MILANO - «Il momento più pericoloso della giornata dell'onorevole Moro è l'uscita del mattino. Alle 8.30 o alle 9 lascia via del Forte Trionfale e sale sul sedile posteriore della auto ministeriale, preceduta da una Giulia bianca e seguita da un'altra Giulia blu. Sulla prima prendono posto i carabinieri, sulla seconda gli agenti. Il corteo si dirige per la via Trionfale, quindi a sinistra per via Fani e poi per via della Camilluccia, fino alla chiesa di Santa Chiara dei due Pini...». Relazione delle Br che pedinano il presidente dc prima di rapirlo? No, uno studio del fondatore di una brigata allegra, il Bagaglino. Ci mancava solo la più celebre compagnia cabarettistica a gettare altri sospetti sul delitto che ha segnato la storia d'Italia.
Quattro processi, due indagini parlamentari, una mole impressionante di libri e testimonianze in 20 anni sarebbero dovuti essere più che sufficienti a chiudere il caso Moro. Invece, no. Ora spunta in tutta la sua completezza l'inquietante articolo di Pierfrancesco Pingitore, 62 anni, di Catanzaro, creatore e animatore nel 1965 della premiata ditta che tanto successo ha avuto anche in tv. L'articolo, Pingitore lo pubblicò (in appendice a un volumetto di testi satirici) nientemeno che nel 1969, ovvero 9 anni prima di quel fatidico 16 marzo 1978. Il libretto, scomparso, è stato recuperato dal giornalista dell'Ansa Paolo Cucchiarelli mentre l'articolo viene riproposto dal Diario: il settimanale di Enrico Deaglio coglie l'occasione per interpretare il testo come «uno dei tanti segnali che giunsero a Moro da destra e che la sinistra armata portò a compimento». Da destra perché - sostiene il giornale - il cabaret di Pingitore è critica qualunquista e lo stesso Pingitore fu vicino ad Avanguardia nazionale». Eccesso di dietrologia? Può darsi, dato che, come risulta dai processi, le Br pensavano anche a Fanfani e ad Andreotti, il cui sequestro saltò perché i due terroristi incaricati furono arrestati prima. Ed è vero anche (lo afferma Valerio Morucci) che non era certo il passaggio di Moro in via Fani, quel 16 marzo, e che la preparazione era approssimativa (si incepparono 4 mitra). Però l'articolo, pur ironico nelle intenzioni, in chi non crede a Mario Moretti («Su quel rapimento si sa tutto») qualche perplessità la suscita. Descrive la giornata «rigorosamente organizzata che sembra fatta apposta per essere sfruttata da eventuali attentatori» e indica i punti dove l'attacco è più facile. Compresa la chiesa di Santa Chiara, dove (lo dice Adriana Faranda) le Br avevano pensato di catturare Moro. «E' al sicuro la vita del presidente - si chiede l'articolista cabarettista -. I 15 uomini che vegliano sulla sua incolumità sarebbero sufficienti a difenderlo da un Oswald italiano?».