Votare "NO" il 5 maggio, al referendum su Le Pen! Candidature uniche di sinistra al primo turno delle legislative!
Appello di Michel Cahen ai compagni trotzkisti e agli elettori di sinistra per sconfiggere Le Pen al secondo turno delle presidenziali e costruire una dinamica politica da fronte unico delle sinistre alle prossime legislative. 22 aprile 2002. Traduzione a cura di Reds.


Cari compagni

1°) La situazione aperta dal duello "Chirac-Le Pen" al secondo turno delle presidenziali è dolorosa e inattesa per noi tutti. Nondimeno, paragoni affrettati, come quello di Mamère che fa riferimento al 1933 in Germania, non sono da porsi. Le Pen ha progredito molto poco in numero assoluto di voti in rapporto al 1995 e il suo risultato percentuale è l'effetto matematico dell'astensionismo; il risultato di Chirac è assolutamente minimo; e se la sinistra non potrà essere presente al secondo turno, non è a causa dell'emergenza elettorale della sinistra radicale e della "dispersione", ma perché la costituzione della V Repubblica impedisce che più di due candidati possano presentarsi al secondo turno (che invece è possibile alle legislative, dove si deve ottenere un po' più del 12% per concorrere).
Mai gli effetti perversi della costituzione della V Repubblica, organizzata intorno alla persona di un Capo (De Gaulle e successori), si sono fatti sentire così nettamente: in primo luogo, la personalizzazione a oltranza dell'elezione del Capo dello Stato con il suffragio universale diretto, in secondo luogo la limitazione a due delle candidature - limitazione che non ha più alcun senso quando un candidato non raccoglie che un terzo dei consensi e che permette situazioni di qualunquismo, come quella che conosciamo ora.

Per tutti i militanti di sinistra, ma in particolare per quelli che, come me, anche senza partito, hanno una formazione politica trotzkista, la situazione è difficile.

La mia reazione di "principio" è dire: io non voterò mai Chirac! Tuttavia, sono abituato a inghiottire rospi, dal momento che ho sempre votato, al secondo turno delle elezioni, per il candidato della sinistra meglio piazzato (divergo dunque, su questo punto, da Laguiller e anche da Besancenot - per il quale ho votato lo stesso). Ma quando si vota per il candidato di sinistra meglio piazzato, anche socialdemocratico, si esprime anche una forte volontà di sinistra, si vuole che la sinistra intera vinca, benché poi, DENTRO la sinistra, si esprimeranno le divergenze. In breve, si esprime un voto generale di "classe", anche se la politica condotta dal partito dominante è in contraddizione con questa politica di classe.

Qui, niente di simile: io non posso esprimere il mio voto di classe votando per Chirac. Dunque rifiuterò? Questo ragionamento è immediatamente confortato dalla constatazione che, logicamente, i voti della "destra classica" da sola saranno sufficienti per battere Le Pen. Inoltre, siccome sono convinto che una parte della gente di sinistra voterà Chirac per paura di Le Pen, sono "tranquillizzato" e posso restare fermo sui miei principi. In breve, vanto una posizione di principio che tiene perché sono persuaso che una buona parte dell'elettorato non la seguirà. Allora, bisogna essere coerenti e dire che, anche se fossimo veramente nel 1933, con l'imminente presa del potere si Le Pen-Hitler, io boicotterei lo stesso le elezioni perché tutti i "candidati della borghesia" si equivalgono, dai radicali di sinistra ai nazisti: è la posizione (non sorprendente) di Laguiller; Besancenot è stato più sfumato, ma poco chiaro sul piano elettorale.

In generale, quando si difende una posizione di principio, si cerca di convincere e fare in modo che gli altri la seguano: si cerca di convincere quelli di sinistra, ma si cerca anche di guadagnare alle nostre idee quei lavoratori che votano a destra. Ora la posizione di principio qui sopra espressa, se sarà massicciamente seguita, porterebbe obbligatoriamente alla vittoria di Le Pen.

La constatazione dunque è che al secondo turno non sarà possibile per il popolo di sinistra esprimere un voto di classe. È una ragione per non votare? Io penso che non sia questo il caso.

Molte volte ci capita di dover fare delle scelte che non corrispondono a posizioni di classe. In particolare è il caso dei referendum, quando, una questione "semplice" riveste in realtà problemi complessi, e nondimeno bisogna rispondere "sì" o "no". E questi "sì" o questi "no" mescolano evidentemente persone di opinioni fortemente differenti. Ai tempi dell'ultimo referendum sul quinquennato, io ho votato "no" (contro una deriva quadriennale all'americana della funzione presidenziale), altri, a sinistra, hanno votato "sì" o si sono astenuti. Una "barriera di classe" non ha separato le diverse opzioni. Ci sono situazioni in cui si può optare per posizioni certamente democratiche e tuttavia "interclassiste".

Tale è la situazione presente. Non si tratta più di un secondo turno di elezioni bipolarizzate in salsa V Repubblica, in cui gli elettori, ciascuno nel rispettivo campo, votano per il "meno peggio" ed eliminano il candidato avversario. Non ci sono più campi rispettivi, non si tratta più di una elezione presidenziale. Si tratta di un referendum "sì" o "no" a Le Pen.

Se la maggioranza del popolo di sinistra si astiene, anche se Le Pen è sconfitto, il voto avrà allora un senso politico per i due candidati: per esempio, 65% dei suffragi espressi per Chirac, 35% per Le Pen. L'effetto politico sarebbe disastroso, con un Le Pen forte di un terzo dell'elettorato espresso e un Chirac forte degli altri due terzi.

