Il Messaggero - 09.05.98
MANCINO E VIOLANTE COMMEMORANO LO STATISTA
«Facciamo le riforme, in onore di Aldo Moro»
di FABIO ISMAN
ROMA E’ sera quando la figlia Agnese va al microfono, in quell’aula dove un mazzo di rose su un banco, ottava fila, settore centrale (oggi, vi siede Forza Italia), ricorda i 30 anni che Moro trascorse a Montecitorio. Finalmente, dice, suo padre è stato «riportato in Parlamento non da perdente, vittima d’una vicenda ancora largamente non spiegata, ma come uno dei costruttori della nostra democrazia». E’ forse il momento più emozionante, nella ”due giorni” sulle riforme aperta dai discorsi dei presidenti di Camera e Senato, e che oggi vivrà il clou con quelli, in diretta tv, di Scalfaro e dei massimi leader politici, D’Alema in testa. Due giorni dedicati all’evoluzione delle assemblee elettive in Italia nell’ultimo ventennio. Due giorni, due anniversari: 20 anni dall’omicidio di Moro, 50 dalla prima seduta delle Camere repubblicane; in aula, i rappresentanti degli Enti locali e un drappello di chi, già mezzo secolo fa, c’era: Spallone, Pietro Amendola, Laura Diaz, Emilio Colombo e (prima fila) Andreotti, Giovanni Roberti con pizzetto, altri ancora.
«La tragedia di Moro è stata uno spartiacque» per l’Italia», inizia Violante: «Chiude un ciclo fondato sulla capacità dei partiti di rispondere alle esigenze del Paese». Moro che voleva le riforme; Moro «figura eroica della politica», la cui «fine appare oggi quasi prevedibile». «Ucciso dalla grandezza e dalla novità del suo progetto», e poi «rimosso» mentre «gli assassini vengono vezzeggiati come reduci da una nobile battaglia». Ed è in onore e nel nome di Moro che le riforme devono essere portate avanti: «Il cittadino non vuole più mediazioni», «occorrono servizi, bisogna costruire il suo benessere», «gravi difetti ha il parlamentarismo, si agisca con lo stesso coraggio che Moro seppe avere».
Questo dice Violante, e ad ascoltarlo è anche Giovanni, il figlio dello statista. Poi, Mancino: lo sforzo di Moro per il «progressivo coinvolgimento di forze e ceti esclusi dal sistema parlamentare; la sua scomparsa segnò una brusca fine del dialogo tra le forze politiche»; una disamina puntuale di vent’anni di vita politica, e la conclusione che «oggi si può tornare a inseguire il più alto degli obiettivi di Moro, il processo riformatore può dare risposte adeguate». Fuori dall’aula, Sergio Mattarella, Ppi, chiede perché Casimirri, il solo o quasi mai preso nel gruppo di via Fani, non venga estradato dal Nicaragua; e Andreotti afferma che «nella terribile vicenda vi sono ancora tanti ”buchi neri”, cose che non si sanno; per esempio, il memoriale, lo rileggevo l’altra sera, è scritto in previsione di una liberazione, e non di un’uccisione». Andreotti conferma: i libri sul caso (in questi giorni escono a iosa), li ha letti proprio tutti; e poi, però, passa a parlare del suo processo. Vede Gustavo Selva con una stampella, e ritrova il gusto della battuta: «Ti hanno ampliato le gambe».
Tante relazioni, in via del tutto straordinaria nell’aula; Andreotti ricorda un solo precedente: «Il ’70, cent’anni da Porta Pia». Per Pietro Scoppola, «un filo nero percorre la storia della Repubblica, decenni di poteri occulti e servizi segreti: traversa con crescente evidenza pure il caso Moro»; ne ricorda «la ricchezza di dimensione umana» anche durante la prigionia, «lo spessore culturale e politico della sua riflessione di quei 55 giorni»: archiviato il tempo in cui «non era lui», e le sue lettere non gli erano «moralmente ascrivibili»? Si recuperano la sua figura e il suo ruolo; e si parla di riforme. Assai teorico il discorso dello svedese Tom Burns, sociologo; contro il «rischio strisciante del populismo» e un po’ per il maggioritario, quello di Giuliano Amato (tornato nell’aula che lo vide Capo del Governo); attacca la bicamerale (propone «riforme ambigue»), è contro il «cinismo della politica», le «troppe authorities» e per un «profondo federalismo, fiscale e non solo», Antonio Baldassarre, l’ex presidente alla Corte Costituzionale. E a sera, per l’Accademia di Studi Aldo Moro, si alza Agnese, che ne era la figlia. Al tg delle 13, il nipotino Luca, orecchino e chitarra, al nonno ha dedicato una sua canzone, tanti rimpianti. Oggi, sono 20 anni esatti.