


Guerra in Jugoslavia. Domande
e risposte
Riproduciamo
qui, dato che lo condividiamo totalmente, un bollettino del Comitato di Solidarietà
con il Kosova, dove si intende rispondere alle più tipiche domande dei
settori pacifisti, sindacali e di sinistra sulla guerra tra NATO e Jugoslavia
e tra esercito serbo e popolo del Kosovo. Aprile 1999.aprile 1999, del Comitato
di Solidarietà con il Kosova.
Con questo bollettino intendiamo rispondere alle più tipiche domande
che ci siamo sentiti rivolgere da settori pacifisti, sindacali e di sinistra sulla
guerra in corso tra NATO e Jugoslavia e tra esercito serbo e popolo del Kosovo.
Noi siamo strenui oppositori dell'intervento NATO e allo stesso tempo della pulizia
etnica attuata dall'esercito serbo in Kosovo. Pensiamo che l'unica soluzione per
risolvere i problemi dell'area è il rigoroso rispettato del diritto all'autodeterminazione,
a cominciare dal Kosovo.
L'INTERVENTO
NATO
Questa
è una guerra voluta dagli USA per destabilizzare l'Europa, e l'Europa è
succube.
L'imperialismo europeo non è pi buono di quello USA. Perchè mai
l'Europa della FIAT, della Volkswagen, della Volvo, della Borsa di Londra, della
DeutcheBank, dovrebbe essere meglio degli USA della Microsoft e della Del Monte?
L'Europa non è in prima lineasul piano militare per la semplice ragione
che non dispone di un esercito globale comparabile anche lontanamente a quello
degli USA, ai quali gli europei hanno delegato dopo la seconda guerra mondiale
il lavoro sporco del confronto con l'URSS e dell'attacco alle rivoluzioni nei
Paesi del Terzo Mondo. Se comunque non vi fosse un pieno sostegno europeo, gli
USA non potrebbero nemmeno immaginare di intervenire in Kosovo, perchè
tutta la logistica ha base in Europa o nei suoi mari. Come si può pensare
che potenze come il Regno Unito, la Francia, la Germania, e la stessa Italia,
partecipino ad una guerra per "sudditanza", come si può spiegare
un fatto storico con questa categoria? Nel mondo gli stati non hanno mai fatto
guerra per "sudditanza", ma per interessi ben concreti. Certo l'Europa
ha interessi imperialisti in parte distinti, per non parlare dell'Italia sui cui
investimenti in Serbia stanno piovendo le bombe, e questo in parte spiega le sue
titubanze. Queste ultime sono dovute però anche ad un altro fattore: dato
che l'imperialismo europeo ha delegato per decenni il lavoro sporco agli USA non
ha un'opinione pubblica "abituata" all'intervento bellico, ai morti,
ecc. e, nonostante il riflusso, c'è ancora un movimento operaio che potrebbe
mettere in campo una protesta neppure paragonabile a quelle possibili negli USA.
Anche da ciò deriva il freno europeo ad un eventuale intervento da terra.
Questa è una guerra economica condotta da USA ed Europa per espandersi
economicamente nell'area.
La logica dell'imperialismo non è quella di far guerra per difendere degli
interessi immediatamente economici. Questi ci sono, certo, ma stanno dietro: spiegano
le cose, ma in ultima istanza. USA ed Europa non hanno alcun interesse a scatenare
guerre per espandersi nell'Europa dell'Est, perchè le porte sono spalancate
per loro dall'89 in poi. E le guerre si fanno solo quando le porte sono chiuse.
I Paesi dell'Est hanno tolto progressivamente, Jugoslavia compresa, qualsiasi
ostacolo all'investimento straniero, anzi: fanno a gara per attirarlo, e per questo
hanno aderito a politiche liberali intraprendendo massiccie privatizzazioni (di
nuovo: Jugoslavia compresa). Tutti questi Paesi si affannano per poter entrare
chi nell'UE, chi nella NATO, chi in tutti e due. Quindi che bisogno avrebbero
USA ed Europa occidentale di conquistare militarmente pezzi di territorio balcanico?
Prendiamo ad esempio l'Albania: la penetrazione economica dell'Italia è
precedente la presenza militare italiana, che è arrivata non per proteggere
direttamente le fabbriche italiane, ma per assicurare la continuità e la
stabilità dello stato albanese: per questo si investe nell'addestramento
della polizia locale, ecc. Questo tipo di stabilità infatti è l'unica
che può garantire alla lunga la permanenza delle aziende italiane sul territorio.
Il problema di questi Paesi è la decapitalizzazione e la difficoltà
ad inserirsi nel mercato mondiale. I vari imperialismi però esitano nell'investire
perchè la condizione previa è la stabilità politica cioè
l'assenza di conflittualità e l'esistenza di un minimo di struttura statale
efficiente. Per questo il grande capitale internazionale e le sue rappresentanze
politiche e statali corteggiano la Cina, pur essendo almeno nominalmente comunista,
ma sono guardinghi con la Russia, che ha un presidente di destra, ma è
instabile politicamente.
La guerra serve a garantire il passaggio del petrolio dal Caucaso in Europa.
Se fosse così non si capisce perchè l'Occidente invece di lanciarsi
in una guerra dispendiosa non faccia passare un oleodotto in Macedonia invece
che in Kosovo, tanto pi che la Macedonia ha un'altissima concentrazione di truppe
occidentali. Inoltre: se il problema è il passaggio dell'oleodotto perchè
mai non lo fanno passare in Serbia e Montenegro, dato che Milosevic si è
mostrato sempre pi che disponibile agli investimenti occidentali? Tanto pi che
un oleodotto che passasse per il Kosovo dovrebbe comunque attraversare la Serbia
(a meno che non si pensi ad una curva un po' assurda dalla Macedonia in su verso
il Kosovo e poi gi in Albania, ma a quel punto non si capirebbe perchè
non dovrebbe passare direttamente dalla Macedonia all'Albania).