Ma se, in un contesto globale di forte partecipazione e debolissima astensione, il popolo di sinistra nel suo insieme vota "No" a Le Pen, e il risultato è del 90% di "no" (formalmente voti "Chirac") e del 10% di "sì" (formalmente voti "Le Pen"), apparirà chiaramente che Le Pen è stato rifiutato dal popolo. Viceversa, Chirac, con ogni evidenza, non potrà affatto rivendicare per sé quel 90% di voti che, formalmente, verranno portati al suo nome. Non potrà nemmeno sapere con quanti voti sarà stato eletto.

È per questo che faccio appello che si voti "No" al referendum Le Pen.

2°) Comunque, il terremoto politico è enorme. La destra, malgrado le apparenze, è fragile. Non è escluso che la sinistra vinca alle legislative (gli "shock" hanno talvolta questo di buono, che provocano sussulti), cosa che riproporrebbe una nuova coabitazione instabile, rifiutata dai due schieramenti, e quindi probabilmente nuove elezioni entro i 18 mesi successivi.
In seno a questa sinistra, la sinistra radicale ha ora una sua collocazione stabile e duratura e nuove responsabilità. Anziché rallegrarsi del suo buono ma piccolo risultato (10% circa), questa sinistra radicale deve comprendere che la radicalità non deve opporsi alle masse, ma al contrario farle crescere. Più che mai - per riprendere la tradizionale espressione trotzkista - ci vuole una politica di fronte unico operaio, bisogna tendere la mano a tutti gli elettori socialisti, comunisti, verdi e astensionisti di sinistra, disorientati, che si stanno mobilitando.

Qualunque cosa si pensi della politica della sinistra governativa, si sarebbe frazionisti se si cominciasse a insultare gli elettori della sinistra tradizionale con slogan tipo "No alla vera destra, No alla falsa sinistra". Questi discorsi sinistrorsi permettono di far piacere a se stessi, ma sono nefasti per la mobilitazione unitaria di tutto il popolo della sinistra. E non servono a nulla nella pratica perché non è dando lezioni che lo si convince. Si può pensare che la confusione è dovuta alla politica del governo della sinistra plurale (la penso anch'io così), ma per realizzare l'unità, il mezzo migliore non è quello di imporre le nostre opinioni agli altri.

La sinistra radicale ha oggi una certa forza, e deve capire che questa forza può crescere ancora molto se ella sa approfittarne per uscire dai suoi margini abituali (anche un po' rozzi). Niente vieta che si costruisca un nuovo grosso partito di sinistra, soprattutto a partire dalla LCR. Non ci si deve porre però dal punto di vista della "estrema-sinistra", ma di tutta la sinistra; bisogna contribuire a dare voce al popolo di sinistra, per una sinistra di sinistra, né "estrema", né "100%" [il motto della campagna elettorale della LCR a favore di Besancenot - N.d.R.], ma molto semplicemente e fedelmente di sinistra.

Nelle circostanze attuali, la sinistra radicale, e soprattutto la LRC (io non ho alcuna speranza in Lutte Ouvriere) dovrà dunque sostenere candidature uniche di sinistra nel primo turno delle legislative. La sinistra radicale ha oggi la forza di richiedere che alcune di queste candidature siano scelte dalle sue fila, o siano di personalità locali unitarie. Bisogna tenersi irremovibili su pochi punti di democrazia e di classe, che "concretizzano" i grandi valori del popolo di sinistra (a titolo di esempio: divieto di licenziare per convenienza borsistica - un'impresa che ha distribuito dividendi l'anno precedente non ha il diritto di licenziare durante l'anno in corso e quello seguente; moralità in politica; difesa delle pensioni per ripartizione; stop a tutte le privatizzazioni dei servizi pubblici). Funzionerà o no? Non lo so, ma è responsabilità della sinistra radicale - la sola che è avanzata - prendere l'iniziativa di indirizzarsi a tutta la sinistra, per rilanciare una dinamica unitaria di mobilitazione. Sarebbe disastroso che essa sviluppasse unicamente, nei confronti della sinistra classica, un discorso di chiusura. La sinistra radicale non rischia di "perdersi", al contrario, essa si svilupperà nel quadro di questa dinamica. E se la sinistra classica rifiuta, è lei che ne porterà la responsabilità.
Viceversa, se è la sinistra radicale a rifiutare, il suo peso sarà ridimensionato dalla tendenza al voto utile, che sarà evidentemente massimale nei prossimi mesi, ed essa non potrà quindi sfruttare il suo eccellente risultato al primo turno delle presidenziali.
La campagna per candidature uniche della sinistra è il mezzo migliore di rispondere anche alle sirene che non mancheranno di levarsi sul tema della "unità di tutti i repubblicani", di "tutti i democratici", in vista di un governo di "unità nazionale". Ciò che è accettabile per un secondo turno delle presidenziali praticamente trasformate in referendum, non lo è affatto per delle elezioni che devono portare alla formazione di un governo. Contro le sirene della "unione di tutti i repubblicani", rispondiamo con l'unità del popolo di sinistra!

Non si tratta in effetti di domandare alla sinistra di essere ancor meno di sinistra, per "allargarsi" verso l'elettorato centrista, verso la destra non fascista. Questo genere di deriva delude a sinistra e non cattura mai gli elettori di destra. Che ogni partito conservi il suo programma, ma che tutti entrino in una politica unitaria. Nessun partito di sinistra può crescere in maniera duratura, al di là di successi temporanei, sulla rovina degli altri partiti di sinistra, dato che tutti si radicano nel medesimo retroterra sociale, in quella cosa vaporosa ma solida che viene comunemente chiamata il "popolo di sinistra". Se questo entra in una situazione di riflusso sarà tutta la sinistra a soffrirne, sia "classica" che radicale.

Votare "NO" il 5 maggio, al referendum su Le Pen!
Candidature uniche di sinistra al primo turno delle legislative!