenziale) abbondanza
quattro quinti dellumanità sono ricacciati nella più nera
indigenza. Hanno ragione le masse rurali latino americane, asiatiche ed africane
quando con le loro lotte dicono che la fame non è generata dalla penuria
di prodotti agricoli o dalla scarsezza di terra e di mezzi esistenti, ma dalla
loro distribuzione e dal loro utilizzo. Secoli di continua e crescente rapina coloniale
e neo coloniale hanno portato alla concentrazione di tutte le risorse produttive
(alimentari e non) nelle mani delle multinazionali statunitensi ed europee.
La globalizzazione capitalista, figlia ed erede legittima proprio di questi
processi, li accelera, estende, approfondisce ed intensifica a livelli assolutamente
sconosciuti prima. Ogni anno milioni di lavoratori delle campagne vengono
sradicati a viva forza, espropriati ed allontanati dai loro appezzamenti e
gettati nellinferno delle baraccopoli o costretti ad emigrare qui in
Occidente dove ad attenderli trovano razzismo, altro sfruttamento ed altra
oppressione. Il latifondo - in perfetta alleanza e simbiosi
con gli interessi delle multinazionali è vivo e vegeto più
che mai ed i contadini vengono sempre più sottomessi dalle necessità
dei "poteri forti" mondiali e trasformati progressivamente in precarissimi
salariati agricoli. La produzione di alimenti, al pari di ogni altro tipo
di produzione, viene totalmente finalizzata alle necessità di profitto
e di mercato delle corporation agro-alimentari e della finanza internazionale.
Necessità il cui inevitabile corollario è costituito dal crollo
provocato dei prezzi dei prodotti agricoli del Sud del mondo, dalla bassissima
remunerazione del lavoro della popolazione rurali, dalla progressiva desertificazione
di intere regioni e da altre "delizie" del genere. Le necessità del profitto e del mercato
si sono già fatte sentire, anche da noi in Occidente. Mucche pazze,
polli alla diossina, bistecche agli ormoni, ortaggi e frutta geneticamente
modificata ad alto rischio di nocività: le tavole ed i supermercati
sono sempre più invasi da "cibi spazzatura" dogni genere.
Mentre luso esponenzialmente crescente di diserbanti e di nuovi agenti
chimici provoca sempre più gravi danni alla salute di quanti sono addetti
alle produzioni alimentari. (vedi nellarchivio il nostro articolo
sulluso dei pesticidi nella produzione di banane) Abbassare i costi di produzione e incrementare
gli utili fregandosene altamente della salute delluomo: ecco lunico
comandamento che, anche nel campo della produzione del cibo, conosce il capitale.
Anche nel settore alimentare diventa sempre più evidente che la scienza
e la tecnica (a cominciare dalla biogenetica) piegate al dominio del profitto,
invece di essere dei potenti agenti per sollevare lumanità dal
bisogno, al contrario diventano fattori di peggioramento e deterioramento
complessivo della vita della specie. Scrive Vandana Shiva scienziata indiana impegnata
a sostenere le lotte dei contadini: "Le multinazionali stanno creando povertà
deviando il sudato guadagno dei contadini e dei coltivatori verso l'industria
delle sementi e dei pesticidi. Le nuove sementi, oltre ad essere costose sono
anche ecologicamente vulnerabili a malattie e infestazioni, portando a maggiori
perdite di raccolto e ad un maggiore uso di prodotti chimici. Queste sono tecnologie assassine, indesiderabili
e non necessarie. L'attentato delle multinazionali all'agricoltura e' basato
su affermazioni false e pseudo scientifiche. Le tecnologie violente dell'ingegneria
genetica e dei pesticidi tossici, e la promozione disonesta e criminale di
questa povertà, creano capitale e tecnologie non sostenibili, e stanno
anche portando alla morte dei nostri coltivatori e alla distruzione delle
nostre sicurezze ecologiche ed alimentari. Queste sono tecnologie primitive,
rozze e obsolete, efficienti nella distruzione, non nella produzione. Le tecnologie
agricole del futuro devono lavorare per le persone, non per le multinazionali,
devono lavorare con la natura, non contro di essa. Se i coltivatori e l'agricoltura
vogliono avere un futuro, allora deve essere biologico. Ne' il pianeta, ne'
la povera gente può permettersi le perdite, l'inefficienza, gli inganni,
l'inquinamento e la violenza dei prodotti chimici e dell'ingegneria genetica."