La storia della ex-Jugoslavia dimostra che l'Occidente ha operato ed opera
per destabilizzare l'area. Vuole stati deboli e piccoli per poterli governare
meglio.
Proviamo a fare un ragionamento. Il lettore si immagini di essere un capitalista
che vuole investire nelle miniere della Romania. Questo capitalista è preoccupato
perchè la Romania è instabile: ci sono conflitti etnici tra ungheresi
e romeni, lo stato è debole, ecc. Cosa chiederà questo capitalista
al suo paese d'origine? Quel capitalista chiederà al proprio imperialismo
di fare in modo che cessino le tensioni interne alla Romania, in una maniera o
nell'altra (con le buone o le cattive a lui importerà poco). Chiederà
cioè che ci si preoccupi di stabilizzare l'area, e lo stesso Paese in cui
si trova ad operare, in modo da poter fare affari in tutta tranquillità.
Sarebbe diverso ovviamente se ci trovassimo davanti a Paesi che rifiutassero il
cosiddetto libero commercio oppure con governi con un orientamento antimperialista.
In questo caso le potenze occidentali potrebbero essere tentate di destabilizzarli
(Nicaragua) o addirittura di attaccarli per costringerli ad aprirsi al mercato
mondiale. Ma non è il caso oggi, ripetiamolo, dei paesi dell'Est.
Quanto alla Jugoslavia bisogna finirla con questo mito del complotto americano
o tedesco per sfaldarla. Chi ha dato inizio alle danze è stata la dirigenza
serba, con a capo Milosevic, che per assicurarsi la scalata al potere ha giocato
sul nazionalismo esasperato. Il primo atto concreto di sfaldamento della Jugoslavia
è stata la soppressione dell'autonomia del Kosovo, nel 1989. Le grandi
potenze, con l'eccezione in parte della Germania, hanno sino all'ultimo tentato
di evitare l'indipendenza dei vari stati federati. I conflitti etnici hanno ritardato
grandemente la penetrazione imperialista nei Balcani. Nessuno investe o commercia
in Paesi in guerra.
Il complesso militar industriale degli USA però ha tutto l'interesse
a provocare guerre perchè così aumentano le commesse, ecc.
Certo, la lobby delle armi ha un suo importante peso, ma non può essere
certo il fattore scatenante delle guerre, altrimenti dovremmo interpretare l'origine
delle guerre del passato in tutt'altra maniera da quella che usualmente si utilizza.
Così saremmo costretti a rileggere la guerra del Vietnam non come lo sforzo
di un imperialismo teso a frenare una rivoluzione anticapitalista, ma come il
complotto delle fabbriche d'armi per aumentare i propri profitti. Cadrebbe tutto
il quadro geopolitico teso a spiegare la guerra fredda; la seconda guerra mondiale
dovrebbe essere rivista come lo scontro tra i fabbricanti d'armi tedeschi ed americani,
o come un complotto comune per far spendere soldi ai rispettivi governi, ecc.
Un po' fantapolitico ci pare.
I serbi sono un popolo eroico, la loro resistenza viene dall'epoca della guerra
partigiana, sono disposti a morire ma non a piegarsi.
Nella sinistra orfana dell'URSS si sta diffondendo uno strano fenomeno: il filoslavismo.
E' stato evidente ad esempio quando, dopo le timidissime prese di posizione della
Russia contro la guerra, settori della sinistra si sono entusiasmati alla prospettiva
dell'intervento russo, dimenticando che a capo di quel Paese vi è un presidente
di destra. E' il complesso da orfano di una sinistra che non ha pi fiducia nelle
proprie forze, ma spera sempre in un qualche mito esterno che le risolva i problemi.
Il popolo serbo è eroico, certo, e lo ha dimostrato quando ha sfidato l'esercito
a Belgrado nel 1991, 1992 e 1997, ma lo è allo stesso modo quello kosovaro,
reduce da decenni di resistenza all'oppressione nazionale; quello bosniaco, ecc.
Non nutriamo invece alcuna ammirazione per l'esercito serbo, il tipico esercito
di una nazionalità che opprime. Il suo valore fino adesso lo ha dimostrato
solo radendo al suolo una città disarmata come Vukovar, fornendo quadri
ed armi ai massacratori di Bosnia, cacciando dalle loro case vecchie, donne e
bambini in Kosovo. Sono, questi, atti di eroismo dei quali ci pare si possa andare
poco fieri.
Voi dite che l'obiettivo che USA ed Europa vogliono raggiungere è la
stabilità. E come spiegate allora che con la loro guerra, l'instabilità
è aumentata?
E' nella natura delle guerre vedere i protagonisti che vi entrano con determinati
obiettivi e che si ritrovano invece a provocare conseguenze opposte a quelle volute.
In ogni guerra c'è un vincitore ed un vinto e dunque c'è sempre
qualcuno che ha sbagliato i propri calcoli. In questo caso la NATO si è
trovata per varie ragioni impreparata, dato che pensava di risolvere il problema
in pochi giorni, abituata ad un Milosevic forte coi deboli e debole coi forti.
La NATO si è ritrovata, all'improvviso, con ciò contro il quale
aveva intrapreso la guerra: un milione e passa di kosovari sparsi per i Balcani,
una situazione potenzialmente destabilizzatrice nei decenni, come lo è
la questione dei palestinesi. Ora si trova nella necessità di continuare
fino a che non apparirà all'orizzonte una soluzione stabilizzatrice, anche
se passerà sulla testa dei kosovari. Ad esempio una spartizione della regione.
