Il Corriere della Sera - 09.05.98

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Le celebrazioni a 20 anni dalla morte. Violante: «Venne ucciso dalla grandezza e dalla novità del suo progetto»

Il ricordo di Moro divide il Parlamento

Pellegrino: «Cossiga capì che intorno a lui c'era chi non voleva salvarlo». Insorge l'Udr

M. Ne.,

ROMA - Vent'anni fa, il 9 maggio 1978, le Brigate rosse assassinarono Aldo Moro e fecero trovare il suo corpo nel bagagliaio di una Renault 4 in via Caetani, a due passi dalle sedi della Dc e del Pci. Il Parlamento ricorda lo statista democristiano con un Convegno nell'aula di Montecitorio, dove eccezionalmente, ieri ed oggi, vengono ammessi ospiti esterni. «Un'altra commemorazione svolta in quest'aula - dice Giulio Andreotti - risale al 1970, quando venne rievocata la presa di Porta Pia».

Ne è felice la figlia dello statista, Agnese, alla quale sembra doveroso «riportare Aldo Moro in Parlamento, nel luogo in cui spese un trentennio di vita». Sul banco che occupava l'ex presidente della Dc è stato deposto un mazzo di rose, verso il quale punta lo sguardo il presidente della Camera Luciano Violante, quando dice che Moro venne ucciso «dalla grandezza e dalla novità del suo progetto», dalla intuizione che la società italiana «ha bisogno di una democrazia compiuta». Anche il presidente del Senato, Nicola Mancino, ricorda che Moro auspicava solidarietà, concordia fra i partiti, e oggi questo dovrebbe servire da lezione per «fare le riforme tutti uniti». Secondo Mancino, Moro coltivava un obiettivo finale che adesso può essere raggiunto, e cioè «un'alternanza al governo senza rischi per il sistema».

Al di là degli aspetti politici, il ventesimo anniversario dell'uccisione di Moro è occasione buona per riaprire vecchie polemiche. Di nuovo si parla dei «misteri» che ancora dominano i 55 giorni da lui passati nella tetra prigione delle Br, e riaffiorano gli interrogativi sul ruolo che eventualmente ebbero nella vicenda i servizi segreti, a quel tempo capeggiati da personaggi iscritti alla P2. «Un filo nero - dice lo storico Pietro Scoppola -, intessuto di poteri occulti, di servizi segreti deviati, attraversa il caso Moro».

Per Enrico La Loggia, capogruppo di Forza Italia al Senato, «troppe ombre, dubbi, reticenze permangono». E il presidente della Commissione stragi, Giovanni Pellegrino (Ds), chiama in causa Francesco Cossiga, che nel '78 era ministro dell'Interno. Non gli rimprovera nulla di preciso, però lancia il sospetto che Cossiga avesse capito che «le persone che gli erano vicine non si muovevano per salvare Moro».

Parole che hanno scatenato un putiferio. Il senatore del gruppo per l'Udr Maurizio Ronconi le liquida come «uno squallido tentativo» della sinistra di chiamare Cossiga sul banco degli imputati. Stessa chiave di lettura ne danno quattro deputati di An, per i quali Cossiga, «da quando ha deciso di scendere in campo» ha rovinato «il sonno a molti dirigenti del Pds».

Nel nome di Moro, tutti gli ex Dc si ritrovano stamattina nella chiesa del Gesù per la messa. Ci saranno Marini (Ppi), Casini (Ccd), Buttiglione (Cdu), Mastella (Cdr) e Cossiga. Mentre il Convegno della Camera dedicato allo statista sarà chiuso da Scalfaro, in diretta tv.

 

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