MILANO - Non ha dubbi Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione stragi: «Le dichiarazioni di Pieczenik sono molto dure e meriterebbero un'attenta verifica». E l'«affaire Moro», lungi dall'assumere la strada della pacata riflessione storica, continua a tormentare la vita politica italiana. L'ultimo scossone l'ha dato Steve Pieczenik, uno dei massimi esperti americani di terrorismo che fu chiamato dalle autorità italiane a fare parte del comitato di crisi istituito subito dopo il sequestro di Aldo Moro. La sua accusa: «Non c'era la volontà politica di salvarlo così me ne tornai in America prima del previsto». Secondo l'esperto statunitense infatti Moro poteva tranquillamente essere restituito alla vita politica, ma ai suoi danni ci fu «un complotto ad altissimo livello» il cui obiettivo finale era proprio quello che il leader democristiano «non venisse liberato». Accuse pesanti che hanno portato i capigruppo di Alleanza nazionale e dei Verdi in Commissione stragi, Enzo Fragalà e Athos De Luca, a chiedere l'audizione di Steve Pieczenik.
E l'esperto americano ne avrebbe di cose da chiarire in Commissione. Per esempio secondo Pieczenik molte informazioni riservate che potevano essere note solo agli uomini che partecipavano alle riunione del gruppo ristretto per la gestione della crisi, arrivavano all'esterno. Persino alle Brigate rosse. Chi tradiva la segretezza? L'esperto statunitense non accusa nessuno. Ma sospetta di tutti: «Il responsabile avrebbe potuto essere l'allora ministro degli Interni Francesco Cossiga oppure Giulio Andreotti (che si apprestava a guidare un governo monocolore dc, ndr) o ancora Bettino Craxi». Insomma Pieczenik non salva nessuno dei leader politici di allora, tranne Enrico Berlinguer. «Il segretario del Pci - ricorda - era l'unico che aveva sinceramente tentato di salvare la vita di Aldo Moro». E infine le accuse agli 007 italiani: «All'epoca Cossiga aveva appena sostituito i vertici del Sisde e del Sismi. Il sospetto del ruolo della P2 è venuto in seguito. Quando un sedicente consigliere dell'ambasciata argentina a Washington mi avvicinò proponendomi di lavorare per il governo di Buenos Aires e mi parlò nel dettaglio di alcuni fatti del caso Moro che erano stati discussi solo nelle stanze romane di Cossiga».
E l'ex Picconatore? Cosa ne pensa di queste accuse? Non gradisce i dibattiti e le ricostruzioni delle zone d'ombra dell'«affaire Moro». Anzi: «Non vorrei risentire tutta questa sciocca dietrologia che rifiuta l'idea che nel nostro Paese ci sia stata una forma di guerra civile».