La campagna della Lega
Nord contro gli omosessuali.
La giornata di mobilitazione indetta dalla
Lega "a difesa della famiglia e dei bambini" del 22 ottobre. Riflessioni
sul discorso politico leghista e della nuova destra. Di Fulvio Ferrari. Novembre
2000.
E' probabile che la giornata di mobilitazione
indetta dalla Lega Nord "a difesa della famiglia e dei bambini" non
sia stata un grande successo: la reazione delle organizzazioni omosessuali,
la scarsa attenzione prestata dalla stampa e dalla televisione, un senso comune
ancora piuttosto ostile dopo le polemiche sul gay pride a demonizzazioni
e condanne, hanno fatto sì che, forse, i gazebo verdi abbiano contribuito
più a confermare la capacità di intervento politico degli omosessuali
che a compattare umori intolleranti e vibranti di virile padanità. E
tuttavia una riflessione va fatta su questa giornata, perché si tratta
di un ulteriore tassello di una strategia di imprevedibile durata e successo,
con cui dovremo inevitabilmente fare i conti come omosessuali, come comunisti
e come omosessuali comunisti.
Si è discusso a lungo e seriamente, nel corso delle ultime settimane,
sull'emergere di una nuova destra aggressiva, populista, localista e maschilista,
e sul suo ruolo in questa fase di restaurazione/innovazione capitalistica (si
vedano, ad esempio, i contributi presentati all'incontro di Venezia del 23 ottobre,
pubblicati sull'inserto di "Liberazione" di domenica 27 ottobre).
Le linee generali di analisi vanno però ulteriormente discusse e approfondite
e, soprattutto, è necessario da parte nostra non solo interrogarci a
partire dal nostro specifico punto di osservazione, ma anche sul ruolo che noi
possiamo/dobbiamo avere nell'attuale contesto di scontro politico e culturale.
Non c'è dubbio, credo, che gli attacchi della Lega agli omosessuali si
inseriscano in un attacco più ampio e generale alla diversità
come è stato più volte affermato al fine di dare una
risposta al disagio e alle frustrazioni che percorrono la società "globalizzata".
Ma i modi in cui questo attacco si realizza sono per molti versi nuovi e degni
di attenzione. In primo luogo va tenuto conto della disinvoltura con cui i leghisti
soprattutto, ma non solo loro maneggiano una sorta di neo-lingua
e di neo-logica in cui è stato abolito il principio di non-contraddizione.
Nel volantino che propaganda l'iniziativa del 22 ottobre, la Lega milanese si
premura di dichiarare: "l'omosessualità non può e non deve
essere discriminata", per poi affrettarsi ad aggiungere che "parimenti
è obbligo tutelare l'eterosessualità." Il titolo del volantino,
peraltro, recita: "Contro le violenze sui piccoli, per dar loro un futuro
sereno." Il testo è dunque volutamente costruito con spazi vuoti
che veicolano il vero messaggio: riconoscimento delle coppie di fatto = diritto
di adozione per le coppie omosessuali = libertà di pratiche pedofile
sui bimbi adottati.
Non saremo certo noi a scandalizzarci per le incoerenze e le contraddizioni
del discorso politico leghista. Quel che è interessante è capire
come tale discorso agisce, in che modo ci minaccia e come dobbiamo reagire.
La Lega può al contempo celebrare il culto del dio Po e schierarsi a
difesa dell'identità cristiana della nazione padana, può ripetutamente
proclamarsi antifascista e antirazzista e organizzare l'azione di squadracce
anti-immigrati, può proclamare la secessione e candidarsi al governo
dell'Italia intera. E, al contempo, può puntare il dito contro i "nazisti
rossi" che vogliono appiattire culture e popoli garantendone l'uguaglianza
giuridica. In realtà, credo, ci troviamo di fronte a un progetto inedito
quanto pericoloso di costruire dal nulla un etnopopulismo senza etnia, ma con
una scelta accurata dei nemici da combattere per dare fiato e forza al movimento.
Abili nel gioco politico della traduzione degli atti simbolici, i leghisti conducono
azioni prelevate dall'inventario tradizionale razzista e nazista concentrandole
là dove una memoria storica non esiste, e la troppo torpida capacità
di interpretazione dei loro avversari non arriva a comprenderne appieno la portata:
quali sarebbero state le sacrosante reazioni, nazionali e internazionali,
se i manifestanti di Lodi avessero sparso urina di maiale sul terreno di costruzione
di una sinagoga? Duttile quanto rozza nel linguaggio, la regia leghista individua
così, di volta in volta, l'obiettivo dell'attacco come il sacrario da
difendere, in una girandola di discorsi la cui efficacia non viene compromessa
dalla contraddittorietà né dall'infondatezza. Dietro il caleidoscopio
di posizioni e di proclami, il messaggio recepito è comunque quello che
chiama a difesa di un particolarismo di interessi che non supera i confini della
famiglia, dell'azienda, del condominio. Messaggio a legittimazione dei diritti
e privilegi di un "noi" che ha sempre bisogno di un "loro"
cui contrapporsi, un "loro" da discriminare ed escludere, su cui rivalersi,
cui imporre il silenzio.
