Lo sciopero dei minatori britannici del 1984-85.
La storia dell'epico sciopero dei minatori britannici contro la politica antioperaia e privatizzatrice del governo conservatore di Margaret Thatcher. REDS. Aprile 2001.


vedi anche:

Cronologia dello sciopero dei minatori britannici del 1984-1985

recensione del film Billy Elliot

Quella che proponiamo e' un'ampia sintesi da noi liberamente curata traducendo alcuni dei numerosi articoli e dei commenti apparsi su Inprecor tra il marzo 1984 e il novembre 1985, riguardanti il grande sciopero dei minatori britannici contro la politica antioperaia e privatizzatrice del governo conservatore di Margaret Thatcher. i titoli dei paragrafi sono a volte originali, a volte redazionali.

Il governo Thatcher di fronte allo sciopero dei minatori
di Steve Roberts, 29 marzo 1984.

Le premesse politiche ed economiche dello sciopero
La chiusura generalizzata dei pozzi di carbone è essenziale nella strategia del Partito conservatore. Il sindacato dei minatori ha fronteggiato vittoriosamente la politica dei conservatori tra il 1972 e il 1974. Gli scioperi dell'epoca hanno contribuito alla caduta del governo di Edward Heath. Così, quando tornano all'opposizione sotto la guida di Margaret Thatcher, i conservatori stilano un bilancio di quella esperienza fallimentare. Il risultato di quella riflessione è il rapporto Ridley, un documento confidenziale secondo il quale il principale problema politico-economico che un nuovo governo conservatore deve affrontare va individuato nell'esistenza di un vasto settore pubblico e nazionalizzato, nel quale i lavoratori sono molto ben organizzati. Ai primi posti nella lista dei potenziali oppositori ai conservatori si trovano in effetti i lavoratori della nazionalizzata British Leyland, i ferrovieri, gli addetti al servizio delle acque e, certamente, i minatori. Sul piano economico il rapporto Ridley prevede di sottoporre il settore pubblico a un trattamento speciale, sopprimendo le aziende nazionalizzate che non garantiscono profitti e aprendo al capitale privato quelle che rendono. La strategia delineata è quella di intraprendere un vasto programma di chiusura di unità produttive in taluni settori, come la siderurgia, le ferrovie e il carbone, di privatizzare e intaccare il monopolio statale nei settori in espansione come le telecomunicazioni, e di stabilire un sistema misto pubblico-privato nella sanità, tra ospedali, municipalità e ditte private. Lo stesso rapporto dà indicazioni precise sulla necessità di ampliare le possibilità di intervento poliziesco e di concedere ai tribunali poteri legali sufficienti a dichiarare illegale ogni efficace risposta di lotta. Senza lasciare nulla al caso, il rapporto è dell'avviso che si debbano attaccare per primi i settori più deboli: le acciaierie, la British Leyland, i ferrovieri, e accordare in un primo tempo concessioni a quelli più forti, come le acque e le miniere, per affrontarli direttamente in seguito.
Questo è il piano di battaglia applicato da Margaret Thatcher dopo la sua elezione nel 1979. I lavoratori della British Leyland subiscono una serie di attacchi che decimano la base delle organizzazioni sindacali in alcune officine come Longbridge a Birmingham e Cowley a Oxford. La sconfitta dei siderurgici nel 1980 significa che 100.000 lavoratori perdono il posto. I sindacati del pubblico impiego subiscono un'umiliante sconfitta nel 1982, che mette addirittura in discussione i diritti e le libertà sindacali negli apparati dello stato. E' ora il turno dei minatori e dell'industria del carbone.
L'industria britannica del carbone è negli anni '80 la più importante della CEE, insieme a quella della Germania ovest. Come tutte le industrie del settore in Europa, secondo i disegni del capitale internazionale, esse sono votate alla rovina. In Gran Bretagna, incaricato di eseguire la politica dei conservatori nel settore minerario è Ian McGregor, un uomo d'affari canado-scozzese che aveva condotto anche la liquidazione dell'industria siderurgica britannica. McGregor diviene presidente dell'Ufficio nazionale del carbone (NCB), l'organismo che gestisce l'industria estrattiva, pressoché interamente nazionalizzata. Il NCB amministra 176 pozzi che impiegano 120.000 dei 183.000 lavoratori dell'industria carbonifera.
La strategia di McGregor consiste nel tagliare le sovvenzioni all'industria mineraria, chiudere i pozzi che non rendono, canalizzare gli investimenti verso nuovi "super-pozzi" da vendere in seguito all'industria petrolifera, come denuncia il dirigente laburista Tony Benn. Un altro motivo per voltare le spalle alla produzione carbonifera è legato al programma di costruzione e di potenziamento di centrali nucleari. E' difficile giustificare questa scelta con motivazioni economiche: la politica del governo è quella di ridurre la dipendenza energetica del paese dai minatori e dai trasportatori da un lato e dai paesi produttori di petrolio politicamente instabili dall'altro.
I minatori sono d'accordo sulla chiusura dei pozzi solo nel caso siano esauriti o che la sicurezza sia a rischio. Se concordano che vi siano dei pozzi che lavorano in perdita, essi sono convinti che l'industria del carbone nel suo insieme possa essere rivitalizzata da investimenti adeguati e aggiungono che le sovvenzioni statali devono allinearsi a quelle degli altri paesi della CEE (Nel 1982 le sovvenzioni statali alla produzione di carbone sono pari a 17 milioni di sterline in Francia e Belgio, 8 in Germania e solo 3 nel Regno Unito).
La lotta contro la chiusura dei pozzi comincia con la spettacolare vittoria dei minatori del Galles meridionale nel 1981, che impone l'abbandono del programma di smantellamento. Tuttavia il governo non batte in ritirata, ma decide di attendere circostanze più favorevoli. Nel 1983, i minatori gallesi chiamano di nuovo allo sciopero nazionale contro la chiusura dei pozzi nella loro regione. L'appello è ripreso da diverse regioni ma allorché si vota non ottengono che il 39% su scala nazionale, malgrado organizzino picchetti volanti in tutto il paese. Un'esperienza analoga si ripete lo stesso anno in Scozia. La lezione tratta di queste esperienze si riflette nella condotta della lotta del 1984-85. I preparativi per lo sciopero sono cominciati nel 1983, con il blocco degli straordinari sul piano nazionale durato 19 settimane grazie alla mobilitazione sindacale. Tuttavia la minaccia di divisioni tra i lavoratori è sempre in agguato.

