La Repubblica - 10.05.98
"Dietro il sequestro P2 e apparati che non volevano il cambiamento"
Pellegrino, presidente della commissione Stragi, loda il discorso di Scalfaro
di GIOVANNI MARIA BELLU
ROMA - "Soddisfatto? Certamente. È la prova che non sono pazzo". Giovanni Pellegrino, presidente della commissione Stragi, non s'aspettava l'ingresso del capo dello Stato in carica in quello che l'ex capo dello Stato Francesco Cossiga chiama "Partito dei dietrologi".
Ultimamente l'organizzazione avversaria, il movimento "Scurdammoce 'o passato" aveva lanciato una offensiva decisa, utilizzando l'artiglieria pesante del sarcasmo e dell'allusione minacciosa. Anche per questo l'uscita di Scalfaro fa piacere a Pellegrino ("Un sostegno, un conforto") che però non è d'accordo su tutto.
Su cosa in particolare?
"Un'unica riserva: non penso che l'individuazione dei mandanti debba essere rinviata al giudizio divino: nelle linee essenziali, sappiamo la verità".
Conosciamo i nomi dei mandanti?
"Intendiamoci sul significato del termine. Se parliamo di persone che hanno ordinato alle Br "Andate, sequestrate, uccidete" non li conosciamo. È anzi assai dubbio che sia avvenuto un fatto del genere. Se invece col termine "mandante" ci riferiamo anche a chi avrebbe potuto impedire il sequestro, o risolverlo positivamente, allora li conosciamo. In un certo senso anche Moro li conosceva".
Ci spieghi.
"Basta leggere quel che scrive durante la prigionia: Moro individua la provenienza dei mandanti quando, a proposito della strategia della tensione, afferma che ci furono responsabilità istituzionali, interne ed estere, e indulgenze e connivenze all'interno del suo stesso partito; quando dice che tutte le volte che in Italia si è tentato di cambiare rotta si è innescato un meccanismo eversivo...".
Secondo lei era consapevole dell'esistenza della volontà di non farlo tornare libero?
"Non c'è dubbio. Quando annuncia che se verrà liberato abbandonerà comunque la politica, si mostra consapevole del fatto che c'è chi teme il suo ritorno. E vuole rassicurarlo". Ma questo riguarda meccanismi interni al sequestro.
Chi sono i mandanti che "lasciarono fare"?
"Certamente gli apparati che confluiscono nella loggia P2. Non l'intera P2 come organizzazione, ma suoi esponenti. Certamente Gelli, certamente gli uomini del golpe Borghese".
E fuori dall'Italia?
"Non penso che ci sia stato un coinvolgimento diretto dei vertici dell'amministrazione americana. Penso piuttosto a determinate aree dell'oltranzismo atlantico presenti nei servizi segreti occidentali. Del resto, la stessa P2 era un club d'oltranzismo atlantico. Gelli è stato un uomo dei Servizi occidentali, ma probabilmente con qualche legame all'Est".
Lei, insomma, ritiene che fu una convergenza di interessi a condannare Moro.
"Sì. L'interesse alla stabilità, al congelamento del sistema nato con Yalta. Moro in Italia lo metteva in discussione. Per questo io ho il dubbio che in questo "lasciar fare" ci siano stati anche interessi dell'Est. Ma non vorrei delineare scenari alla Le Carrè. Ci sono state anche cause riconducibili a comportamenti di chi lo voleva libero".
Per esempio?
"Penso ai socialisti, al partito della trattativa. Uomini come Craxi, Landolfi e Signorile quando avevano contatti con Pace e Piperno non potevano non capire di essere quasi sulla porta delle Brigate rosse. Se non dissero niente forse fu anche perché una conclusione del sequestro con un intervento militare avrebbe smentito la loro linea".
È una affermazione grave.
"Va collocata in quel momento storico e integrata col diffuso timore che un intervento armato potesse concludersi con la morte dell'ostaggio. D'altra parte sono convinto che gli stessi familiari, per una spiegabile mancanza di fiducia, non diedero tutte le notizie di cui erano in possesso".
Dunque ci furono quelli che lasciarono fare, quelli che non parlarono, quelli che sbagliarono. Dove colloca il ministro dell' Inte rno dell'epoca, Francesco Cossiga?
"Cossiga continua a reagire con disappunto ai dubbi sul sequestro Moro. Anche Gualtieri, che quasi nega la strategia della tensione, sbaglia. Ci sono comportamenti che non capisco. Ma, quanto a Cossiga, io sono convinto che volesse salvare il suo amico Moro e che, soggettivamente, abbia fatto tutto il possibile".
Come spiega le reazioni dure che ha davanti a questo argomento?
"Forse si è reso conto di essersi circondato delle persone sbagliate. A questo errore ha pagato un prezzo umano altissimo".