Cronologia del conflitto jugoslavo. 1986-1995.
Associazione Cultura Popolare. Agosto 1995.


1986
In Jugoslavia é cominciata una grossa crisi economica che la porta ad avere l'inflazione più alta di Europa (90%). Negli ultimi tre anni il potere d'acquisto dei salari é sceso del 18%.

1987
Aggravamento della crisi economica (inflazione al 150%). Nei primi otto mesi del 1987 sono entrate in sciopero più di 1000 imprese con 150.000 partecipanti. Alla classe operaia in lotta con il regime si uniscono anche gli studenti.

1988
L'inflazione supera il 200% mentre continuano le proteste operaie che assumono sempre più la connotazione politica di contestazione della burocrazia e di richiesta di riforme democratiche. Ascesa dell'astro di Milosevic, capo del partito in Serbia. La sua ricetta: più centralismo, meno autonomie alle repubbliche, riassorbimento nella Serbia delle regioni autonome di Vojvodina e Kosovo.

1989
L'inflazione tocca il 1000%. Si trattta della più grave crisi economica della storia jugoslava. A marzo scoppiano nel Kosovo gli incidenti più gravi dall'aprile 1981: in due giorni 24 morti. Altri scontri con morti in ottobre e dicembre. Il governo impone il coprifuoco ed invia le truppe. Milosevic mobilita in chiave nazionalista le masse serbe gridando alla "persecuzione" della minoranza serba del Kosovo. La dirigenza slovena, preoccupata della deriva nazionalista serba, a settembre approva una costituzione che sancisce il diritto della repubblica alla secessione, rivendica a sé il controllo della giustizia e della polizia ed apre al multipartitismo. A dicembre anche la Lega dei Comunisti della Croazia si pronuncia a favore del multipartitismo.

1990
A gennaio il congresso della Lega dei Comunisti é paralizzato dai dissensi tra serbi e sloveni; questi ultimi chiedono la trasformazione della Lega in una confederazione di partiti liberamente associati. Il congresso si interrompe senza riuscire a riconvocarsi.
Si riaccende contemporaneamente la crisi del Kosovo: gli albanesi chiedono la revoca delle misure d'emergenza con scioperi (minatori di Trepca) e manifestazioni che però vengono represse nel sangue. Nuove rivolte in primavera e in estate per la decisione serba di sopprimere quel che resta dell'autonomia regionale. A luglio i deputati albanesi reagiscono proclamando l'indipendenza del Kosovo dalla Serbia, e Belgrado replica esautorando il governo e il parlamento locali.
Le prime elezioni multipartitiche in Slovenia (aprile) vedono la vittoria di Milan Kucan alla presidenza anche se il suo partito (Partito del rinnovamento democratico, nuova denominazione della Lega dei comunisti sloveni) non guadagna la maggioranza dei seggi in parlamento. Nelle elezioni croate di maggio vincono i nazionalisti di destra di Franjo Tudjman a capo dell'Unione Democratica (HDZ). In Bosnia vince Izetbegovic a capo di un partito che esprime gli interessi dei musulmano-bosniaci. A dicembre le elezioni in Serbia confermano Milosevic (a capo del Partito Socialista Serbo, nuova denominazione della Lega dei Comunisti di Serbia).
A dicembre in Slovenia una maggioranza schiacciante si esprime con un referendum a favore dell'indipendenza.

1991
In gennaio la Serbia decide autonomamente di stampare moneta per ripianare i propri debiti: una decisione che sottrae al governo federale la politica monetaria. A marzo grandi manifestazioni a Belgrado contro l'autoritarismo di regime impongono la destituzione della tv di regime, la liberazione di prigionieri politici e le dimissioni del Ministro dell'Interno.
In marzo sanguinosi scontri in Slavonia tra polizia croata e bande paramilitari della minoranza serba. Si estendono gli scontri anche in Krajina i cui abitanti serbi chiedono a maggio con un referendum l'annessione alla Serbia. La Krajina a dicembre si proclama repubblica indipendente.
A maggio referendum favorevole all'indipendenza in Croazia e in settembre in Macedonia. Il 25 giugno Croazia e Slovenia proclamano l'indipendenza. La reazione dell'armata federale si concentra sulla Slovenia, le cui autorità avevano cercato di assumere il controllo delle frontiere. Si sviluppa una piccola guerra di dieci giorni durante i quali l'armata federale tenta di bloccare la Slovenia, ma é paralizzata dalla pronta reazione delle milizie slovene e della popolazione e dalle defezioni di massa dal suo esercito. Tramite la mediazione CEE si firma l'accordo di Brioni in base al quale l'indipendenza di Slovenia e Croazia é congelata per tre mesi, si sblocca l'elezione del croato Stipe Mesic alla presidenza della Federazione (era stata impedita dai serbi) e si riapre il dialogo per salvare il salvabile dell'unità jugoslava. Le truppe federali si ritirano dalla Slovenia.
Il conflitto divampa però in Croazia dove nel corso dell'estate gruppi paramilitari e armata federale conquistano Krajina e parte della Slavonia (un terzo del territorio croato) attuando una feroce pulizia etnica nei confronti dei croati. Gli abitanti di Krajina si proclamano repubblica indipendente. In Dalmazia sono pesantemente bombardate dai serbi Spalato e Dubrovnik. Bloccati i porti croati.
Il 25 settembre 1991 l'ONU decreta il blocco del rifornimento di armi per tutte le repubbliche uscite dalla crisi jugoslava.