L'inizio del grande sciopero dei minatori britannici
Il 12 marzo 1984, a partire dallo Yorkshire del sud, inizia il grande sciopero dei minatori, dopo che Ian McGregor annuncia la chiusura di 20 pozzi nell'anno successivo e la perdita di 20.000 posti di lavoro, compensati da aumenti salariali del 5,2%. Il primo giorno il numero dei pozzi in sciopero contro la chiusura è di 90 su 176; il giorno seguente il numero sale a 133 e dopo la prima settimana a 142. Un voto parziale, organizzato durante la prima settimana nelle regioni di tendenza moderata, dimostra che circa un terzo è contrario all'azione in corso. Malgrado ciò il 27 marzo si contano solo 38 pozzi in normale attività. Quel giorno, regioni come le Midlands che hanno votato contro lo sciopero si uniscono alla lotta. Alla fine di marzo l'attività è ferma nei tre quarti dei pozzi che dipendono dal NCB.
Un ruolo determinante in questa partita lo giocano i picchetti volanti, ai quali partecipano molti giovani lavoratori che per la prima volta si trovano coinvolti in un conflitto sociale su scala nazionale. I picchetti manifestano certamente tutta la collera dei dimostranti nei confronti dei crumiri, ma la responsabilità degli atti di violenza che si scatenano, che uccidono un minatore, che provocano numerosi feriti e centinaia di arresti, ricade interamente sulla polizia, che conta 8.000 agenti in assetto di guerra schierati dal governo per reprimere la lotta. Una delle principali operazioni della polizia è quella di intercettare i picchettatori per impedire che si spostino da una regione all'altra "a commettere delitti". Queste misure draconiane vengono denunciate da varie organizzazioni di difesa dei diritti civili; i minatori rivolgono appelli alla Corte Suprema, dalla quale attendono un intervento contro questi attentati alla libertà di circolazione. L'azione dello stato non si limita alla repressione poliziesca: multe e confische di beni colpiscono le organizzazioni sindacali che organizzano o appoggiano i picchetti in altre regioni.