(2) E LE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI? Anche gli agricoltori e gli allevatori europei
sono sempre più colpiti e costretti a fare i conti con i diktat che
il grande capitale emana attraverso le sue istituzioni "comunitarie" e si
vedono sempre ridotti a semplici e totalmente subalterne appendici delle multinazionali.
Come hanno dimostrato le stesse lotte dei produttori di latte degli scorsi
anni. E questa stessa lotta non porta forse in se la critica allassurdità
di un sistema che per "ragioni di mercato" impone la distruzione del latte
a fronte di centinaia di milioni di esseri umani che il latte non ne hanno
neanche una goccia? Enormi finanziamenti pubblici (gli USA prevedono
di stanziare centinaia di miliardi di dollari in "sussidio" allagricoltura
nei prossimi dieci anni) alla propria grande industria agro-alimentare, protezionismo
e dumping: il dominio alimentare di un pugno di global company sullintera
umanità è accompagnato, promosso e tutelato dallapparato
burocratico militare delloccidente, e dove non si arriva con le "misure
economiche" è pronto ad intervenire con la forza. I milioni e milioni
di esseri umani assassinati ogni anno dalla fame sono laltro aspetto,
laltra faccia di quella stessa guerra che lOccidente conduce contro
i popoli in nome del dio profitto e del dio mercato e che osano opporre resistenza
alla rapina di ogni loro risorsa e materia prima. Se il WTO, il FMI e la Banca Mondiale vengono
individuati come i principali responsabili della crescente miseria in cui
sono sospinti interi continenti, la FAO - dai movimenti e da quanti si vogliono
battere contro lattuale stato delle cose - viene vista come un qualcosa
di "diverso", come un organismo con cui dialogare e su cui fare pressione
affinché eserciti realmente le sue "funzioni istituzionali" e contribuisca
per tal via ad alleviare le sofferenze alimentari dellumanità.
Ma confidare nella FAO per combattere la fame
è come confidare nellONU per fermare le guerre. Come questultimo,
si è sempre distinto per aver quantomeno supportato le aggressioni
occidentali, così allo stesso modo lazione della FAO, in tutti
questi anni, non solo si è dimostrata "inefficace", ma, alla lunga,
ha favorito lindebolimento delle produzioni agricole del Sud del mondo
a tutto vantaggio delle varie multinazionali. La FAO non è dunque unistituzione
"alternativa", ma una semplice parte dello stesso sistema che domina il mondo
e il cui centro risiede nei consigli damministrazione delle multinazionali
occidentali dellagroalimentare. LALTERNATIVA NASCE DAI MOVIMENTI DI
LOTTA PER LA TERRA DEL SUD DEL MONDO "Tutti i popoli devono poter disporre di cibo
e di acqua a sufficienza". Quando i movimenti contadini del Sud del mondo
rivendicano la "sovranità alimentare" e la sottrazione dellagricoltura
alle regole del WTO e del commercio mondiale, essi formulano con altre parole
proprio questa "elementare" e sacrosanta esigenza. Ecco le parole di Rafael Alegria di Via Campesina
sulla riforma agraria durante unintervista radiofonica nel maggio 2002: "
.La nostra strategia di lotta
in primo luogo è l'unità, l'unità e la capillarità.
Partendo dal locale per arrivare al regionale, al nazionale, al continentale
e al mondiale. Portiamo avanti le nostre istanze attraverso la mobilitazione
popolare. Con la quale rivendichiamo la terra, i semi, la tecnologia e un
mercato giusto. Per ottenere questi obiettivi costruiamo alleanze strategiche
con altri movimenti sociali. E' importante riunire la forza di ONG, contadini,
chiese, tecnici e scienziati per proporre un nuovo modello economico internazionale
che sostituisca il neoliberismo, perché esso è definitivamente
in crisi. E' in crisi perché è un modello ingiusto ed escludente.