Non dimentichiamo inoltre che la NATO è intervenuta anche in funzione preventiva.
Il ritornello è: in Bosnia abbiamo aspettato troppo, evitiamo lo stesso
errore. Dunque sono disponibili a vivere in un tempo concentrato una situazione
di destabilizzazione, nell'ottica di una sistemazione definitiva della questione.
Se i bombardamenti servono in qualche modo ad evitare la pulizia etnica in
Kosovo, perchè non li appoggiate?
Siamo ferocemente contro l'intervento della NATO per le seguenti ragioni:
a) è un intervento stabilizzatore e cioè teso a far rimanere la
situazione com'è anche sotto il profilo dei diritti nazionali dei kosovari.
L'Occidente non vuole l'autodeterminazione del Kosovo, perchè non vuole
creare un precedente che sarebbe un pericoloso esempio per i popoli del mondo,
che devono imparare a rispettare i confini dettati dalle grandi potenze.
b) accresce la legittimità della dittatura di Milosevic. Oggi in Serbia
sono sparite le opposizioni. Non solo: anche in Montenegro e Vojvodina ci ritroviamo
con un consenso senza precedenti nei confronti di Milosevic
c) ha fornito il pretesto e la copertura per la pulizia etnica totale del Kosovo,
già in atto con proporzioni meno eclatanti da almeno un anno.
d) colpisce le masse popolari serbe, non la cricca di arricchiti che circonda
Milosevic, producendo una situazione di miseria e disoccupazione destinata a durare
decenni.
e) è nei fatti un attacco, con effetti indiretti disastrosi a livello economico,
sociale e politico, contro tutte le altre popolazioni dei Balcani.
Voi non capite la gravità di questo attacco che non è dell'ONU,
ed è contro uno stato sovrano.
Si tratta di un'argomentazione largamente inesatta e pericolosa. Perchè
invocare l'ONU? L'ONU ha intrapreso diverse guerre. Anche quella di Corea fu condotta
sotto l'insegna dell'ONU, e si sfiorò la guerra nucleare. La guerra contro
l'Iraq fu combattuta con le bandiere dell'ONU. E' tra l'altro una guerra che sta
proseguendo con le sanzioni (che hanno fatto pi morti della guerra stessa) sotto
la stessa egida.
Quanto allo stato sovrano, la sovranità è stata continuamente violata
dalle grandi potenze. Gli USA l'hanno fatto dall'80 ad oggi in maniera diretta
nei confronti di Panama, Grenada e Nicaragua, la Francia in almeno una decina
di paesi africani, Israele, protetto dagli USA, nei confronti del Libano mentre
tuttora occupa una parte della Siria, ecc.
Inoltre la sovranità degli stati non è un valore della sinistra,
a meno di non considerare l'entità statale un valore di per sè.
La sovranità è infatti un attributo dello stato. Se lo stato è
un entità che opprime, e per i marxisti lo è sempre, non si capisce
sulla base di che dovremmo utilizzare questo argomento.
Noi dobbiamo essere contro l'intervento NATO perchè è un attacco
al popolo serbo, e non a Milosevic, che vive tranquillamente con la sua corte
e non sarà toccato dalla miseria in cui i bombardamenti precipiteranno
la Serbia, e perchè ha fornito il pretesto per la pulizia etnica in Kosovo.
L'Occidente sta amplificando la questione dei profughi in maniera propagandistica.
Essi fuggono anche dalle bombe NATO.
E' una maniera per tapparsi gli occhi di fronte alla pulizia etnica attuata da
Belgrado. Per essere contro l'intervento NATO non occorre far finta di non vedere
i profughi. Se i profughi scappano dalle bombe NATO perchè tra i profughi
non ci sono quasi serbi kosovari (nemmeno la propaganda di Belgrado li mostra)?
E perchè la popolazione serba di Belgrado non scappa?
Nei Balcani si sono sempre combattuti. Là è tradizionale la violenza
interetnica. Ciò che dovremmo fare è starne fuori.
Non si può fare di tutta un'erba un fascio. E' nostro dovere individuare
aggressori ed aggrediti, oppressi ed oppressori. Se nei Balcani non vi è
mai stata pace la ragione è semplice: perchè alle nazionalità
che vi abitano non è mai stato concesso il diritto all'autodeterminazione.
Se così fosse stato oggi ci ritroveremmo probabilmente con una serie di
stati nazione pacifici e contenti: la Turchia comprenderebbe ampie parti dei territori
abitati dai turchi della Bulgaria, la Macedonia comprenderebbe territori dell'attuale
Bulgaria e della Grecia, ma avrebbe lasciato l'Ovest all'Albania. Questa comprenderebbe
anche il Kosovo. La Serbia comprenderebbe regioni della Bosnia e della Croazia,
ecc. Vi sarebbero due regioni multietniche: la Bosnia e la Vojvodina dove la distribuzione
della popolazione non permetterebbe (o meglio non permetteva prima del 91) una
divisione per linee etniche. Inoltre: chi ha imposto i confini balcanici e quindi
si è reso responsabile di gran parte delle guerre sino ad ora avvenute?
Le grandi potenze: quelle del secolo scorso (Impero Austro-ungarico, Impero Ottomano,
Russia), quelle di questo secolo (Germania, URSS, USA, Regno Unito, ecc. ed anche
l'Italia, o ci dimentichiamo che abbiamo aggredito in varie riprese Albania, Grecia
e Jugoslavia?).
Voi siete razzisti, difendete gli stati etnicamente puri, noi difendiamo la
Jugoslavia che vuole essere uno stato multietnico.
Non affermiamo che preferiamo stati etnicamente omogenei a quelli multietnici.