L'atteggiamento delle organizzazioni del movimento operaio
La risposta dei dirigenti del movimento operaio britannico di fronte azioni del governo che ha impegnato tutte le sue risorse contro i lavoratori è veramente deprecabile. I parlamentari laburisti mentre proclamano a parole il loro appoggio alla causa dei minatori si uniscono al coro di quelli che condannano le violenze dei picchetti. Neil Kinnock, il nuovo leader laburista, dice testualmente in Parlamento: "La legge non impedisce a nessuno di cercare di influenzare gli altri lavoratori, ma se qualcuno diventa violento nel corso dei picchettaggi, io lo condanno". L'atteggiamento ondivago di Kinnock contrasta fortemente con quello di Tony Benn, eletto al Parlamento col voto unanime dei minatori del Nord-Derbyshire. Benn passa molto tempo in visita ai picchetti della sua e di altre regioni, interviene nei meeting di sostegno ai minatori e si associa totalmente alla lotta e alla direzione di Scargill. Arthur Scargill è presidente dal 1981 del Sindacato nazionale dei minatori (NUM) al quale ha dato un'impronta fortemente militante. La stampa borghese lo ritrae come un personaggio autoritario che rifiuta ai membri del suo sindacato di esprimersi sulle sue decisioni. Questa campagna denigratoria ignora costantemente il fatto che la politica del sindacato nazionale è stata sempre quella di sostenere le regioni in sciopero, senza obbligarle a sottostare a un voto su scala nazionale.
La Confederazione dei sindacati britannici (Trade Unions - TUC) è riuscita nell'impresa notevole di non discutere dello sciopero negli organismi direttivi dopo ben due settimane dallo scoppio, a causa della brusca sterzata a destra sancita dall'ultimo congresso. Ciononostante la base delle Trade Unions mette costantemente in imbarazzo i dirigenti rifiutando di seguirli nella loro passiva accettazione delle scelte governative e profittando di ogni occasione per manifestare contro le misure antisindacali del governo. Tuttavia lo spirito di resistenza attiva non cresce che molto lentamente. La massa critica in seno alle Trade Unions verso l'ala destra maggioritaria, guidata da Len Murray, non è abbastanza forte per apportare un sostegno sufficiente e duraturo alle iniziative dei minatori, che sono così facilmente confinate nell'illegalità dalla legislazione antisindacale del governo. Questa divisione si riflette negli atteggiamenti differenti delle varie categorie di fronte allo sciopero dei minatori. Il Sindacato dei trasporti e dei lavoratori non qualificati (TGWU), che conta 1,6 milioni di iscritti, ha impegnato i suoi aderenti nel sostegno della lotta dei minatori. Ma i lavoratori delle centrali elettriche, dove dominano i dirigenti dell'ala destra del Sindacato degli elettrici, hanno avuto la consegna di continuare normalmente il lavoro.
I minatori hanno ottenuto un importante sostegno dall'alleanza di tre importanti sindacati, delle ferrovie, dell'acciaio e del carbone, che si sono promessi aiuto reciproco se uno di essi intraprende un'iniziativa di lotta. Questa solidarietà è uno degli elementi-chiave del conflitto. Infatti nonostante il padronato avesse a disposizione grandi riserve di carbone prima dell'inizio dello sciopero, il combustibile ha cominciato presto a mancare nelle aziende siderurgiche, come Scunthorpe sulla costa orientale, dove è stato necessario dimezzare i tempi di lavoro e la produzione per economizzare sul carbone. Alcuni membri del Sindacato dei siderurgici di questa azienda si sono uniti ai minatori per bloccare importazioni di carbone. Nelle ferrovie i lavoratori hanno rischiato la serrata per aver rifiutato di trasportare carbone: l'azione dei ferrovieri è stata decisiva per l'efficacia della lotta dei minatori. Il sindacato dei marittimi ha anch'esso dato il suo appoggio a questo sciopero: 70 trasporti di carbone via mare destinati a spezzare la paralisi dello sciopero hanno dovuto ritornare a Zeebrugge in Belgio e a Calais in Francia. In qualche regione l'approvvigionamento domestico è interrotto, tranne che per i vecchi, i malati e gli ospedali.
La stampa cerca di lanciare l'operazione "le spose contro lo sciopero" o altri movimenti del genere all'interno delle comunità dei minatori. Ma tali movimenti si rivelano effimeri. Per contro organizzazioni come le "Donne dei minatori dello Yorkshire" sono stabilmente costituite e hanno aperto nello Yorkshire meridionale quattro centri destinati ad aiutare le famiglie degli scioperanti nel far fronte ai problemi economici.
L'alleanza tra le diverse categorie di lavoratori e il pieno sostegno ai minatori in lotta da parte delle organizzazioni politiche e sindacali della classe operaia possono condurre alla vittoria dello sciopero e segnare come conseguenza un indebolimento del governo Thatcher. Ma i dirigenti laburisti e trade-unionisti sembrano più spaventati da una simile prospettiva che da quella di una vittoria dei conservatori sugli scioperanti. I minatori comunque non hanno scelta: se rifiutano di lottare i loro sindacati saranno smembrati e metà degli effettivi di questo settore saranno licenziati nei prossimi dieci anni. La classe operaia britannica avrà perso la d'avanguardia. Anche la solidarietà internazionale è pertanto chiamata a partecipare a questa importante lotta.

La solidarietà internazionale ai minatori
La solidarietà internazionale non si è fatta attendere. Numerose sono le attestazioni e le sottoscrizioni in favore dei minatori britannici che arrivano da lavoratori, sindacati e organizzazioni varie di Francia, Spagna, Belgio, Svizzera, Germania, ecc. In Polonia i militanti di Solidarnosc si interrogano sul modo di organizzare concretamente la solidarietà con i minatori britannici, tenendo presente tutte le difficoltà che conosce un'organizzazione sindacale clandestina (vedi n. 186 del 1984, che riprende Front Robotniczy del 24 agosto). Il governo Thatcher, infatti, messo alle strette dallo sciopero si trova nella necessità di far ricorso agli approvvigionamenti esteri di energia, e uno dei principali fornitori di carbone alla Gran Bretagna è il governo polacco del generale Jaruzelski, il cui comportamento è stato denunciato da Scargill come antisocialista. La tattica da seguire quindi dal movimento internazionale è quella di tentare di bloccare o almeno di ridurre le esportazioni verso il Regno Unito.

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La mobilitazione delle donne dei minatori
di Judith Baker, 30 settembre 1984.

