Il Corriere della Sera - 14.05.98

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Interrogato in Procura Vitalone

E la Quercia polemizza sul caso Moro: non si sa ancora tutta la verità

L'ipotesi di Andreotti: lo rapirono forse per la politica su Nato e Cee

G.Ga.

ROMA - Stavolta forse l'attenzione non si spegnerà alla fine delle celebrazioni per il ventennale. Qualcosa sembra essersi mosso, nella coscienza profonda del Paese. E il «caso Moro» si sta trasformando nel simbolo di tutti i misteri di cui gronda la storia italiana. Così, mentre l'inchiesta giudiziaria ha ripreso nuovo vigore, continuano i commenti politici e le prese di posizione. Ieri è tornato in Procura Claudio Vitalone, che in piazzale Clodio ha lavorato per anni come sostituto procuratore, prima di darsi alla politica. Era lì anche nei giorni del sequestro Moro, e l'interrogatorio al quale l'ex senatore dc è stato sottoposto ieri riguardava proprio quel periodo: Franco Ionta e Piero De Crescenzo, i due magistrati che continuano ad indagare sui misteri di quei 55 giorni, volevano chiedergli se gli era mai arrivata una segnalazione riguardante via Gradoli. Ovvero sull'appartamento di Mario Moretti e Barbara Balzerani.

L'ipotesi che Vitalone potesse aver saputo che in quella stradina c'era una base br era stata avanzata da Antonio Labruna, ex capitano del Sid. Nel '94 Labruna si era a sua volta presentato in Procura, sostenendo di aver saputo da un suo informatore che bisognava cercare appunto in via Gradoli. L'ufficiale aveva detto di aver riferito l'informazione ad Antonio Migliaccio, funzionario del commissariato Flaminio Nuovo, e aveva suggerito che la cosa potesse essere arrivata anche a Vitalone. Vitalone però ha smentito: di via Gradoli ho saputo solo il 18 aprile, quando la base br era stata scoperta.

Rileggere tutto, ricontrollare tutto daccapo. Un'esigenza che non è solo dei magistrati. Giulio Andreotti ad esempio riflette sul possibile legame fra la morte di Moro (che ieri il papa ha definito «un grande statista») e la scelta Atlantica del Pci. Nel '77, ricorda il senatore a vita, il partito comunista aveva affermato che Nato e Comunità Europea erano «i due assi, non scindibili, della politica estera italiana». Una scelta che, secondo il senatore, poteva aver spinto le br a rapire Moro: era cioè un modo di punire l'artefice indiretto di quella «conversione» che per le Brigate rosse rappresentava un tradimento.

Massimo D'Alema invece ha certezza, del resto largamente condivisa: «Non credo che sappiamo tutta la verità su quel periodo. Sappiamo molte verità, ma non tutte». C'è stato, ricorda il leader ds, «un susseguirsi di fenomeni di violenza politica, e anche alcuni episodi terroristici dove è emerso l'appoggio di qualche apparato dello Stato». E infine il Presidente della Repubblica. Che ieri mattina ha ricevuto Emanuele De Francesco, che nei giorni del sequestro era questore di Roma. Una visita curiosa, visto che De Francesco è in pensione da molti anni. Una visita che qualcuno mette in relazione proprio con il caso Moro, e con le affermazioni di Scalfaro nei giorni scorsi.

 

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