La Repubblica - 09.05.98
"Moro restituito alla storia"
Violante: i suoi assassini vezzeggiati come reduci
di RAIMONDO BULTRINI
ROMA - Aldo Moro ucciso "dalla grandezza e dalla novità del suo progetto". L'intuizione cioè che alla società italiana servisse "una democrazia compiuta". In apertura delle due giornate dedicate alla sua memoria, il presidente della Camera Luciano Violante ha racchiuso in un'iperbole il suo pensiero su Aldo Moro lo statista, che fu parlamentare e per trent'anni ha seduto tra i banchi di Montecitorio, riempiti ieri - ma solo a metà - di "società civile", di amministratori locali e uomini delle istituzioni che hanno avuto nel bene e nel male un ruolo nella vita politica dell'ex presidente Dc. In mezzo all'aula, un banco vuoto con un mazzo di rose nello stesso posto occupato da Moro.
A ricordare l'uomo, c'erano tutti i suoi familiari. C' era il figlio Giovanni, che in questi giorni è tornato a puntare l'indice verso gli uomini dello Stato che imposero la linea della fermezza, compreso Giulio Andreotti, seduto a pochi banchi di distanza, venuto qui nonostante l'ennesima udienza che lo vede imputato a Perugia per l'omicidio del giornalista Pecorelli.
E c'era Agnese la quale - al contrario - ha voluto commentare in positivo a nome dell'Accademia di studi dedicata a suo padre le due giornate di convegno perché, ha detto, "a partire da oggi Aldo Moro potrebbe davvero riprendere il suo posto nella storia d'Italia essendo presentato ai giovani non solo, come ho avuto modo di leggere nei libri di scuola dei miei figli, come "un politico ucciso dalle Br", ma come uomo che lavorò per la crescita del nostro paese".
Vicino ai familiari dell'ex presidente dc sedevano, silenziosi e assorti, i parenti degli uomini di scorta trucidati: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino e Giulio Rivera. Sono i primi a sussultare quando Violante, con parole aspre, dice che "gli assassini di Moro, e quelli della scorta", sono oggi "vezzeggiati come reduci da una nobile battaglia, e non invece da una serie di atroci omicidi".
Poi Violante torna a Moro, "una figura eroica della politica italiana" che - aggiunge poi il presidente del Senato Nicola Mancino - intuì in anticipo molte cose, anche se "la realizzazione piena delle possibilità di alternativa democratica era, nella concezione di Moro, qualcosa di più alto e di ambizioso di una formula di governo: non il compromesso storico, come pure si è detto, ma una alternanza al governo senza rischio".
E mentre Mancino sottolinea il "filo di continuità che lega l'opera dei costituenti" al "senso della strategia di Aldo Moro", a ben altro filo allude lo storico Piero Scoppola. Al "filo nero", cioè, che traversa "con crescente evidenza il caso Moro" e che - aggiunge - è stato "intessuto per decenni da poteri occulti, servizi segreti deviati, rotture della legalità costituzionale anche da parte di organi e istituzioni statali che quella legalità avrebbero dovuto tutelare".
Da qui, per Scoppola, il "debito di verità verso Moro che è anche debito di verità verso la storia del paese". Anche il capogruppo di Forza Italia Enrico La Loggia vuole "conoscere la verità, qualunque essa sia". E "soltanto dopo - dice - chiudere quella tragica pagina della vita democratica del nostro Paese".