Le donne, insieme ai giovani, si distinguono nella campagna di solidarietà: girano l'Europa, tengono conferenze, raccolgono consensi e sostegni concreti alla causa dei minatori. Ma nello sciopero del 1984-85, le donne dei minatori realizzano qualcosa di più e di nuovo. Rispetto al passato non si limitano a organizzare la distribuzione dei viveri, le collette o a dare consigli per gli aiuti all'infanzia e l'intervento dell'assistenza sociale. Esse giocano un ruolo politico diretto attraverso proprie iniziative, sia nei picchetti che nelle manifestazioni di massa. La manifestazione di Londra dell'11 agosto 1984 costituisce un esempio significativo. Tra le 20.000 e le 30.000 donne delle regioni minerarie sfilano nelle vie della capitale gridando: "Vinceremo, vinceremo!". Esse sono appoggiate dalle donne del Partito laburista e da altre organizzazioni femministe. Gli uomini, tra cui Scargill e Benn, sono nelle ultime file. Passando davanti alla sede del ministero della Sanità e della Previdenza sociale (DHSS), le donne presentano un assegno di 49 milioni di sterline, che rappresentano la somma che il DHSS ha rubato ai minatori e alle loro famiglie sottraendo agli investimenti sociali loro destinati 15 sterline a settimana per famiglia, con il pretesto che i minatori riceverebbero denaro dal sindacato.
L'attività spontanea delle donne e in particolare la loro presenza nei picchetti ha un impatto enorme nel movimento operaio. Il Sindacato dei minatori si era reso celebre in passato, ad esempio per le foto di donne nude pubblicate nello Yorkshire Miner, il bollettino sindacale di quella regione. Le donne sono spesso ingiuriate dai crumiri che dicono loro di tornare ai fornelli. Agli inizi i loro stessi mariti erano perplessi di fronte alla loro baldanza. "Ma oggi - spiega Betty Heathfield, del Comitato di coordinamento nazionale delle donne delle regioni minerarie - c'è una reciproca e straordinaria comprensione tra uomini e donne". Al termine di un meeting organizzato in margine al congresso della TUC del settembre 1984 ella ha dato spiegazioni più articolate: "L'attività delle donne è un modo di risvegliare e di unire tutto il movimento operaio alla base. Esse hanno spinto molti uomini a impegnarsi nello sciopero. E quando vinceremo sarà una vittoria per tutti. L'immagine della donna pronta a essere di fronte al suo uomo che si accinge a superare un picchetto per andare a lavorare sarà efficace per sempre". In questo modo Betty Heathfield ricorda l'esistenza di un picchetto di donne che tutte le settimane si pone di fronte ai cancelli delle miniere di Nottingham.
A partire da questa forza ritrovata le donne dei minatori stringono legami con altre donne, di segno diverso da quelli del passato, quando le donne laburiste le "aiutavano". Ora lo fanno mettendo in campo proprie iniziative e proprie organizzazioni, che spesso si ispirano all'esempio delle "Donne per la pace", di Greenham Common. Lorraine Bowler, del gruppo delle "Donne di Barnsley contro la chiusura delle miniere" lo spiega così: "E' grazie al movimento delle donne che noi ci siamo organizzate. Ora le donne sono molto più combattive e ben informate. Alcune di noi si dicono femministe, altre no. Molte nostre riunioni sono esplicitamente non miste. Dopotutto, gli uomini hanno le loro riunioni alla sezione sindacale". E' chiaro che l'autorganizzazione delle donne avrà un impatto duraturo. Betty Heathfield sa bene quello che vorrà vedere d'ora in avanti: "Nessun sindacato né nessuno sciopero sarà più come una volta. Ora, bisogna coinvolgere le donne degli scaricatori, dei ferrovieri, dei camionisti [...] Ora dobbiamo sforzarci per coordinare le donne a livello nazionale, dato che sono molto cambiate nel corso dello sciopero. Esse dicono che una volta finito lo sciopero non si disperderanno, e anche noi vogliamo che rimangano organizzate. Lo sciopero ha costituito per noi l'educazione sociale e politica più rapida che avremmo potuto desiderare [...] Ora, siamo divenute soggetti politici. Sarebbe un peccato lasciare che tutto cada. La nostra esperienza dimostra quello che si può fare con l'organizzazione".

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I giovani e lo sciopero dei minatori: una prova rivelatrice
da La gioventù laburista e lo sciopero dei minatori, di Anne Kane, 14 maggio 1985.

La storica lotta dei minatori ha ricevuto il sostegno della stragrande maggioranza della gioventù operaia. La colonna portante dello sciopero sono stati i giovani minatori, come ha dichiarato lo stesso Arthur Scargill: "Quante volte abbiamo sentito gente che diceva: "i giovani d'oggi non sono come i loro padri e i loro nonni". Ma ora ne abbiamo abbastanza di sentire le cariatidi del movimento dire che i giovani non si battono come la vecchia generazione che ha costruito il sindacato. Io dico, senza paura di essere contraddetto, che se quelli che hanno costruito il nostro movimento sindacale potessero vedere la situazione odierna, essi sarebbero fieri dei nostri giovani minatori".
Le giovani donne e i giovani uomini che hanno condotto questa lotta nelle comunità dei minatori hanno con la loro presenza dominato ogni manifestazione, ogni assemblea, ogni picchetto. Essi hanno diretto i comitati di sostegno, organizzato le collette e le azioni di solidarietà. Il sostegno ai minatori ha fatto nascere forme nuove di organizzazione tra i soggetti più oppressi e più sfruttati. I giovani hanno partecipato e diretto la costruzione di vari gruppi: "Lesbiche e omosessuali a sostegno dei minatori", "Donne contro la chiusura dei pozzi", gruppi di solidarietà organizzati da Neri. Il settore giovanile della "Campagna per il disarmo nucleare" (CND) ha collegato la battaglia contro il nucleare a quella contro l'attacco all'industria carbonifera e alla disoccupazione giovanile, in modo molto più efficace di quanto non abbia fatto la Gioventù laburista (LPYS).
Le idee politiche di migliaia di giovani sono state segnate da questa esperienza di lotta. Tutto ciò si è aggiunto alle altre mobilitazioni giovanili: nella CDN, nel movimento delle donne, nel movimento di solidarietà con la lotta del popolo irlandese e in tutte le campagne di lotta degli oppressi. Le alleanze strette tra i giovani attivi in queste battaglie e la campagna di sostegno ai minatori ha fatto progredire la presa di coscienza politica di migliaia di giovani. Ha aiutato a creare una corrente rivoluzionaria e classista in seno alla gioventù. Queste alleanze, conducendo lotte sui problemi specifici delle diverse categorie di oppressi e sfruttati, rafforzano l'intera classe operaia.

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La fine dello sciopero dei minatori: un movimento che ha polarizzato la società
di Steve Robert, 20 marzo 1985.