Diciamo che la scelta di convivere deve essere fatta dai popoli stessi e non dalle
grandi potenze. Altrimenti dobbiamo considerare negativamente le lotte del popolo
lombardo che nel secolo scorso condusse sanguinose battaglie per uscire dall'impero
asburgico, che era un'entità multietnica.
Quanto alla Jugoslavia, si tratta decisamente di un bell'esempio di stato multietnico:
sta cacciando fuori dal Kosovo tutti i suoi cittadini di lingua albanese!
C'è un problema di autodeterminazione, d'accordo. Ma oggi la priorità
è la lotta contro l'intervento imperialista della NATO.
In base a cosa si stabiliscono le priorità? Secondo noi essere internazionalisti
significa proporre soluzioni a tutti i soggetti sociali oppressi. Chi difende
l'impostazione che è prioritario il no all'intervento NATO deve rispondere
alla domanda: cosa devono fare i kosovari cacciati dalle loro case? Devono accettare
la pulizia etnica perchè prioritaria è la lotta contro i bombardamenti
della NATO? Antimperialismo significa appoggio alle lotte degli oppressi contro
il loro oppressore. Questo e' sempre il nostro punto di partenza.
La condanna dell'imperialismo USA e delle grandi potenze deve essere fatta su
questa base, sia ieri che oggi.
BELGRADO CONTRO
IL KOSOVO
Se la questione del Kosovo come culla della civiltà serba è
una copertura ideologica, perchè ai serbi interessa tanto il Kosovo?
Per la semplice ragione che non vi è alcuno stato che rinuncia a pezzi
del proprio territorio senza resistere. Ciò è sempre accaduto nel
mondo sin da quando gli stati si sono costituiti. Gli stati rappresentano la condensazione
istituzionale di una serie di interessi materiali, tra i quali gli interessi delle
classi dominanti, ma anche, nel caso di stati oppressori, di gran parte della
popolazione. La dominazione nei confronti di altri popoli cioè giova soprattutto
alle classi dominanti, ma anche in parte alla popolazione della nazionalità
dominante. I dividenti di vivere in uno stato forte e potente (e un fattore determinante
della potenza è anche l'estensione territoriale) arrivano, anche se sotto
forma di briciole, a settori pi vasti di quelli della classe dominante. Questa
complicità è stata messa in luce anche da Marx quando ha trattato
la questione irlandese: la risoluzione del problema democratico irlandese era
una precondizione del dispiegarsi della lotta di classe in Inghilterra.
Questo è razzismo alla rovescia! Addossate la responsabilità
della politica di un dittatore all'intera popolazione serba!
Non è così. Stiamo dicendo che la classe operaia serba non riuscirà
mai a rovesciare il governo di Milosevic se prima non avrà rotto il legame
complice con l'oppressione serba nei confronti di altri popoli (Vojvodina, Sangiaccato,
Kosovo, ecc.). Del resto non accade la stessa cosa anche in Italia con gli immigrati?
Costoro non subiscono solo l'oppressione di classe, ma anche quella etnica. Non
solo sono sfruttati dai loro eventuali padroni (non tutti sono salariati), ma
sono maltrattati anche dagli italiani, anche dagli operai. Noi dobbiamo vincere
la complicità degli operai italiani perchè è il razzismo
che li lega alla propria classe dominante. E questa è una precondizione
perchè si possa dispiegare in tutte le sue potenzialità la lotta
di classe in Italia.
Il Kosovo è per ragioni storiche una regione serba anche se è
abitato prevalentemente da albanesi.
Se la legittimità del diritto di un popolo a disporre della sua terra dovesse
dipendere dalle "ragioni storiche", allora daremmo il via alla pi formidabile
serie di guerre che l'umanità abbia mai conosciuto. Infatti nessun popolo
è sempre stato sul suolo dove attualmente risiede. Gli stessi slavi, che
sono il ceppo originario dei serbi, risiedevano al di là del Danubio prima
della caduta dell'Impero Romano e dunque secondo criteri "storici" non
dovrebbero aver diritto a vivere nemmeno nella stessa Serbia. Gli ungheresi del
resto se ne dovrebbero tornare oltre il Volga, i tedeschi dovrebbero dilagare
verso est occupando la Polonia, ecc. ecc. La Serbia occupò militarmente
l'attuale Kosovo nel 1912. Con criteri simili (l'appartenenza "storica"
risalendo a duemila anni prima) il sionismo è andato ad occupare le terre
degli arabi in Palestina a cominciare dall'inizio di questo secolo prima pacificamente
e poi nel secondo dopoguerra violentemente: attuando una politica simile a quella
oggi portata avanti dai serbi, cioè con una pulizia etnica che ha costretto
alla fuga centinaia di migliaia di palestinesi che da allora vivono sparsi per
il mondo o accampati intorno allo stato di Israele.
Non fate i finti tonti, il Kosovo è una regione amministrativamente
parte della Jugoslavia fin dalla sua formazione in questo secolo.
Una regione può essere parte di uno stato se si è dato in un certo
momento storico in cui la popolazione di quella regione l'ha accettato. Ma nel
caso del Kosova quando mai è avvenuto? I kosovari si opposero all'inglobamento
nella Jugoslavia nell'immediato secondodopoguerra e nel primo dopoguerra nessuno
aveva chiesto loro il permesso. Se la legittimità dell'appartenenza ad
uno stato di una regione non etnicamente omogenea dipendesse dalla continuità
ammistrativa, allora perchè mai l'Italia ha rivendicato e conquistato lo
Stato Pontificio, dominio della Chiesa da secoli? Con la stessa legittimità
dei serbi la Spagna (come la Francia) nega il diritto all'autodeterminazione del
popolo basco. "I Paesi Baschi sono Spagna!" dicono con orgoglio degno
di miglior causa i nazionalisti spagnoli.
