La Repubblica - 09.05.98

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Scomparsi documenti sul covo di via Gradoli

Roma, al catasto non esistono tracce della casa in cui si nascondeva Moretti

di GIOVANNI MARIA BELLU

ROMA - È in corso una indagine segreta per individuare i veri proprietari, al tempo del sequestro Moro, degli appartamenti situati a Roma in via Gradoli 96. La conducono la procura della Repubblica romana e il Viminale. Secondo Giovanni Pellegrino, presidente della commissione stragi, la magistratura riferirà "tra poco" all'organismo parlamentare i risultati di questa inchiesta. Ma c'è il rischio che - come spesso è accaduto in tanti dei cosiddetti misteri italiani - il risultato sia solo la presa d'atto della impossibilità di fare chiarezza. Alcuni documenti sono scomparsi. Fin dal dicembre 1995 è stato accertato che negli uffici del catasto di Roma non esiste più traccia dei dati relativi all'interno 11 della palazzina I, scala A: il covo dove, nei giorni del sequestro Moro, si nascondeva Mario Moretti. Un fatto molto strano, che diventa sconcertante dopo la notizia, rivelata dall'ex senatore comunista Sergio Flamigni nel suo libro Convergenze parallele, della presenza nel condominio di via Gradoli di una ventina di appartamenti che, direttamente o indirettamente, facevano capo al servizio segreto civile. Qualcuno ha tentato di nascondere la prova del fatto che i Servizi in un certo senso "circondavano" quegli stessi capi brigatisti che non riuscivano a trovare in nessuna parte d' Italia? "Se l'ipotesi che alcuni appartamenti erano di proprietà del Sisde fosse confermata - ha detto ieri Pellegrino in una intervista al Gr3 - la mancata individuazione del covo diventerebbe ancora più eclatante".

Una constatazione che in questi giorni crea molta agitazione. A vent'anni dalla morte di Moro - mentre le massime autorità dello Stato commemorano lo statista assassinato - il sospetto che non sia stato fatto tutto per salvarlo diventa più forte. Secondo Pellegrino, l'allora ministro dell'Interno Francesco Cossiga ebbe questo sospetto fin dai giorni del sequestro: "Cossiga - ha detto il presidente della commissione stragi - non era tra quelli che non volevano salvare Moro. Ma certamente ha la coscienza che molte delle persone che gli erano vicine in quei drammatici giorni non si muovevano per salvarlo. E probabilmente era sovrastato da forze più grandi di lui". Dopo aver ricordato le dimissioni di Cossiga da ministro dell'Interno, e aver manifestato "rispetto" per lui, Pellegrino ha aggiunto di trovare incomprensibile il "fuoco di sbarramento" che Cossiga oppone ai nuovi interrogativi su ciò che realmente accadde: "Non capisco le ragioni che lo spingono alla difesa di un passato che ogni giorno di più appare oggettivamente indifendibile".

I quesiti aperti sono molti. Flamigni ieri ne ha proposti sedici. Riguardano l' intera vicenda: dal giorno del sequestro (non sono stati ancora individuati tutti gli attentatori) agli anni successivi (quando dagli archivi del Viminale sparirono tutti i documenti sulla "gestione della crisi").

L'agitazione suscitata dalla vicenda di via Gradoli fa pensare che il caso degli appartamenti del Sisde possa essere una delle chiavi per arrivare alla verità. I nomi di alcuni degli amministratori delle società legate ai Servizi che nel 1978 avevano la proprietà degli appartamenti, sono ricomparsi in anni recenti in altre vicende gravissime. A partire dallo scandalo dei fondi neri del Sisde. E il fatto che alcuni di quegli appartamenti furono poi intestati a Vincenzo Parisi (il defunto capo del Sisde, poi capo della polizia) da solo chiarisce quanto sia delicata questa vicenda. E siano sospetti la inesistenza della memoria catastale sul covo e lo "smarrimento" di altri documenti importanti. Flamigni, nel suo libro, segnala tra l'altro la scomparsa - dall'archivio del commissariato di Ps Flaminio Nuovo - della documentazione sulla perquisizione fatta in via Gradoli 96 il 18 marzo del 1978. Una storia vecchia, che dopo le rivelazioni sulla proprietà degli appartamenti riprende vi ta: due giorni dopo il sequestro Moro la polizia arrivò in via Gradoli. Bussò alla porta del covo. Nessuno rispose. I poliziotti se ne andarono.

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