Rifugiati in Australia:
le menzogne del governo federale.
Una delicata fase politica si è aperta
dopo lo scandalo delle menzogne governative sui profughi che hanno contribuito
a ridare alla coalizione liberal-conservatrice la vittoria nelle ultime elezioni
federali. Di Jacky Pinko Dinkum. Aprile 2002.
Lo scorso 10 novembre
si sono svolte in Australia le elezioni federali. Il Partito Liberale, guidato
dal Premier John Howard, ha ottenuto un grosso successo, ribaltando i pronostici
di pochi mesi prima e la coalizione al governo è stata confermata e persino
rafforzata, mentre l'ALP, il Partito Laburista, ha addirittura visto ridotta
la propria compagine di deputati e senatori. Howard è stato riconfermato
nel suo incarico di Premier Federale e guida per la terza volta un governo di
coalizione, al cui interno trovano posto esponenti conservatori e reazionari
della destra australiana.
Per la vittoria liberale si è rivelata determinante la linea politica
adottata nei confronti dei profughi che arrivano su piccoli battelli dai porti
dell'Indonesia e sbarcano illegalmente sulle coste settentrionali.
L'avvenimento "simbolo" di questa politica è noto anche in
Europa: tutti ricorderanno le vicende della porta-container norvegese Tampa,
che aveva salvato un gruppo di rifugiati dal naufragio del battello che li stava
trasportando in Australia, e delle polemiche scoppiate a seguito del rifiuto
australiano di far sbarcare i malcapitati sul proprio territorio. La difesa
ad ogni costo di una ferrea politica basata su limitate quote d'ingresso e sull'accurata
selezione dei rifugiati accolti in Australia, il rifiuto di fornire ospitalità
a quelli che arrivano clandestinamente, considerati potenzialmente pericolosi,
colpì favorevolmente l'opinione pubblica australiana, e per la prima
volta da molti mesi i sondaggi registrarono una sensibile ripresa del Partito
Liberale, che tornò ad essere favorito nella corsa elettorale.
Pochi giorni dopo, il 7 ottobre, quotidiani e notiziari radiotelevisivi riportarono
una notizia raccapricciante: alcuni rifugiati a bordo di una nave abbordata
dalla marina australiana in acque territoriali, per impedire l'agganciamento
e il rimorchio in acque internazionali avevano gettato in acqua i bambini, costringendo
i militari a rinunciare alla manovra per dedicarsi al salvataggio dei piccoli.
La notizia, corredata di foto e filmati, fu ampiamente sfruttata nella campagna
elettorale per dipingere i clandestini come persone crudeli, disposte a tutto
pur di mettere piede in Australia. L'opinione pubblica ne fu ovviamente molto
scossa e ne risultò una maggiore popolarità della ferma politica
governativa. Il Partito Liberale vinse le elezioni e Howard venne definito dai
commentatori come uno dei più brillanti statisti che l'Australia abbia
mai avuto.
Ora che il nuovo governo federale si è insediato, una commissione d'inchiesta
nominata dal Parlamento ha vagliato la documentazione e stabilito con certezza
che quella notizia era falsa, informazioni e filmati erano stati alterati. Il
governo aveva mentito.
Le immagini si riferivano in realtà ad una imbarcazione di rifugiati
prossima al naufragio. La marina militare australiana non stava eseguendo una
manovra di abbordaggio ma un salvataggio e bambini e adulti si gettarono dall'imbarcazione
nei drammatici minuti precedenti l'affondamento, per essere poi recuperati dalle
scialuppe accorse nei pressi dell'imbarcazione pericolante.
Il governo mentì deliberatamente sulla vicenda, per costruire un clima
favorevole alla politica di espulsione e di internamento dei rifugiati. In buona
sostanza, a fini di propaganda elettorale.
La notizia del clamoroso falso è scoppiata come una bomba nel Paese,
minando la fiducia degli australiani nel premier federale e nella sua coalizione.