1992
Croati e serbi sotto auspici internazionali firmano il primo gennaio una tregua che segna l'inizio di una netta diminuzione delle ostilità in territorio croato e il dispiegamento dei caschi blu tra i due belligeranti. I serbi di Bosnia proclamano una repubblica autonoma con a capo Karadzic contestata dalle autorità di Sarajevo. La CEE riconosce Croazia e Slovenia, rimandando il riconoscimento della Bosnia e della Macedonia.
Il 29/2 la maggioranza dei bosniaci si dichiara favorevole all'indipendenza. In aprile giunge il riconoscimento internazionale, ma la guerra civile é già scoppiata. Comincia l'assedio di Sarajevo che viene dai serbi duramente bombardata e ridotta alla fame. Nel giro di poche settimane i serbi bosniaci, sostenuti dall'armata federale, arrivano a controllare il 70% del territorio. Anche i croati di Bosnia aprono le ostilità contro i serbi, ma soprattutto contro i musulmani ed arrivano a controllare il 20% del territorio. L'ONU decreta le sanzioni economiche contro la Serbia e il Montenegro.
In aprile viene proclamata a Belgrado la nuova repubblica federale di Jugoslavia che comprende Serbia (con Vojvodina e Kosovo) e Montenegro. Il nuovo stato non viene riconosciuto internazionalmente.

1993
A gennaio con un'offensiva lampo i croati strappano ai serbi di Krajina il controllo della baia di Maslenica (unica via di comunicazione tra costa e continente) e l'aeroporto di Zara. Piano Vance-Owen. Nel gennaio 1993 Cyrus Vance (ONU) e David Owen (CEE) presentano un piano per la suddivisione della Bosnia in 10 province semiautonome, basate sulle etnie e sotto la tutela ONU e la smilitarizzazione di Sarajevo. La proposta é respinta dai musulmani e dai serbi (che avrebbero controllato solo il 38% del territorio quando già ne avevano conquistato il 70%). In aprile comincia il pattugliamento dell'Adriatico e del Danubio da parte della UEO per far rispettare l'embargo. continuano le offensive serbe contro i musulmani e la relativa pulizia etnica (a febbraio un rapporto CEE calcola in più di 20.000 gli stupri su donne musulmane). Si formano le cosiddette enclaves, città musulmane assediate dai serbi e che cadono una dopo l'altra. Ad aprile i serbi di Bosnia respingono il piano Vance-Owen, nonostante le pressioni di Milosevic (che a ottobre rompe con l'ultranazionalista Seselj) che comincia a sentire il peso delle sanzioni (il 90% delle persone si trova sotto la soglia della povertà). Milosevic scioglie il parlamento serbo ed alle elezioni che ne seguono guadagna 123 seggi su 250.
A luglio Mate Boban proclama la Repubblica croata di Erzeg-Bosna con capitale Mostar, sottratta ai musulmani dopo intensi bombardamenti e relativa pulizia etnica. Nell'agosto 1993 i mediatori David Owen (Unione Europea) e Thorval Stoltenberg (ONU) propongono un piano di suddivisione della Bosnia-Erzegovina in tre repubbliche con il 52% del territorio ai serbi, il 30% ai musulmani e il 18% ai croati; Sarajevo e Mostar sarebbero affidate ad organismi internazionali per due anni. Il parlamento di Sarajevo respinge il piano perché non contempla la restituzione delle zone a maggioranza musulmana che croati e serbi hanno preso con le armi.

1994
Febbraio, prima strage del mercato a Sarajevo: muoino 68 persone e 200 rimangono ferite (dal 1992 la città ha sofferto più di 10.000 morti). L'ONU impone il ritiro ad una certa distanza dei mezzi pesanti serbi. La città può respirare dopo mesi di terrore. A marzo accordo in USA tra croati bosniaci e musulmani. Nel maggio del 1994 tutte le parti in causa respingono la proposta del Gruppo di contatto (USA, Russia, Unione Europea) che contempla il 51% di territorio a musulmani e croati e il 49% ai serbi (i serbi hanno in mano il 70% del territorio pur rappresentando il 31% della popolazione). A ottobre l'armata bosniaca ristabilisce il controllo su Bihac, enclave musulmana che aveva però deciso di allearsi con i serbi.

1995
I croati riconquistano in aprile la Slavonia occidentale.
I serbi di Bosnia ignorando le minacce occidentali occupano Zepa e Srebrenica (in quest'ultima mancheranno all'appello circa 5.000 uomini in età di leva, probabilmente uccisi a sangue freddo dopo la resa).
Con una rapida offensiva in agosto i croati riconquistano l'intera Krajina e con l'aiuto dei bosniaci rompono l'assedio di Bihac. 250.000 serbi di Krajina sono costretti ad andarsene. Gli USA lanciano un proprio piano di pace che ricalca quello del Gruppo di contatto: Goradze (enclave musulmana) ai serbi di Bosnia, e la possibilità che questi si federino alla Repubblica di Serbia.
La seconda strage serba sul mercato di Sarajevo provoca una serie di bombardamenti ONU-NATO sulle postazioni serbe.