Le elezioni del 13 maggio e il movimento gay-lesbico.
Non era la prima volta che candidate e candidati legati al movimento gay e lesbico partecipavano alla competizione elettorale, e tuttavia le elezioni del 13 maggio hanno presentato almeno qualche elemento di novità su cui vale la pena di soffermarsi a riflettere. Di Fulvio Ferrari del GLO di Milano. Giugno 2001.


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Non era la prima volta che candidate e candidati legati al movimento gay e lesbico partecipavano alla competizione elettorale, e tuttavia mi pare che le elezioni del 13 maggio abbiano presentato almeno qualche elemento di novità su cui vale la pena di soffermarsi a riflettere. Due risultano essere i dati più interessanti: da un lato la difficile candidatura, e poi l'elezione, del leader storico dell'Arcigay, Franco Grillini; dall'altro la presenza qualificante di candidate/i lesbiche e gay presentati a tutti i livelli ­ dal senato ai consigli circoscrizionali ­ da Rifondazione Comunista.
La vicenda della candidatura Grillini mi sembra riprodurre, in modo sintetico ed esemplare, le contraddizioni dell'Ulivo e della (ex) sinistra di governo. Timorosi di urtare la sensibilità degli alleati cattolici e delle forze più tradizionaliste di una coalizione che ­ ricordiamo ­ arrivava a comprendere Irene Pivetti, i DS hanno a lungo tergiversato prima di avanzare la candidatura di una figura pubblica che, agli occhi di milioni di italiani, si identifica con l'organizzazione stessa degli omosessuali, al di là di ogni differenza di linea e di cultura (anche Il Manifesto e Liberazione, ahimè, nel dar conto della presenza di spezzoni omosessuali e lesbici alle manifestazioni antirazziste o a quella del 25 aprile si limitano regolarmente a registrare la presenza di Arcigay). Che Grillini sia stato infine candidato, anche sotto la pressione di una vasta area di opinione, e che sia stato eletto lascia sperare nella ripresa di un dibattito, all'interno della sinistra moderata, che riproponga la questione dei diritti e delle libertà, tanto più che, nel bene e nel male, sono ora venuti meno i vincoli e i ricatti posti negli ultimi anni dagli equilibri governativi.
Riflessioni di tutt'altro genere suscita invece la candidatura di gay e lesbiche nelle liste di Rifondazione. Il primo dato positivo di cui va preso atto è che, in questo senso, il partito si è mostrato coerente con le posizioni assunte in occasione del World Pride del 2000: la visibilità di gay e lesbiche assicurata da Rifondazione in campagna elettorale ha contribuito a tenere viva l'attenzione sui diritti come obiettivo di libertà e di civiltà nel discorso politico, e contemporaneamente ha sancito l'assunzione della "questione omosessuale" tra i temi qualificanti di un nuovo progetto comunista. L'elezione alla camera di Nichi Vendola e di Titti de Simone è certo il risultato più evidente di questo impegno, e assicura la presenza di voci schierate e radicali nel portare il punto di vista gay/lesbico all'interno di un dibattito politico che sicuramente non si preannuncia facile. Ma, al di là del risultato in termini di seggi, un dato che mi pare di grande interesse e novità è quello dell'attivazione di gruppi omosessuali che hanno condotto direttamente una campagna elettorale nei luoghi ­ sia concreti che virtuali ­ della vita associativa gay e lesbica. Nella realtà milanese ­ in cui opero e che quindi conosco meglio di altre ­ l'impegno del Gruppo di Liberazione Omosessuale e di Arcilesbica ha trasformato la scadenza elettorale in occasione di contatto con persone omosessuali non attive nel movimento o che, nel movimento, ancora non si erano poste il problema di come dare dimensione politica generale al proprio impegno, in una prospettiva di più ampia trasformazione generale. Questo lavoro di presa di contatto e di confronto, d'altro canto, è stato sicuramente prezioso per allargare e approfondire il dibattito interno ai gruppi e tra i gruppi. Di analoghe esperienze di conduzione della campagna elettorale da parte di gruppi gay e lesbici ho notizia diretta anche in Trentino e a Verona, e sicuramente si sono realizzate in molte altre realtà dove gruppi comunisti e antagonisti sono presenti e attivi. In termini di "conteggio dei voti" i risultati non sono mancati: i candidati e le candidate gay e lesbiche hanno ottenuto a Milano ­ per esempio ­ pacchetti di voti significativi, interessanti soprattutto come segni di un ascolto e di un'apertura al discorso politico. Resta ora da proseguire sia la riflessione che la pratica: l'iscrizione della questione omosessuale tra i fattori in grado di dare una dimensione nuova alla prospettiva comunista è ­ si direbbe ­ un risultato acquisito, ma spetta a noi tutti, lesbiche e omosessuali comunisti indagare sul significato profondo e sulle implicazioni di tale iscrizione, e tradurre quindi in prassi politica ­ con l'individuazione di obiettivi a breve e medio termine, di mezzi e di stili di aggregazione e di intervento ­ i risultati di questo interrogarsi.