Il 3 marzo 1985, un congresso straordinario del NUM decide di interrompere quello che è stato lo sciopero più lungo e una delle battaglie più sanguinose del movimento operaio britannico. Alla conclusione dei lavori, Arthur Scargill dichiara: "Lo sciopero è finito, ma la lotta contro la chiusura dei pozzi e per la salvaguardia dei posti di lavoro continua". La sconfitta dello sciopero è la conseguenza diretta del tradimento delle direzioni del Partito laburista e della Confederazione dei sindacati britannici.
La mozione per la ripresa del lavoro è presentata dal sindacato del Galles meridionale e poi adottata dal congresso con una maggioranza di 98 voti contro 91, senza che sia concluso alcun accordo con l'Ufficio nazionale del carbone. Inoltre resta sospesa la questione dell'amnistia per i lavoratori licenziati, che deve essere negoziata a livello locale. Una mozione dello Yorkshire, respinta con lo stesso scarto di voti, propone invece di continuare lo sciopero fino all'ottenimento di garanzie occupazionali per i minatori.
La combattività dei minatori si manifesta il 5 marzo, giorno scelto dal NUM per la ripresa del lavoro: 30.000 dei 180.000 scioperanti rifiutano di interrompere lo sciopero quel giorno e lo continuano ancora per uno o due giorni come protesta contro il rifiuto del governo e del NCB di discutere la questione del ritiro dei licenziamenti e l'archiviazione delle pendenze giudiziarie. Nello Yorkshire il 50% della forza-lavoro prosegue lo sciopero ancora per due o tre giorni. In Scozia fa la stessa cosa il 56%, mentre la totalità dei minatori della piccola regione di Kent resta in sciopero fino alla fine della settimana. In moltissimi casi i minatori riprendono il lavoro in corteo dietro le insegne dei loro sindacati e urlando la loro sfida in faccia ai padroni e al governo.
Il reintegro dei licenziati è la rivendicazione primaria un po' in tutti i bacini minerari. La stragrande maggioranza dei licenziamenti è avvenuta da parte del NCB dopo condanne individuali emesse dai tribunali per delitti pretestuosi, quali il "furto" di carbone di bassa qualità o il blocco stradale durante i picchetti. Ci sono inoltre numerosi minatori imprigionati per condanne legate allo sciopero. Le regioni più colpite dai licenziamenti sono la Scozia e il Kent. Un sondaggio organizzato alla fine dello sciopero rivela che il 68% dei minatori intervistati sosterrà i sindacati se dovessero riprendere iniziative di lotta contro la chiusura delle miniere nelle loro regioni. Il sondaggio dimostra inoltre che il 57% dei minatori è a favore del blocco degli straordinari, malgrado non riceveranno alcun aumento salariale fino a che il divieto non sarà tolto. Questa tattica consiste nel fare in modo che le scorte di carbone rimangano al livello più basso possibile, per dare la possibilità di preparare nuovi scioperi nelle migliori condizioni possibili.
Malgrado queste dimostrazioni di combattività della base, è indubbio che il Sindacato nazionale dei minatori ha subito una sconfitta gravissima. Oggi ha pochissime chance di mobilitare la maggioranza dei lavoratori in vista di un eventuale nuovo sciopero nazionale. La repressione scatenatasi sui minatori e i loro sindacati è stata durissima: due morti durante i picchetti; 710 licenziati, di cui molti dirigenti sindacali di base; circa 10.000 delegati e militanti di base ancora sotto accusa e in attesa di processo.
Il NUM esce indebolito dallo sciopero. Vive costantemente sotto la minaccia di azioni giudiziarie intentate da padroni e crumiri. Il "Comitato nazionale dei minatori al lavoro" (eufemismo che designa i gruppi di lavoratori "gialli"), che ha intentato in un anno numerose cause giudiziarie contro il sindacato, annuncia la sua intenzione di mantenerle anche dopo la fine dello sciopero. Questo comitato "giallo" è non solo legato al partito conservatore, ma alla stessa Margareth Thatcher. Al momento della sua formazione alle sue riunioni ha partecipato David Hart, ex portavoce del primo ministro. Hart ha finanziato e svolto funzioni di consigliere presso questo comitato e ne è stato l'intermediario diretto con i dirigenti conservatori. Il NUM è inoltre di fronte alla minaccia di una scissione che potrebbe riguardare il 20% dei suoi aderenti, soprattutto nella regione di Nottingham.
La sconfitta del sindacato ha ripercussioni che vanno aldilà del sindacato stesso, interessando l'intera classe operaia britannica. Una frase che circola con insistenza è questa: "Se i minatori non riescono a uscire vincitori da un conflitto col governo, chi potrà farlo?". Questi timori sono ampliati dal fatto che durante il periodo dello sciopero dei minatori, altri settori della classe operaia hanno subito gravi sconfitte, come ad esempio nelle officine automobilistiche Austin-Rover.