Ma allora quale criterio di legittimità si può utilizzare? Se
saltano i confini ed anche la storia, che rimane?
Le persone. I popoli: solo loro possono decidere della legittimità di un
territorio. Sono l'unico criterio di legittimità. La terra è di
chi ci vive. Questo è il semplice principio da seguire. In un dato territorio
può rivendicare i propri diritti solo il popolo che lo abita e nessun altro.
Naturalmente nel rispetto dei diritti delle minoranze.
Bene, così se noi invadiamo uno stato, lo occupiamo, poi nessuno ci
può pi cacciare perchè lo abitiamo.
Un conto è l'occupante, il colonizzatore. E' un sacrosanto diritto del
popolo invaso cacciare l'invasore. Lo abbiamo fatto noi con i tedeschi, è
giusto che lo facciano i kosavari con l'esercito serbo (non con la minoranza serba
che abita in Kosovo, se non si rende complice degli occupanti). Ma dopo che il
colonizzatore si stabilisce sul territorio, i suoi figli non saranno pi colonizzatori,
quella terra appartiene a loro quanto agli autoctoni. La terra non ha memoria
e chi lo pensa è preda di teorie irrazionaliste. Chiaro che potrà
accadere che i figli dei coloni si trasformino in etnia dominante, come è
accaduto con la minoranza bianca in Rhodesia e boera in Sudafrica. In quel caso
sono senz'altro da appoggiare le lotte delle popolazioni oppresse (come ad esempio
i neri sudafricani), ma non la cacciata dei bianchi, perchè i loro figli
non hanno colpa di essere nati lì. Allo stesso tempo dobbiamo difendere
il diritto al rientro dei profughi palestinesi, ma senza la cacciata degli ebrei.
Dopo la colonizzazione infatti noi abbiamo in Israele una maggioranza di israeliani
nati sul posto e che considerano quella la loro terra. E' chiaro che il rientro
dei profughi non potrà che avvenire con l'abbattimento dello stato sionista.
Sarebbe del resto inimmaginabile se dagli USA cacciassimo tutti gli abitanti per
restituire le terre agli indiani, anche se ovviamente in sede storica dobbiamo
condannare la colonizzazione ed assicurare comunque agli indiani di oggi adeguati
risarcimenti e l'esercizio del diritto all'autodeterminazione, fino alla separazione
territoriale.
Il caso del Kosovo è diverso. Là c'è stata un 'esplosione
demografica. Cosa diremmo se tra cento anni gli sloveni che vivono in Friuli divennissero
maggioranza nella regione e chiedessero l'unificazione con la Slovenia?
Che avrebbero ragione. Cos'è questo amore irrazionale e reazionario per
i confini, il suolo patrio e altri orrori simili da parte di gente che si dice
di sinistra? Noi non abbiamo al centro del nostro interesse la terra inanimata,
ma le persone. I confini poi ci dovrebbero interessare ancora meno: non siamo
favorevoli alla loro abolizione? E nell'attesa non è bene che questi siano
stabiliti non dalle grandi potenze ma dalle persone?
In Kosovo il superamento demografico è avvenuto un secolo fa. Da un secolo,
quindi da quattro generazioni, gli albanesi sono maggioranza. Hanno diritto a
stare con chi credono. Altrimenti dobbiamo avere il coraggio di ammettere un altro
principio: una terra ha diritto di essere di chi ce l'aveva "all'inizio"
anche se a causa di emigrazioni, morti e minore natalità la nazionalità
che c'era prima sparisce. Allora dobbiamo cacciare tutti i canadesi dal Canada
e lasciare quella terra agli eschimesi ed agli algonchini.
Dove eravate quando i serbi venivano massacrati nella Krajina?
Questa domanda ci pare un po' bizzarra, poichè implicitamente riconosce
la giustezza delle nostre posizioni relative al popolo kosovaro proprio attraverso
il parallelismo che viene stabilito con quello serbo della Krajina, a meno che
non si intenda discriminare tra popolo e popolo e tra diritti e diritti. Difendere
i diritti dei kosovari non è un delitto per cui uno deve correre a cercarsi
subito un alibi. Noi difendiamo i diritti dei kosovari come di tutti i popoli
di questa Terra. Quindi così come condanniamo la pulizia etnica dell'esercito
serbo in Kosovo, condanniamo anche le bombe NATO sul popolo serbo. Allo stesso
modo, proprio perchè non riconosciamo altro principio di legittimità
su un territorio che non sia quello del popolo che lo abita da generazioni, allora
condanniamo ed abbiamo sempre condannato senza esitazione alcuna la cacciata dei
serbi di Kraijna da parte della Croazia avvenuta con il silenzio occidentale (ed
anche di Milosevic che ha tentato di servirsi di quei profughi per colonizzare
Kosova e Vojvodina). Non rinunciamo tuttora a chiedere il rientro di questi profughi
nella terra che abitavano. Noi invece domandiamo: dove erano gli attuali demonizzatori
della lotta armata kosovara quando i kosovari combattevano la loro isolata battaglia
in Kosova con metodi pacifici?
L'UCK
Voi difendete l'UCK che è un'organizzazione finanziata dagli USA.
Noi non siamo sostenitori dell'UCK, che a nostro avviso non ha difeso in maniera
adeguata i diritti nazionali del popolo kosovaro. I suoi errori sono stati: accettare
l'accordo di Rambouillet, che prevedeva tra le altre cose il disarmo dell'UCK
e la permanenza della sovranità serba sulla regione e in secondo luogo
fare affidamento sulle bombe NATO e sul possibile attacco da terra. In questo
modo la dirigenza dell'UCK si è resa connivente dell'atto di aggressione
della NATO il cui scopo non è mai stato in alcun modo quella di difendere
gli interessi kosovari ma lo status quo. Gli USA e l'Europa in nome della stabilità
tradiranno la causa kosovara, ad esempio accettando una spartizione di fatto della
regione.