Abbiamo urgentemente bisogno di un modello alternativo che sia più
giusto, più egualitario e più partecipativo. Che tenga conto
del diritto alla vita nel mondo intero. Riassumendo, questa è la strategia
di Via Campesina. Via Campesina chiede ai governi nazionali e agli organismi
finanziari internazionali, come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale
e l'Organizzazione Mondiale del Commercio, alla FAO e all'ONU, che si assumano
la responsabilità di una riforma agraria. E la responsabilità
dell'accesso alla terra per la maggior parte dei contadini. Con le attuali
politiche della Banca Mondiale sul mercato della terra non sarà possibile
risolvere i problemi e i conflitti agrari nel mondo. Occorre promuovere processi
di riforma agraria in favore dei contadini. Abbiamo fatto molto lavoro, e
oggi abbiamo un consenso maggiore da parte dei governi nazionali. Ma abbiamo
il timore di essere condannati dagli organismi finanziari internazionali,
che non accettano le nostre proposte. Via Campesina porta avanti una campagna
globale di riforma agraria.
" (3) Certo, la penetrazione ed il dilagare del
dominio delle multinazionali e le "ferree regole" dei mercati internazionali
hanno distrutto le originarie strutture economiche e produttive agricole,
hanno espropriato della terra e dello stesso "sapere" gli originari produttori,
hanno devastato intere regioni e portato la fame a livelli cronici e di massa
mai visti prima. Dopo oltre cinque secoli di colonialismo ed
imperialismo che hanno autenticamente dissanguato interi continenti ed unificato
a scala planetaria lintero ciclo produttivo, la risposta a tanto enorme
disastro non può più essere quella di un "ritorno al passato"
in cui ogni paese provvede "individualmente" a se stesso. Per tal via chi
oggi ha continuerebbe ad avere sempre più, e chi oggi non ha resterebbe
solo con la propria povertà. IL MERCATO LIBERISTA AUMENTA LA MISERIA Tra coloro che giustamente vogliono opporsi
ai vergognosi "squilibri" prodotti dagli attuali rapporti mercantili, è
diffusa lidea che praticando e sperimentando dal basso un altro tipo
di mercato - "equo e solidale" - si possa costruire un argine allo strapotere
devastante delle multinazionali. Spesso questa "pratica" viene anche vista
come un possibile strumento per avvicinare i popoli del Nord a quelli del
Sud del mondo e per aiutarli nelle battaglie. Occorre però riaffermare
che viste le modeste proporzioni di mercato, questa attività risulta
utile più come educazione alle masse del primo mondo, che per la soluzione
reale dei problemi economici del terzo mondo. Lo stesso discorso, pensiamo,
vale per le numerose campagne contro le multinazionali agro-alimentari, utili
per far capire i problemi, quasi mai per risolverli. Ancora Onorati dellOng Crocevia:
" .. E' fin troppo evidente che la struttura fortemente concentrata della direzione delle multinazionali agro-alimentari/chimico/farmaceutico (non solo del nord sviluppato) ma estremamente dislocata nello spazio e nel tempo delle loro produzioni agro-alimentari, con l'accesso facilitato ai mercati ricchi non fa che rafforzarsi e quindi continuare nel processo di distruzione e disarticolazione della produzione agricola familiare e contadina. La nostra esperienza pluridecennale, nel sostegno all'agricoltura contadina, ci ha confermato che la chimera dei mercati ricchi, anche "equi e solidali", opera un forte processo di vampirizzazione dei sistemi agrari locali lasciandoli alla mercé dei prezzi politici che le derrate alimentari continuano ad avere sul mercato globale, rendendoli incapaci anche di attivare una strategia di pura sopravvivenza producendo per l'autoconsumo ." (1)
Bisogna rompere lembargo mediatico che soffoca le lotte delle masse del Sud del pianeta e, al contrario, promuovere il "contatto" tra i lavoratori ed i popoli è necessario, urgente ed indispensabile. A tal fine è giusto ed utile denunciare in tutti i modi come le regole imposte dal WTO, dal FMI e dalla Banca Mondiale siano non solo distruttive per la massa dei piccoli produttori asiatici, africani e latino americani, ma si rivelino dannose anche per i "consumatori" dellemisfero ricco.