Le falle in seno al governo Thatcher
Tuttavia bisogna mettere nel bilancio positivo dello sciopero il fatto che il governo stesso ne esce indebolito. Da un sondaggio effettuato poco prima della fine dello sciopero risulta che il 60% degli intervistati pensa che Thatcher abbia mal condotto le ultime fasi dei negoziati coi minatori, mostrandosi troppo intransigente. Solo il 34% mantiene la sua fiducia nel primo ministro, che rappresenta la percentuale più bassa dai tempi della guerra nelle Malvinas, nella primavera del 1982. Inoltre nei sondaggi i conservatori sopravanzano di pochissimo i laburisti. Numerosi vecchi conservatori pendono verso il centro, rappresentato dall'Alleanza liberal-socialdemocratica di David Steel e David Owen. Questi spostamenti nell'opinione pubblica sono solo i primi segnali dei cambiamenti innescati nella società britannica dallo sciopero dei minatori. Nella fase cruciale dello scontro, Thatcher aveva definito il NUM "il nemico interno", paragonando lo stesso Arthur Scargill al generale Galtieri, capo della giunta argentina ai tempi della guerra delle Malvinas. Il ministro delle Finanze, Nigel Lawson, sosteneva che i costi sostenuti dal governo per fronteggiare lo sciopero rappresentano un investimento che sarebbe giustificato solo dalla disfatta del NUM. Questo costo risulta il doppio il doppio di quello della guerra del 1982: circa 3 miliardi di sterline, se si aggiungono i costi delle operazioni di polizia e delle importazioni di carbone dall'estero. La società finanziaria Simon & Coates stima che per le ripercussioni in serie nell'industria carbonifera vanno aggiunti altri 700 milioni di sterline a quel totale. La perdita complessiva è calcolata al 2% del prodotto interno lordo.
Lo sciopero ha prodotto una polarizzazione nella società britannica, che inquieta numerose personalità dell'establishment. Uno degli interventi più controversi durante il conflitto è stato quello del vescovo di Durham, aspramente criticato dalla destra conservatrice. Egli dichiarava che i minatori non andavano perseguitati se sconfitti. Il vescovo non faceva che esprimere apertamente quanto dicevano in forma privata numerose personalità della chiesa e del partito conservatore, e cioè che il costo sociale dello sciopero sarebbe stato più pesante che i vantaggi ricavati da una disfatta schiacciante dei minatori. Alcuni esponenti liberali lamentano anche la svolta autoritaria dello stato prodotta dall'uso sfrenato di polizia e tribunali, che conduce a uno "stato coercitivo" piuttosto che a uno stato fondato sul consenso. Le azioni di polizia, così come le tattiche anti-sommossa impiegate contro i minatori e le loro famiglie conferiscono alla polizia un profilo analogo a quella di un'armata di occupazione. Il parallelismo con quanto succede nell'Irlanda del Nord non è sfuggito alla popolazione dei villaggi minerari come quello di Grimethorpe, nello Yorkshire, dove la gioventù locale ha dato l'assalto ai commissariati e sostenuto delle battaglie contro i poliziotti.
La crisi in seno al partito conservatore è inoltre esacerbata dal crollo della sterlina e dall'aumento dei tassi d'interesse. Non solo il cavallo di battaglia della politica governativa, la riduzione delle imposte, quest'anno non può essere praticata, ma il controllo sempre più restrittivo sul credito rischia di asfissiare la ripresa economica promessa dal governo. Una ripresa economica decisa, così come un contenuto tasso di disoccupazione, che oggi si innalza al 13% stando alle cifre ufficiali, sono elementi decisivi per il mantenimento in carica del governo Thatcher. ma molti deputati e personalità del partito conservatore, tra cui l'ex primo ministro Edward Heath, non mostrano più fuducia in Margareth Thatcher e si appellano pubblicamente a un cambio di rotta nella politica economica governativa.
Viste le divisioni nello schieramento avversario è evidente che il movimento operaio ha perso un'occasione importante per infliggere una sonora sconfitta al governo e respingerne i progetti di austerità.

 

Le conseguenze della sconfitta dei minatori
di Steve Robert, 10 novembre 1985.

Dalla fine dello sciopero, il NCB ha spinto a fondo i suoi attacchi, annunciando l'intenzione di chiudere 29 pozzi che ridurrà la produzione di 10 milioni di tonnellate e causerà la perdita di 23.000 posti di lavoro. I progetti di ristrutturazione riguardanti altri pozzi comporteranno una perdita ulteriore di 1.500.000 di tonnellate della capacità produttiva. Queste misure se attuate corrisponderanno approssimativamente al triplo delle riduzioni annunciate nel marzo 1984, che sono state all'origine dello sciopero.

Un'offensiva padronale a tutto campo
Andrew Glyn, un economista consigliere del NUM durante lo sciopero, prevede che la chiusura dei pozzi e il miglioramento della produttività potrebbero far diminuire il numero dei minatori dai 180.000 di prima dello sciopero a 115.000 nel 1987. Glyn ritiene che si tratterebbe solo del primo passo verso la ristrutturazione generale di un settore industriale che garantisce sufficienti profitti da ingolosire le brame e la volontà di privatizzazione del governo.
I finanzieri della City hanno già realizzato enormi profitti in occasione della vendita delle partecipazioni statali nelle telecomunicazioni e si preparano a fare altrettanto con le prossime vendite della compagnia aerea British Airways e delle aziende statali del gas e dell'acqua. Il 30 ottobre il governo annuncia nuove privatizzazioni che avrebbero lo scopo di compensare l'abbassamento delle rendite petrolifere del Mar del Nord e l'aumento della spesa pubblica.
Glyn sottolinea come gli argomenti del governo in favore delle chiusure nei bacini carboniferi non tengano conto dei costi sociali di una massa crescente di disoccupati (indennità di licenziamento, sussidi, ecc.) né della riduzione delle entrate fiscali: "La chiusura di 60 pozzi costerà al governo 900 milioni di sterline l'anno, due volte e mezza di più della somma delle sovvenzioni necessarie per mantenerli in attività". Ma sicuramente le considerazioni del governo non sono solo di carattere economico. Al centro della strategia thatcheriana c'è sempre l'obiettivo di colpire il Sindacato nazionale dei minatori e la sua dirigenza di sinistra, con alla testa Arthur Scargill.

