Il Corriere della Sera - 11.05.98
M. A. C.
ROMA - Andreotti sfida Scalfaro. E chiede una nuova inchiesta sul sequestro dello statista dc, per far luce in maniera definitiva sul caso e dimostrare l'inconsistenza della sequela ininterrotta di dubbi sollevati da ultimo anche dal presidente della Repubblica (secondo il quale, in sostanza, dietro il sequestro di Moro c'era un grande vecchio). «Penso sia giusto che sulla vicenda di Aldo Moro, il capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro attivi nei modi che riterrà opportuni una nuova indagine molto approfondita su tutta la vicenda» ha dichiarato il senatore a vita ai microfoni di Rtl commentando le dichiarazioni del capo dello Stato a Montecitorio nella celebrazione del ventennale della morte dello statista.
«Penso sia giusto - ha spiegato Andreotti - aprire una nuova indagine perché quelli di noi che hanno sofferto in prima persona il senso della sconfitta respingono in senso più totale le asserzioni di questi giorni». «Bisogna fare luce - ha aggiunto - una luce suppletiva, senza guardare in faccia nessuno». Per Andreotti l'indagine può essere affidata alla magistratura o al Parlamento. «I modi - ha spiegato - non sono importanti. Quello che conta è che su questa vicenda o si è in grado di fare luce sul serio oppure si deve smettere di fare questa grande semina di dubbi». Anche per Andreotti, comunque, ancora non si conosce tutta la verità sulle Br. «Sono molti - ha detto - gli aspetti che non sono stati individuati su di loro sia per quanto riguarda le persone, sia per quanto concerne la loro programmazione». E sui possibili «mandanti occulti» dell'omicidio si è domandato: «Perché si parla sempre di un'intelligence esterna alle Br?». Infine, sul ruolo giocato dai servizi segreti e alcune potenze straniere l'ex presidente del Consiglio ha ricordato che «Aldo Moro aveva grandissimi agganci con gli Stati Uniti». Infine, Andreotti ha rivelato un episodio al veleno: il generale Vito Miceli, iscritto alla loggia P2 e a capo del Sid, il servizio segreto militare, dal 1970 al 1974 «godeva talmente della fiducia di Aldo Moro che, quando venne arrestato, lo stesso Moro protestò fortissimamente nei confronti del governo».
Il presidente della commissione Stragi Giovanni Pellegrino ha definito «senza senso» la richiesta di Andreotti. Ormai le molteplici verità sul caso Moro, ha detto Pellegrino, sono tutte conosciute, «occorre solo che le istituzioni le rendano note, una volta per tutte e in via ufficiale. Come commissione Stragi siamo già in grado di tirare delle conclusioni e di fare una relazione». Ci sono dei fatti che, secondo Pellegrino, parlano da soli come quello che «i due vertici dei servizi segreti dell'epoca appartenevano alla P2 e che il segretario del Cesis, che allora era il prefetto Napolitano, dovette dimettersi con una corrispondenza della quale non c'è più traccia. E che al Cesis ci andò un altro esponente della P2». Invece, dà ragione ad Andreotti il vicepresidente del comitato parlamentare di controllo sui servizi, il senatore Andrea Papini, vicino a Prodi: «Basta polveroni. Se qualcuno sa qualcosa lo dica. Altrimenti si lasci stare. Se c'è qualcosa in più da sapere è meglio che si avvii un'altra indagine. Ognuno faccia il proprio dovere e si arriverà presto alla verità». L'opinione del presidente del Senato, Nicola Mancino, è invece che, comunque, al di là della «debolezza degli apparati difensivi» dello Stato e di «non improbabili complicità», fu la natura estremista dell'ideologia brigatista a determinare la morte di Moro.