Il Corriere della Sera - 14.03.98

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La regista della tragedia «Il caso Moro»: così Moretti e Gallinari ci hanno aiutato a ricostruire il clima di allora

«Noi gente di teatro e gli ex br: insieme per capire la lotta armata»

S. Mon.,

MILANO - «Abbiamo incontrato Mario Moretti di persona una sola volta, poi ci siamo sentiti al telefono. Prospero Gallinari invece ci ha inviato una testimonianza registrata. Volevamo che ci aiutassero a ricostruire le ragioni che hanno spinto tante persone a entrare nella lotta armata. E così è stato». Cristina Pezzoli, regista, Roberto Buffagni, autore, e l'attore Sergio Fantoni portano in scena al Teatro 2 di Parma, «Il caso Moro». Una tragedia teatrale - coproduzione dello Stabile parmense e della «Contamporanea 83» - a vent'anni dalla strage di via Fani, dall'uccisione dei cinque uomini della scorta e dal rapimento del presidente della Dc Aldo Moro. Un'opera che punta a raccontare quello che è stato il momento culminante degli anni di piombo «al di là dei comunicati ufficiali e del linguaggio retorico dei telegiornali del tempo». Per questo gli autori hanno contattato loro, i protagonisti di quella vicenda: Mario Moretti e Prospero Gallinari, gli ex capi delle Br responsabili del rapimento e dell'assassinio di Aldo Moro.

Come hanno reagito Moretti e Gallinari all'idea di essere «messi in scena»? «Con grande curiosità e interesse - dice la regista Pezzoli -. Sono persone che hanno bruciato tutta la loro vita in quella scelta. Credo abbiano una grande necessità di parlare, di comprendere e di farsi comprendere. Non hanno ancora visto lo spettacolo. Lo faranno al riparo da telecamere e giornalisti». Come sono stati i vostri rapporti? «Credo che abbiano apprezzato il nostro approccio. Sia ben chiaro, questo lavoro non ha affatto lo scopo di giustificare la lotta armata, le violenze, le uccisioni. Ma spiegare, questo sì. Per troppo tempo i brigatisti sono stati liquidati come dei pazzi criminali che all'improvviso si erano messi a sparare per strada. Gli anni di piombo sono stati troppo a lungo ridotti a un problema esistenzial-paranoico di poche persone. Moretti e Gallinari ci hanno invece aiutato a capire le ragioni profonde del terrorismo, la spinta politica e umana alla base di quei fatti - continua Cristina Pezzoli -. Del resto, da un punto di vista teatrale, il sangue, le morti, la violenza sono solo il punto di partenza. È necessario scavare più in profondità: nella tragedia greca, Oreste che uccide la madre o Clitennestra che uccide Agamennone non sono trattati come pazzi per il solo fatto che hanno versato del sangue». Che cosa avete tratto dai colloqui con gli ex capi brigatisti? «Ci è sembrato evidente che il problema della lotta armata, benché il più visibile, è stato solo un aspetto di una questione più ampia: la violenza diffusa in quella società. Moretti e Gallinari ci hanno mostrato la lotta armata non più come l'iniziativa di pochi folli, ma come la risposta a una società malata. Del resto, questa è la stessa posizione sostenuta da Aldo Moro, nelle sue lettere dalla prigionia».

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