La creazione di un sindacato giallo
Aldilà delle incarcerazioni e dei processi che hanno colpito i militanti più attivi, la minaccia più grave che pesa sul sindacato è quella che mette in dubbio la sua stessa esistenza. Il 19 ottobre votano a favore della scissione dal NUM i minatori delle contee di Nottingham (17.750 contro 6.792) e South-Derby (1.286 contro 1.260). A loro si unisce un piccolo gruppo di minatori di Durham, mentre rifiutano la scissione i minatori della contea di Leicester, benché siano stati in maggioranza contrari allo sciopero. Sorge così l'UDM, Sindacato dei minatori democratici, il quale non ha intenzione di limitare la sua azione ai distretti in cui è maggioritario. Il progetto dei suoi dirigenti è quello di costituire un sindacato alternativo al NUM a livello nazionale. Ciò è confermato dal voto di Agercroft, nel Lancashire, dove la produzione non è stata mai fermata ai tempi dello sciopero e dove i minatori si esprimono a favore dell'uscita dal NUM (325 contro 190). Consultazioni analoghe si organizzano in varie regioni.
Il nuovo sindacato giallo gode del sostegno totale del NCB. Alla vigilia del referendum nella contea di Nottingham, la direzione propone all'UDM un accordo salariale privilegiato, prendendo così in contropiede le rivendicazioni del NUM. L'UDM si dichiara favorevole al sistema proposto dal NCB, che attribuisce dei premi ai pozzi che hanno un'alta produttività. Questo sistema, combattuto dal NUM, ha gravi conseguenze: da una parte un aumento degli incidenti e degli infortuni, dal momento che i minatori sono portati a cercare di aumentare la produzione a scapito delle norme di sicurezza; dall'altra la divisione tra regioni con condizioni geologiche differenti, che incidono sulla maggiore o minore estrazione di carbone. Due giorni dopo il referendum, i dirigenti del NCB decidono di non riconoscere più il NUM nella contea di Nottingham. Il sindacato perde così tutti i diritti che ha acquisito nella lotta per l'organizzazione dei lavoratori della regione.

I dilemmi della TUC
L'UDM vorrebbe affiliarsi alla Confederazione britannica dei sindacati (TUC) e al Partito Laburista. Scargill diffida i leaders di queste organizzazioni ad accogliere nelle loro strutture membri di una "organizzazione separatista". L'UDM costituisce un problema delicato per la TUC. Questa confederazione ha gravi responsabilità nella sconfitta del NUM, avendo rifiutato di esercitare pressioni sul sindacato dell'energia perché sostenesse lo sciopero dei minatori anziché accettare di alimentare le centrali con carbone "giallo", proveniente cioè dai bacini crumiri. I burocrati della TUC non hanno mai celato la loro ostilità a Scargill e alla strategia combattiva che egli rappresenta, alternativa alla loro collaborazione con il padronato e con il governo. Allo stesso tempo però essi temono che il riconoscimento dell'UDM scateni una serie di reazioni centrifughe alla base dei loro stessi sindacati.
D'altro canto anche il rifiuto all'affiliazione dell'UDM può aumentare la dinamica scissionista all'interno della stessa TUC. Al recente congresso della TUC nel settembre scorso scoppia una grave crisi allorché un certo numero di sindacati, compresi quello dei metallurgici (AUEW), che conta un milione di iscritti, e quello degli elettrici (EETPU), forte di 400.000 affiliati, dichiarano che avrebbero continuato a non rispettare le scelte politiche della TUC e accettato denaro dal governo per organizzare consultazioni interne tra i propri aderenti. Il dirigente degli elettrici, Eric Hammond, esponente all'interno della TUC dei "nuovi realisti", una corrente di destra del Partito laburista e del movimento sindacale, minaccia di dar vita a una confederazione alternativa nel caso in cui sindacati come il suo non trovino spazi adeguati. L'UDM ha già dei legami con l'ala destra della TUC attraverso il raggruppamento sindacale "Meanstream". I dirigenti della TUC temono che l'UDM possa diventare una componente importante di una confederazione alternativa.