E utile denunciare la speculazione commerciale delle multinazionali che fa si che il cacao venga prelevato dal contadino brasiliano a costo zero e poi venduto a peso doro. Ma allo stesso tempo è indispensabile sapere che nessuna reale risposta può giungere da un ipotetico ed impossibile "altro commercio". I mercati sono infatti da sempre per loro natura iniqui strumenti di rapina nelle mani di chi possiede masse enormi di capitale e forza militare. Quale scambio equo potrebbe mai esserci tra il piccolo contadino andino e la Fruit Company?
CONTADINI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI
Lunica vera sovranità alimentare in grado di assicurare a tutti i popoli cibo ed acqua può passare solo attraverso lorganizzazione e lunificazione delle lotte che abbiano obiettivi che puntino a cambiare alle radici lattuale assetto internazionale ed a riorganizzare lintera produzione agricola mondiale finalizzandola non al profitto, ma al pieno soddisfacimento dei bisogni dellintera specie umana.
Anche Jose Bovè rispondendo alla domanda sulla condivisione di un "nuovo internazionalismo":
..La condivido nella misura in cui ciò che noi abbiamo messo in piedi e' già una forma di nuova Internazionale contadina. E' la prima volta che ciò avviene. Ancora oggi, più del 50% dell'umanità vive di agricoltura. Raccogliere i contadini del mondo intero attorno ad un progetto globale di produzione agricola, contro le multinazionali, che permetta alla gente di vivere della propria produzione e di sfamare le proprie popolazioni, e' un modo di mettere all'ordine del giorno un'ipotesi di ordine economico diverso, portatore di nuove modalità di scambio tra le persone. E' la stessa forma di internazionalismo che si sta mettendo in campo sul terreno sindacale e attraverso le reti di collegamento dei movimenti sociali che lottano contro la mondializzazione. E' un internazionalismo che si costruisce con modalità differenti, ogni soggetto a partire dalla propria specifica realtà, ma che e' in grado di provare a proporsi obiettivi comuni di corto ma anche di lungo periodo, al fine di trasformare il mondo. (4)
Una riorganizzazione dellintera società che si basi sulla solidale e non mercantile cooperazione tra i popoli e che sappia e possa mettere al servizio delluomo le eventuali scoperte della scienza e della tecnica in campo genetico ed alimentare che oggi invece, in mano al capitale, assumono funzioni e connotati sempre più distruttivi ed antisociali.
Le battaglie dei braccianti e dei contadini indiani contro le multinazionali agroalimentari e delle biotecnologie, il movimento di occupazione delle terre nello Zimbawe, le battaglie contro il latifondo dei Sem Terra in Brasile, sono esempi che pongono nei fatti la necessità ed il bisogno di una unificazione degli obiettivi delle lotte contadine e del mondo rurale. Quando i Sem Terra brasiliani giungono a lanciare esplicitamente il grido "contadini di tutto il mondo unitevi", ciò avviene perché sempre più chiara si fa la percezione tra gli sfruttati e gli oppressi delle campagne che i vari "problemi locali" possono essere affrontati e risolti solo in una più ampia prospettiva, solo unificando le forze in difesa di comuni interessi contro un comune nemico.
Vediamo le parole di Joao Pedro Stedile intervistato dalla rivista PUC:
" Il MST dalla sua nascita, ha una vocazione internazionalista e latino-americana. Abbiamo sempre mantenuto uno scambio di esperienze con altre organizzazioni sorelle dei paesi dell'America Latina. A partire da questo abbiamo organizzato la CLOC, Coordinamento Latino-americano di Organizzazioni di Lavoratori delle Campagne, che oggi riunisce tutte le organizzazioni dell'America Latina e ha sede in Guatemala.
Poi, a partire dalla metà degli anni 90, con l'espansione di questa forma di sviluppo del capitalismo finanziario internazionale e neoliberista, il capitalismo applicò la stessa forma di sfruttamento degli agricoltori in tutto il mondo. Gli agricoltori dell'India, del Giappone, degli USA, del Messico, dell'Africa del sud e del Brasile affrontano tutti gli stessi sfruttatori, ossia la Monsanto, la Cargill, la Nestlé, ecc.