Questa banalità di contenuti, questa "povertà ideale"
non deve indurre alla falsa deduzione di una scarsa pericolosità delle
aggressioni verbali o meno dei leghisti. Liquidare le volgarità
di Bossi come "folclorismo", così come hanno fatto in molti,
è segno di una sensibilità politica perlomeno non acuta. L'individuazione
di nuovi obiettivi verso cui indirizzare il disprezzo e la volontà d'esclusione
gli immigrati di fede islamica si accompagna alla riproposizione
di disprezzi e esclusioni radicate, in primo luogo nei confronti degli/delle
omosessuali. Questa costellazione di contrapposizioni, prese di distanza, esplicite
volontà di discriminazione, inserisce la Lega in un gioco ambiguo di
alleanze, la fa oggetto di formali differenziazioni da parte degli alleati ma,
nello stesso tempo, le permette di creare momenti di convergenza con forze e
umori di diverso tipo neofascisti, settori non marginali della chiesa
cattolica, persone di "buon senso" conservatore a prescindere dal
voto che esprimono e di mettere progressivamente in discussione diritti
che parevano acquisiti e certi. Non credo sia indipendente dalle recenti iniziative
leghiste e fasciste il crescere nel paese di una ostilità quasi inconsapevole
e distratta verso i musulmani, la confusione tra osservante e fondamentalista,
fino allo sconcertante episodio in cui il mensile degli albergatori trentini
sconsiglia l'assunzione di collaboratori di fede islamica se "fondamentalisti"
("L'Adige", 31.10.2000).
Questa offensiva di una destra nuova, ma saldamente ancorata almeno simbolicamente
all'esperienza dei movimenti reazionari di massa del Novecento, rimette
in discussione alcuni elementi che credevamo (credevo) acquisiti nell'evolversi
della condizione omosessuale nel nostro paese. Negli ultimi decenni, infatti,
il "segmento omosessuale" è stato individuato con sempre maggiore
chiarezza dalle imprese come mercato interessante, in espansione e proficuo.
Gli omosessuali sono comparsi sempre più spesso negli spot pubblicitari,
in ruoli non obbligatoriamente stereotipati, a segnalare un loro inserimento
nell'orizzonte delle strategie di mercato. Parallelamente si sviluppava
a dire il vero con velocità e forza inferiori, in Italia, rispetto ad
altre realtà europee un sistema di locali, bar, spazi protetti.
Tutto questo rendeva possibile e praticabile una strategia di politica omosessuale
conservatrice, una sindacalizzazione degli omosessuali come categoria capace
di produrre una lobby, incidente sul piano economico ed elettorale. Allo stesso
tempo permetteva anche una auto-rappresentazione degli omosessuali come "praticamente
normali", eliminando dalla loro percezione di sé almeno superficialmente
l'elemento di conflittualità/non accettazione sociale. I fatti
dell'ultimo anno, mi pare, rimettono proficuamente? in discussione
questo quadro: l'attacco frontale portato dalla chiesa cattolica e dalla destra
fascista o fascisteggiante, la grande reazione del gay pride, aprono spazi di
azione e di riflessione. Spie di contraddizioni nuove sono le circonvoluzioni
linguistiche dei moderati laici che si definiscano di destra o di sinistra
sulla questione dei diritti degli omosessuali e, d'altro canto, le ripetute
dimostrazioni di attivismo da parte delle associazioni omosessuali. In questo
contesto per certi versi innovativo, stimolante ma sicuramente non tranquillizzante,
credo sia urgente una ripresa di dibattito sulla direzione verso la quale ci
muoviamo, sulla nostra collocazione in una società in movimento e in
cui noi, come categoria, occupiamo una posizione ambigua: rappresentazione astratta
del diverso contro cui scagliarsi a difesa dei valori patriarcali e, allo stesso
tempo, concreto gruppo di consumatori ed elettori capaci di portare in piazza
in un caso, a dire il vero, eccezionale centinaia di migliaia di
persone. Il peggio che possiamo fare è trincerarci all'interno dei confini
della ragionevolezza, chiedere piagnucolando comprensione e cercare illuministicamente
autocastrandoci simbolicamente di convincere l'avversario della
nostra "accettabilità".