Il dilemma di Kinnock e le difficoltà di Scargill
Il leader laburista Neil Kinnock è di fronte a un problema ancor più delicato. Egli ha approfittato del congresso del suo partito nell'ottobre scorso per lanciare un durissimo attacco contro Scargill, in un discorso largamente ripreso dai media, che rappresenta il punto culminante della sua conversione a destra da quando fu eletto alla testa del partito nel 1983 con un'immagine di sinistra. Benché nessun sindacato possa essere affiliato al Partito laburista se non è membro della TUC, accade che alcuni deputati laburisti appoggino l'UDM dal momento che fanno gola i voti della circoscrizione di Nottingham in vista delle amministrative previste per il 1987 o il 1988. Kinnock pertanto cerca disperatamente di raggiungere un'intesa con i minatori della contea di Nottingham senza mettersi apertamente contro ai suoi referenti nella TUC. La soluzione su cui riescono a convergere Kinnock e TUC è di cercare di integrare in una medesima confederazione NUM e UDM. Il progetto sarà sicuramente rifiutato da Scargill, ma egli è ormai in gravi difficoltà nel suo stesso sindacato.
Dopo la fine dello sciopero molti dirigenti del NUM aderenti al Partito comunista attaccano Scargill in modo particolare per il suo rifiuto di saggiare il consenso alla lotta mediante un referendum nazionale e per l'aperto incoraggiamento dato ai picchetti di massa. Un'alleanza tra l'ala sinistra delle regioni di Scozia e Galles e i moderati dell'esecutivo nazionale decide di porgere le sue scuse ai tribunali per gli atteggiamenti del sindacato durante lo sciopero, in cambio della restituzione dei fondi sequestrati. La nuova maggioranza che si viene a costituire nel Comitato esecutivo nazionale (NEC) del NUM rappresenta la vittoria delle pressioni esercitate da Kinnock e dai dirigenti della TUC sul sindacato. La mancanza di determinazione del nuovo esecutivo rischia di non riuscire a impedire nuove chiusure di pozzi. Non va però dimenticato che diverse sacche di resistenza restano presenti in diverse regioni. Esse concentrano la loro attività sulle battaglie in favore dei minatori incarcerati o licenziati durante lo sciopero, e allo stesso tempo non rinunciano a contestare la direzione politica di Kinnock anche su questioni politiche generali, quali il ritiro delle truppe inglesi dall'Irlanda, i diritti democratici, la politica economica e sociale.

L'evoluzione della situazione politica
Le conseguenze politiche dello sciopero dei minatori sono oggi più chiare. La sconfitta dei minatori non si traduce in una chiara vittoria del governo. Al contrario, dall'inizio del 1985 il governo Thatcher si trova ad affrontare una crisi profonda e la sua popolarità è in calo. Le inquietudini della borghesia sullo stato dell'economia trovano espressione in un rapporto molto pessimista della Camera dei Lords. Esso predice un rapido declino dell'economia britannica dopo l'esaurimento delle riserve petrolifere della Gran Bretagna se misure immediate non saranno prese per rilanciare l'economia e ricostruire la capacità produttiva del settore industriale. Le conseguenze politiche dell'alto tasso di disoccupazione hanno inoltre condotto diversi deputati conservatori a interrogarsi sulla opportunità di presentarsi alle prossime elezioni legislative ancora sotto la direzione Thatcher. Ma a dispetto di ogni brontolamento all'interno del partito nessuna seria alternativa alla guida di Margaret Thatcher è ancora apparsa, e d'altronde è poco probabile che appaia prima delle elezioni. In queste condizioni è l'alleanza del Partito socialdemocratico (SDP) e dei Liberali ad attirare le simpatie tra i settori della borghesia. Secondo i sondaggi potrebbe essere l'ago della bilancia alle prossime legislative.
In seno al movimento operaio, non c'è dubbio che la sconfitta dei minatori ha avuto un effetto intimidatorio sugli altri lavoratori. In particolare i ferrovieri, di cui si attendeva la risposta al piano di razionalizzazione del governo, hanno respinto nell'agosto scorso, seppur a lieve maggioranza, un appello allo sciopero.
Molti lavoratori pensano che il ritorno di un governo laburista sia il solo modo di fermare gli attacchi dei conservatori e di riparare ai disastri prodotti da sei anni di governo Thatcher. Di conseguenza la direzione Kinnock si trova notevolmente rafforzata dopo la fine dello sciopero e consolida le sue posizioni attaccando la sinistra all'ultimo congresso del partito. E' certo che i tentativi di Kinnock di fare del Partito laburista un docile strumento di gestione degli affari del capitale conoscono dei progressi e gli valgono l'appoggio di vecchi militanti dell'estrema sinistra, quali Ken Livingstone, il leader della maggioranza laburista della Grande Londra. Di conseguenza l'estrema sinistra laburista e sindacale vede senza dubbio ridursi le sue forze.
Eppure nonostante ciò, anche sul piano politico esistono importanti segnali che vanno nella direzione di una ricomposizione di classe. La sinistra comincia infatti a chiarire le sue posizioni su un certo numero di questioni, che saranno strategiche nel corso della prossima campagna elettorale, anche per le contraddizione che possono aprire in seno al Partito laburista. Il "Campaign group" pubblica un opuscolo di Andrew Glyn che propone la nazionalizzazione immediata delle banche e di altri istituti finanziari, come elemento cardine nella lotta contro la disoccupazione che oggi colpisce 4,5 milioni di persone. Le rivolte dei neri nei quartieri popolari delle grandi città britanniche trovano non solo il sostegno di leader della sinistra come Scargill, ma anche larga eco nelle dichiarazioni di esponenti neri del Partito laburista, quali Bernie Grant.
Dal momento che il Partito comunista sostiene oggi la direzione Kinnock, è solo l'estrema sinistra del Partito laburista che rappresenta per i lavoratori un'alternativa credibile ai conservatori, per i suoi numeri, per il suo radicamento e per il crescente radicalismo dei suoi orientamenti politici. Ciò non vuol dire che è impossibile costruire un'organizzazione rivoluzionaria all'esterno del Partito laburista. Il Partito socialista dei lavoratori (SWP) è riuscito nonostante tutto a conservare il grosso dei suoi effettivi durante il periodo thatcheriano. Ma il problema che si pone oggi ai marxisti rivoluzionari è di trovare un collegamento con la sinistra laburista e rinforzare tale legame sia dal punto di vista politico che organizzativo. Questa sinistra infatti, malgrado le defezioni subite, costituisce il primo tassello di una corrente di classe nel movimento operaio britannico. La sconfitta dei minatori non vanifica questa tattica ma al contrario ne sottolinea l'urgenza.