Ma nonostante queste divergenze non ci possiamo nascondere che l'UCK rappresenta
oggi la volontà della stragrande maggioranza del popolo kosovaro e che
sta conducendo una eroica lotta contro l'occupante serbo.
Coloro che difendono la tesi dell'UCK come creatura degli USA dovrebbero riflettere
su un punto. Se così fosse perchè gli USA invece di riversare migliaia
di miliardi in una guerra dalla quale non sanno come uscire non hanno con gli
stessi soldi fornito l'UCK di armi un po' pi credibili? Nessun osservatore ha
mai affermato infatti che l'UCK avesse armamento poco pi che leggero e non osservasse
l'estrema approssimazione di un esercito cresciuto troppo in fretta: si è
visto dalla debolezza con cui ha reagito in passato, nonostante il radicamento
sul territorio, alle varie offensive serbe. Del resto come riescono a spiegare
questi detrattori che USA ed Europa abbiano dato sostanzialmente il via libera
all'offensiva serba dell'estate scorsa ed abbiano imposto a Milosevic un accordo
a ottobre, solo dopo che l'UCK era stata provvisoriamente sconfitta? Come fanno
a spiegare che questa "creatura degli USA" si sia rifiutata di firmare
nella prima tornata di Rambouillet e che gli USA l'abbiano esplicitamente minacciata
di lasciarla nelle mani dell'offensiva serba se non avesse firmato? In realtà
l'UCK è esattamente il fattore che ha obbligato le grandi potenze ad occuparsi
di Kosovo. Sino all'anno scorso finchè durava la lotta pacifica, nessuna
grande potenza mostrava un seppur vago interesse nei confronti del Kosovo e gli
USA si preoccupavano anzi di moderare il già moderatissimo Rugova. E' l'UCK
che ha rotto le uova nel paniere dei giochi delle grandi potenze. Ma vogliamo
essere pi precisi: è stato il popolo kosovaro che con la radicalizzazione
dell'inverno scorso ha obbligato l'UCK ad ingrandirsi e a divenire un'organizzazione
militare di massa. Gli USA si rifiutano di armarli decentemente anche ora che
ne avrebbero tutta la convenienza per la stessa ragione per cui hanno sempre lesinato
aiuti ai bosniaci, preferendo imporre Dayton con le proprie armi. Ed è
la stessa ragione per cui non rifornivano di armi i partigiani in Italia, neppure
le formazioni bianche. Gli imperialisti non aiutano movimenti di massa che non
siano sotto il proprio totale controllo perchè vogliono essere certi di
non creare variabili indipendenti che poi non riescono pi a controllare. Nel caso
del Kosovo loro non lo vogliono indipendente, l'UCK sì. Questo è
sufficiente agli USA per non affidarsi a loro ed utilizzarli al massimo come fattore
di disturbo. Vogliono essere certi di poter pienamente controllare gli esiti del
conflitto.
Da qundo il leader pacifista Rugova, favorevole all'autonomia, ha perso l'egemonia
a favore dell'UCK le sofferenze della popolazione non hanno fatto che aumentare.
Rugova si è sempre dichiarato a favore dell'indipendenza e ha sempre dichiarato
di vedere l'autonomia solo come un passaggio intermedio in vista dello scopo finale.
La sua lotta non è stata pacifica, è stata passiva, dato che scoraggiava
sistematicamente, su indicazione USA, anche le manifestazioni di massa. Quando
è apparsa l'UCK inoltre si è improvvisamente convertito alla lotta
armata aiutando alla formazione delle FARK, un gruppo armato concorrenziale per
un periodo all'UCK.
L'UCK è un'organizzazione terrorista
L'isteria antiUCK che ha preso la sinistra radicale in occasione della guerra
è assai curiosa. Non è scandalizzata da un Milosevic che caccia
dalle proprie case un milione di persone, ma da un gruppo armato scalcinato che
tenta di impedirlo. Non c'è una qualche sproporzione?
A noi l'UCK non interessa per la qualità dei suoi leader, nè delle
sue elaborazioni teoriche, nè delle sue scelte politiche, ma semplicemente
perchè è l'organizzazione scelta da un popolo oppresso. Dire ci
interessa, non significa dire che condividiamo quel che fa. Significa semplicemente
evitare di diffondere calunnie solo per far tornare un po' di conti o per evitare
di difendere il diritto del Kosovo all'autodeterminazione. Questo interesse non
c'era fino a un anno e mezzo fa quando l'UCK era un organismo ristretto, dal confuso
programma e senza interesse per la mobilitazione delle masse. Poi sono state le
masse stesse nel febbraio dell'anno scorso a cambiare i suoi connotati. Sino all'ultima
offensiva serba non c'era un villaggio che non si dichiarasse UCK, anche se senza
conseguenze concrete, data la mancanza di armi. Un radicamento straordinario ed
unico per velocità nella storia delle lotte di liberazione. Questa crescita
impetuosa ha fatto sì che l'UCK non sapesse cosa fare, non ci fosse organizzazione,
preparazione, ma ha rappresentato anche una straordinaria occasione per la sinistra
di interloquire con un soggetto che era cambiato, e stava cambiando in una situazione
di radicalizzazione di massa. L'occasione è stata persa contribuendo a
spingere l'UCK ad affidarsi all'imperialismo.
L'UCK ha fatto il gioco degli USA.
Al contrario, come hanno sempre detto le cancellerie occidentali, lo status quo
è stato rotto dalle masse kosovare in rivolta che hanno utilizzato l'UCK
per prendere le armi. Le masse in rivolta prendono quello che c'è, è
una lezione che i marxisti dovrebbero conoscere assai bene.