Il fatto stesso di aver mentito alla nazione è considerato un fatto grave
e sconcertante, perché incrina il rapporto di fiducia fra i cittadini
e le massime istituzioni e fa supporre che se il governo ha mentito su questa
vicenda potrebbe averlo fatto anche in altri casi e potrebbe farlo ancora.
La linea di difesa di Howard si basa su un ridicolo "non sapevo".
Avrebbe ricevuto l'informazione direttamente dallo Stato Maggiore della Difesa
e l'avrebbe comunicata ai media senza verificarla, fiducioso nell'affidabilità
della sua fonte d'informazione. Dopo giorni di tentennamenti questa linea ha
finito per prevalere e ha trovato un comodo capro espiatorio nella figura di
Peter Reith, all'epoca ministro della difesa, che ha ammesso di essere stato
messo a conoscenza dell'inesattezza della posizione governativa, direttamente
da alti ufficiali dello Stato Maggiore della Difesa, già tre giorni prima
delle elezioni. Ma pur sapendo una cosa così grave non avrebbe informato
il Premier e l'esecutivo.
Una linea di difesa poco probabile, cui però gli australiani sembrano
al momento disposti a credere, pur di non dover ammettere di avere a capo del
governo un personaggio inaffidabile e cialtrone, disposto a speculare sulla
pelle di povera gente pur di vedersi riconfermato nell'incarico.
Ma se anche questa fosse la verità bisognerebbe dedurne che Howard è
perlomeno un inetto, circondato da personaggi inaffidabili e incapace di governare
situazioni di crisi. E gli australiani lo hanno riconfermato invece proprio
per la sua apparente capacità di guidare il Paese nei momenti difficili,
con quel tanto di fumettistico, tipo "epopea della frontiera", che
in qualche modo riesce ancora a suggestionare l'opinione pubblica di questo
Paese.
Chi scrive è peraltro convinto che Howard sapesse e che abbia deliberatamente
distorto la notizia per convenienza elettorale. La commissione d'inchiesta sta
andando avanti e, forse, stabilirà una qualche verità.
La notizia del clamoroso falso, del resto a suo tempo accreditato dai mass media
senza nessuna sostanziale verifica , giunge in un periodo di forte tensione
interna e internazionale sulla questione del trattamento riservato nella civilissima
Australia a rifugiati e richiedenti asilo.
La protesta per la dura politica di repressione attuata dal governo, fino ad
oggi conchiusa nel contesto dell'agguerrita ma numericamente ridotta compagine
dell'alleanza socialista, sta lentamente estendendosi ad altri settori.
Scioperi della fame, manifestazioni di solidarietà, proteste, rivolte
e arresti stanno colpendo sempre più a fondo l'opinione pubblica, diffondendo
un palpabile disagio.
Gli australiani sono confusi, combattuti fra la necessità, sventolata
dal governo, di arginare l'ingresso nel Paese di immigrati illegali, e l'evidente
assurdità di un regime carcerario a tempo indefinito per un pugno di
poveracci che hanno affrontato rischi di ogni genere per sfuggire a situazioni
disperate e feroci regimi.
La Segretaria Generale di Amnesty International, Irene Khan, giunta in questi
giorni in Australia alla testa di una piccola delegazione, non ha esitato a
criticare apertamente e duramente le forme, i modi e i tempi della detenzione
e a chiedere al governo di consentire l'approdo ai mercantili carichi di rifugiati,
se non altro per motivi umanitari e per il rispetto delle convenzioni internazionali.
Nel corso di una affollata conferenza stampa la Khan ha affermato che l'immagine
positiva dell'Australia, meticolosamente costruita con "Sydney 2000",
è stata ormai rovinata dal clamore della questione rifugiati, in particolare
dalla vicenda della Tampa.