E questo ci ha obbligato quindi ad aumentare l'integrazione e lo scambio internazionale tra i movimenti e le organizzazioni contadine. E da questo è nata Via Campesina, come un'articolazione internazionale dei movimenti contadini di tutto il mondo. Cresce continuamente e oggi ne fanno parte organizzazioni di 87 paesi, in tutti i continenti. Recentemente, nell'ultima assemblea, abbiamo avuto l'adesione della Unione degli Agricoltori Arabi, che riunisce organizzazioni contadine di 16 paesi, con 330 milioni di contadini alla base.
In una frase, Via Campesina rappresenta l'unione e l'unità internazionalista per affrontare insieme la stessa furia del capitale internazionale nei confronti dei lavoratori agricoli di tutto il mondo " (5)
Sia nell'ultima conferenza di Via Campesina in India che nel recente Forum sociale mondiale celebrato a Porto Alegre, sono state affermate quattro grandi linee d'azione politica, le spiega ancora Joao Stedile:
"- lottare per ottenere la sovranità alimentare. Ogni popolo ha il diritto e il dovere di applicare politiche agricole nazionali che assicurino gli alimenti necessari alla propria autonomia. Il commercio agricolo non deve continuare ad essere subordinato agli interessi delle grandi imprese e alla loro esigenza di ottenere alti margini di guadagno. Per questo siamo contro l'Organizzazione mondiale del commercio. Vogliamo stabilire norme perché il commercio agricolo sia effettuato attraverso relazioni bilaterali di interscambio della produzione che eccede il consumo nazionale."
- le risorse genetiche, la biodiversità e la natura che abbiamo ereditato devono assolvere funzioni sociali a beneficio di tutti. I contadini devono essere i guardiani di questa dote. Non può essere permesso che imprese multinazionali - come Adventis, Novartis, Monsanto eccetera - manipolino e monopolizzino il diritto all'utilizzo delle sementi. Per questo nella nostra bandiera abbiamo scritto "le sementi sono patrimonio dell'umanità". In effetti, l'umanità si è riprodotta fino ai giorni nostri perché gli agricoltori hanno prodotto gli alimenti con criteri democratici. Trasformare le sementi nel monopolio di un pugno di imprese implica non solo un rischio per la salute pubblica, ma anche una minaccia per la sopravvivenza dei contadini e dell'umanità.
- la povertà nelle campagne e la disuguaglianza sociale potranno essere superate solo attraverso autentici e massicci programmi di riforma agraria. La Terra è un bene della natura e deve rimanere al servizio dell'intera umanità. Distribuire la terra è più che una politica per combattere la disoccupazione e l'esodo rurale: deve essere parte di una politica che garantisca la democrazia nelle campagne.
- valorizzazione della cultura rurale come patrimonio delle comunità e della società."
Come si nota la lotta dei braccianti e dei contadini poveri del Sud del mondo per una reale e radicale riforma agraria, per migliori condizioni di lavoro e per i diritti politici e sindacali, non va infatti a scontrarsi "solo" con i governi e le classi dominanti e sfruttatrici locali, ma soprattutto con i grandi centri del potere economico e finanziario che stanno dietro e sopra esse e che alloggiano qui in Occidente.
NOTE
(1) Articolo La perversa agricoltura globalizzata, da "il manifesto" del 30/08/2002 di Antonio Onorati presidente del centro internazionale Crocevia
(2) Vandana Shiva: in lode allo sterco di vacca; dal sito www.zma.org/italy
(3) Intervista a Rafael Alegria di Via Campesina, andata in onda il 22 maggio 2002 su Radio Città Aperta, di Roma nell'ambito della trasmissione Mondo Nuovo.
(4) Intervista a José Bové della "Confederation Paysanne" francese, articolo di Rouge n. 125, del 29 giugno 2000
(5) Intervista alleconomista Joao Pedro Stedile della direzione del Movimento Sem Terra La lotta per la riforma agraria al tempo del governo Lula. - dalla rivista PUC del 13/2/2003