Ora che la guerra è iniziata è ovvio che gli USA hanno tutto l'interesse
a cercare di utilizzare l'UCK, ma, se lo faranno, lo faranno con grande prudenza,
contando innanzitutto sulle proprie forze.
Ma l'UCK arruola a forza.
A dire il vero i segnali che arrivano sono quelli di migliaia di lavoratori kosovari
che lasciano i Paesi europei dove erano immigrati per far ritorno in Kosovo per
difenderlo con le armi. Inoltre, anche se fosse vera la storia dell'arruolamento
forzato: l'esercito jugoslavo è per caso formato da volontari? Che ipocrisia!
Non si protesta perchè giovani di leva jugoslavi sono costretti a combattere
una guerra sporca contro la popolazione civile del Kosovo, ma se altri giovani,
kosovari, vengono costretti a difendere la proria terra ci si scandalizza. Siamo
disposti a discutere, ma anche qui non si utilizzino due pesi e due misure. La
coscrizione obbligatoria da parte di un paese invaso è sempre stata una
misura applicata senza che la sinistra abbia mai protestato. Lo hanno fatto i
sovietici durante la guerra civile seguita alla rivoluzione ed anche durante l'invasione
tedesca, lo hanno fatto i sandinisti invasi dalla Contra finanziata dagli USA,
e così i cubani minacciati dagli USA. Siamo contro? Bene, ma allora per
tutti e non solo per i kosovari. Secondo alcuni costoro non dovrebbero accettare
gli aiuti USA e poi non dovrebbero nemmeno difendersi da soli! Ma allora che devono
fare?
L'UCK è la Contra della Jugoslavia.
E' la sciocchezza pi terribile che ci sia capitata di sentire in questo mese.
La Contra era un'organizzazione direttamente creata, addestrata e finanziata dagli
USA. L'UCK no, come abbiamo dimostrato sopra. La Contra non rappresentava alcun
settore della popolazione, l'UCK rappresenta oggi la quasi totalità del
popolo kosovaro. La Contra combatteva una guerra contro il proprio popolo. L'UCK
cerca di difenderlo, pur con una politica di alleanze non condivisibile. La Contra
aveva un programma politico reazionario, l'UCK non ha un programma politico e
sul dopo al suo interno non vengono espresse posizioni. La Contra era un raggruppamento
di macellai e sporchi assassini, cosa che certo non si può dire per l'UCK.
Voi, difendendo il diritto di autodifesa del popolo kosovaro, in realtà
difendete l'UCK.
La nostra è una posizione di principio, secondo la quale siamo a favore
dei diritti degli indios latinoamericani contro l'oppressione meticcia ed imperialista,
a favore degli indios amazzonici contro il colonialismo bianco, con i catalani,
i gallegos, i corsi, i lapponi, i berberi, ecc. Il diritto fondamentale è
quello all'autodeterminazione e siamo a favore dunque della richiesta in questo
senso dei baschi, dei corsi, dei somali, dei tibetani, ecc. Altra posizione di
principio: riconosciamo che là dove vi è oppressione nazionale i
popoli oppressi abbiano diritto all'autodifesa armata, a patto che questa scelta
sia voluta dal popolo stesso. Per questo continuiamo a sostenere la lotta dei
curdi contro la Turchia, dei moros contro le Filippine, dei Sarahui contro il
Marocco, dei baschi contro la Spagna. Ciò non significa in alcun modo la
nostra identificazione con questi movimenti armati. Certo, la nostra simpatia
cresce nei loro confronti in misura direttamente proporzionale al radicamento
sociale e al rapporto democratico che mantengono con le masse. Per questo abbiamo
visto con sospetto l'UCK poco pi di un anno fa quando era un piccolo gruppo isolato
e che sembrava preoccuparsi assai poco dei legami di massa, ma oggi è diverso.
Altra posizione di principio: noi difendiamo questi diritti anche là dove
questi sono assunti da forze politiche i cui contenuti politici e il cui stile
non condividiamo. Ciò è accaduto innumerevoli volte alla sinistra.
E' il caso ad esempio dei palestinesi. Oggi la loro lotta è portata avanti
da una forza di centro destra come Al Fatah e da gruppi fondamentalisti. Forse
per questo neghiamo ai palestinesi la nostra solidarietà? Forse è
a causa delle bombe islamiche, che certo non condividiamo, che neghiamo ai palestinesi
il diritto all'autodifesa armata?
Il sentimento di difesa etnico di un popolo oppresso è essenzialmente progressista
quando non si intreccia alla contemporanea oppressione nei confronti di altri
popoli; i gruppi nazionalisti espressione di queste lotte possono subire rapidissime
evoluzioni in senso classista. Basti pensare al Movimento 26 de Julio di Castro
e Guevara (dove quest'ultimo era l'unico marxista del gruppo), o dei sandinisti
negli anni trenta, ecc.
L'UCK ha fatto pulizia etnica in Kosovo.
L'UCK si è resa responsabile di alcune sparizioni di civili. Fonti serbe
citano circa un centinaio di casi. L'UCK ha smentito affermando che i civili serbi
in Kosovo in realtà sono tutti armati. Si tratta di azioni che, se non
riguardano soldati in abiti civili, collaborazionisti, spie, ecc. (nel qual caso
dovremmo condannare tutti i movimenti di liberazione, che senza alcuna eccezione
a parte i sandinisti, hanno fucilato spie e collaborazionisti, palestinesi compresi),
noi condanniamo. Bisogna però avere il senso delle proporzioni. Come si
fa a mettere un popolo che per anni senza risultati e nell'indifferenza generale
ha lottato con mezzi pacifici ed ora è cacciato a centinaia di migliaia
dalle proprie case sullo stesso piano dei loro aguzzini? Questa è una operazione
che per viltà assomiglia a quella che i revisionisti nostrani fanno nei
confronti dei nostri partigiani. Prendendo casi isolati di giustizia sommaria
assimilano quel tipo di violenza a quella dei fascisti.