Ma anche di fronte alle accuse di una organizzazione tanto autorevole e notoriamente
apolitica, il primo ministro, che si è rifiutato di incontrare la delegazione
di Amnesty, ha confermato la validità della cosiddetta "Pacific
solution", per la quale i profughi non entrano in Australia ma vengono
dirottati verso le isole-stato del Pacifico .
Alla delegazione di Amnesty non è stato concesso il permesso di visitare
il centro di detenzione di Woomera, nel Sud dell'Australia, ormai famoso per
le rivolte e gli scioperi della fame dei detenuti.
In sostanza la fase politica che sta attraversando il Paese sul tema dei rifugiati
è molto delicata: il governo federale ha una posizione molto determinata,
condivisa per motivi di opportunità dalla maggiore formazione d'opposizione
(il Partito Laburista). Su questa posizione non sembra disponibile a fare nessuna
minima concessione, sostenendo anzi che la politica sta dando buoni frutti,
perché scoraggia l'arrivo di nuovi profughi .
Ma sul Premier si stanno addensando nuvole minacciose. La sua popolarità
è in calo dopo questo scandalo, che si accompagna ad altri scivoloni.
E' probabile che si troverà costretto a lasciare la scena politica prima
del previsto, con un cambio della guardia in favore del suo successore alla
guida del Partito Liberale .
Tuttavia il problema non è solo Howard ma l'intera linea politica razzista
governativa. E ci sono poche speranze che possa cambiare anche nel caso di un
avvicendamento ai vertici.
Ed il problema è anche il Partito Laburista, con la sua linea politica
sostanzialmente analoga.
Perciò è lecito chiedere a gran voce l'allontanamento del Primo
Ministro, ma senza illudersi che la sua eventuale uscita di scena possa cambiare
qualcosa nella linea dura e razzista contro i rifugiati. Specie finché
resterà in sella un ministro dell'immigrazione quale Philipp Ruddock.
Le occasioni di protesta si stanno però moltiplicando. All'interno del
Partito Laburista si è costituito un gruppo di dirigenti, deputati e
senatori con lo specifico intento di fare pressione affinché vi sia una
sostanziale modifica della politica laburista sull'argomento. Gruppi religiosi
e associazioni hanno deciso di dedicare al tema dei rifugiati le tradizionali
marce pacifiste della Domenica delle Palme e le piazze si sono riempite oltre
ogni oltre aspettativa, con decine di migliaia di manifestanti. I settori più
sensibili cominciano quindi a muoversi e anche nella massa degli australiani,
sostanzialmente spoliticizzati e disinformati sulle vicende mondiali, ma inclini,
secondo il carattere nazionale, ad esprimere una viscerale simpatia nei confronti
dei più deboli, si comincia a cogliere qualche segnale positivo. Ma tutto
questo appare ancora troppo episodico e non è sufficiente a conseguire
due obiettivi fondamentali della campagna sui diritti dei rifugiati: costringere
il governo a invertire la rotta e spingere l'ALP ad assumere una posizione corretta
sulla vicenda.
L'impegno più forte, costante e militante, fino ad oggi, è stato
espresso dai gruppi che si richiamano all'Alleanza Socialista. Da li sono partiti
appelli, manifestazioni, proteste davanti ai centri di detenzione, denunce,
scioperi della fame e picchetti.
Adesso è tempo di allargare la base sociale della protesta, con il coinvolgimento
di altri gruppi, per raggiungere strati più vasti della popolazione australiana.
Come ha scritto Kate Wilson, attivista dell'organizzazione giovanile socialista
"Resistance" , "gli australiani devono sentirsi oltraggiati dalla
politica razzista e inumana del governo sui rifugiati, basata su menzogne e
distorsioni della realtà. Nelle prossime mobilitazioni i dimostranti
avranno la possibilità di far vedere al mondo il loro impegno a fianco
dei rifugiati. Tuttavia, per spingere il governo ad abolire questa linea politica
crudele ci vuole molto di più. Nel 1998 i giovani hanno dimostrato la
loro volontà di combattere il razzismo e le politiche disumane costruendo
un grande movimento di protesta contro Pauline Hanson e il suo "One Nation"
. Oggi dobbiamo ricostruire quel movimento".