Ciò che per noi risulta inaccettabile è che a seconda della situazione
questi diritti siano considerati variabili, senza mai specificare quali sarebbero
i criteri. Per noi i diritti democratici sono non condizionabili, e il loro sostegno
costituisce la premessa perchè possa svilupparsi la lotta di classe.
Il disegno imperialista è quello di far leva su un cordone islamico
finanziato dall'Arabia Saudita e che punta al rafforzamento dei kosovari, dei
musulmani del Sangiaccato e dei musulmani bosniaci.
Gli USA non hanno alcun bisogno di creare cordoni islamici, perchè
per loro è sufficiente la propria potenza economica per ammansire qualsiasi
cricca al potere che le garantisca un ragionevole mantenimento dello status quo.
L'argomentazione inoltre nasconde una mentalità razzista antislamica. Infatti
perchè ci si preoccupa tanto del fondamentalismo islamico e non di quello
cristiano ortodosso? In Serbia è assolutamente evidente, con buona pace
di coloro che pensano che si tratti di un paese socialista, il dilagare, insieme
al nazionalismo, del fondamentalismo ortodosso: cosa pensiamo che significhino
le tre dita alzate dai serbi nazionalisti? Le gerarchie ecclesiastiche ortodosse
sono sempre state in prima fila a difendere, anche nello stesso Kosovo, la guerra
etnica contro gli albanesi.
I kosovari oggi, come i bosniaci ieri sono sostenuti e finanziati dal fondamentalismo
islamico e soprattutto dall'Arabia Saudita.
Anche durante la guerra di Bosnia eravamo inseguiti da articoli pubblicati nei
giornali di sinistra e che dipingevano le città della Bosnia dominate da
mullah che imponevano il velo a tutte le donne che incontravano. Chi è
stato sul posto sa come stanno le cose. In realtà la religiosità
dei bosniaci e dei kosovari (e di tutti gli albanesi) è una tra le pi basse
del mondo, e questo perchè l'elemento nazionale è sempre stato un
elemento identitario pi forte di quello religioso. Ad esempio non si hanno notizie
significative di lotte tra albanesi cattolici, ortodossi e musulmani. Se ci fosse
stato o ci fosse un finanziamento saudita, beh, il minimo che si possa dire è
che avrebbe potuto essere un po' pi generoso: quello bosniaco ieri e quello kosovaro
oggi sono i due eserciti pi disarmati della regione, tutti erano pi armati di
loro dai serbi ai croati.
Purtroppo ci sono molti pregiudizi e scarse conoscenze sull'islamismo. Tra quello
balcanico e quello saudita o iraniano ci sono differenze insanabili. Cosa diremmo
noi se un islamico mettesse in uno stesso fascio i testimoni di Geova, gli anglicani,
i teologi della liberazione, il Papa e i frati di Taizè con l'argomento
che, tanto, sono tutti cristiani? L'islamismo saudita (e quello scita iraniano)
si oppone violentemente alla tradizione mistica e letteraria sufista che invece
rappresenta il cuore della cultura musulmana balcanica. Tra gli albanesi ci sono
circa un milione di Bektasci, una variante del sufismo, così aperto che
anche non musulmani possono far parte delle sue confraternite e dove le donne
possono condurre i rituali, contrariamente a quanto avviene nel cattolicesimo.
L'islamismo saudita è assolutamente contrario alla venerazione dei morti,
mentre invece è un tratto centrale della cultura religiosa balcanica non
solo musulmana, così come il primo non celebra la nascita del Profeta,
mentre invece quella festività (milad) è una pietra angolare della
seconda, ecc.
INTERNAZIONALISMO
Voi citate Marx, il quale ha però anche detto che gli operai non
hanno patria.
E lo rivendichiamo. E' il prodotto della cultura e dell'ideologia borghese, tipicamente
ottocentesca, l'identificazione tra i concetti di patria e nazione. Noi separiamo
i due termini e sosteniamo che quello nazionale è un fatto materiale e
concreto, che sta alla base della costruzione dell'identità degli individui
e dei popoli; la patria è invece un valore morale, spesso ammantato di
sacralità, nel nome del quale si sono commessi i pi orrendi misfatti. L'etimologia
ancora una volta lo dimostra: nazione deriva da natio, nascita, da quell'evento
naturale e concreto che è anche il pi gioioso della vita degli uomini;
patria deriva invece da patrius, paterno, ha cioè radice in quel che termine
che è il prototipo del principio di autorità. Basti pensare al significato
del Vaterland tedesco o, cambiando genere, della "Santa Madre Russia".
In conclusione, il termine nazione ci porta a sostenere le rivendicazioni legittime
degli individui che sono nati e abitano una certa terra; il termine patria invece
è riconducibile al criterio sciovinista della storicità di un territorio
in quanto appartenuto ai padri.
Marx ed Engels hanno attribuito, come già detto, grande importanza alla
soluzione delle questioni nazionali quale prerequisito indispensabile alla stessa
lotta di classe e all'internazionalismo. La stessa etimologia del termine "internazionalismo"
ci indica che esso non significa "aldilà" o "sopra"
o "oltre", ma "tra" le nazioni: l'internazionale è
quindi la creazione stabile e duratura di una organizzazione che non prescinde
ma che si stabilisce tra le nazioni, in un rapporto equo e democratico tra loro;
e perchè questo si realizzi è necessario che prima siano riconosciuti
i diritti naturali di tutte le nazioni, e cioè di tutti i popoli.