Occorre appunto che nasca un grande movimento di cittadini che esprimano in
modo efficace, fattivo e permanente la loro indignazione nei confronti di questa
politica inumana, con atti concreti di solidarietà, di disubbidienza
civile, di pressione, fino a quando l'Australia non approverà una nuova
politica, più umana, che porti alla chiusura dei centri di detenzione
ed alla fine della "Pacific Solution", in favore di misure di salvaguardia
dei diritti dei rifugiati e della loro promozione umana.
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1 A tal proposito il giornalista John Pilger, socialista, parlando ad una folla radunatasi al municipio di Sydney il primo marzo, ha tenuto a precisare: "i media nazionali stanno versando lacrime di coccodrillo su quella che ormai definiscono "oltraggiosa menzogna" del governo sulla vicenda dei bambini gettati in mare. Ma chi ha giocato una parte determinante nella vicenda, contribuendo a fomentare l'isteria dell'opinione pubblica e far irrigidire l'atteggiamento della gente nei confronti dei rifugiati? I media!"
2 Per liberarsi degli impegni di assistenza previsti dalle norme internazionali il governo Federale, con un decreto che non ha uguali nella storia del diritto internazionale, ha addirittura declassato l'isola di Christmas da territorio australiano a possedimento d'oltremare. L'isola è un remoto avamposto australiano nell'Oceano Indiano ed era la meta più comune per l'approdo dei Rifugiati. In questo modo i rifugiati che vi sbarcano non possono più reclamare di aver messo piede in Australia e possono essere deportati in altre isole del Pacifico senza contravvenire alle convenzioni internazionali. Adesso i mercantili che cercano di raggiungere l'Australia devono cercare di approdare sul continente, con maggiori rischi di naufragio. Sull'isola il governo sta costruendo un grosso centro di detenzione per immigrati clandestini. Il tutto è avvenuto con l'opposizione dei 2000 australiani che abitano nell'isola, che si erano invece dichiarati favorevoli all'accoglienza dei disperati e pronti ad aiutare coloro che fossero sbarcati.
3 In realtà molti osservatori sostengono che la diminuzione degli sbarchi è determinata dalla stagione dei monsoni che interessa l'Indonesia ed il nord dell'Australia. Le piogge torrenziali e gli uragani impediscono alle barche di mettersi in viaggio. La fine della stagione dei monsoni vedrà probabilmente nuovi sbarchi.
4 Nel sistema elettorale australiano, Paese del Commonwealth, il primo ministro è nominato dal Governatore. All'interno del Partito Liberale era già in essere un accordo per la sostituzione di Howard a metà mandato con P. Costello, che sarà il candidato liberale alle prossime elezioni federali. Probabilmente questo cambio della guardia avverrà prima del previsto, nel tentativo di recuperare l'immagine del partito.
5 L'articolo è apparso sull'omonima rivista dell'organizzazione, numero di febbraio/marzo 2002. Chi è interessato ad approfondire l'argomento può consultarne il sito www.resistance.org.au
6 Pauline Hanson
è stata la fondatrice del movimento nazionalista e xenofobo "One
Nation", che ha raccolto consensi oltre ogni aspettativa alle elezioni
del 1998: circa un milione di voti a livello nazionale, il 25% nello stato nord
orientale del Queensland. Questo partito è ora praticamente scomparso,
travolto dalle diatribe interne e riassorbito all'interno del partito liberale,
che ne ha sostanzialmente rilevate le istanze, sebbene in modo meno appariscente.
Non si può dire che il Paese abbia ancora fatto i conti con quel milione
di voti xenofobi e per un'Australia bianca, pura e anglosassone.