La Repubblica - 11.05.98

WB01343_.gif (599 bytes)


"Una nuova indagine su Moro". Andreotti replica a Scalfaro: basta con chi semina dubbi.

Si accende la discussione dopo gli interrogativi sollevati dal presidente della Repubblica sulla morte dello statista dc

di GIORGIO BATTISTINI

ROMA - Perchè l'ha fatto? Perché Scalfaro ha denunciato in Parlamento i sospetti d'impunità sui mandanti del delitto Moro, scansando pavide verità giudiziarie? Ventiquattr'ore dopo quel clamoroso gesto gl'interrogativi sulla reale valenza politica d'un atto tutt'altro che rituale s'accavallano senza risposta. La deduzione più risentita viene da Giulio Andreotti, allora capo del governo. Nessuno l'ha chiamato direttamente in causa. Come Cossiga sabato mattina non era alla Camera ad ascoltare Scalfaro. Tuttavia trova "giusto" che il capo dello Stato "attivi una nuova indagine molto approfondita su tutta la vicenda", nella speranza d'un chiarimento una volta per tutte. Dice che bisogna "far luce senza guardare in faccia a nessuno", con una "nuova indagine". Perché "quelli di noi che hanno sofferto in prima persona della sconfitta respingono in senso più totale le asserzioni di questi giorni".

Andreotti, come Cossiga, continua ad attribuire la sconfitta di allora dello Stato all'impreparazione degli apparati. Contesta le ricorrenti ipotesi di complicità fra uomini della polizia segreta e terroristi. Tesi solo in parte avallata, fra mille cautele, dal presidente del Senato Mancino: "la debolezza organizzativa del nostro apparato difensivo dell'epoca, e la non improbabile esistenza di complicità, non può tuttavia autorizzare a parlare di doppio Stato".

Adesso, dice spazientito Andreotti, "o si è in grado di far luce sul serio oppure si deve smettere questa grande semina di dubbi". Poi ci ripensa. Un'alternativa così secca deve sembrargli esagerata. Corregge: in effetti "sulle Br sono molti gli aspetti non individuati sia sulle persone sia sulla programmazione. Ma perché si parla sempre di un'intelligence esterna alle Br?" I ventennali sospetti sulle manovre del "partito amerikano" contro il Pci? Invece "Moro aveva grandissimi agganci negli Usa. E il generale Miceli, ex capo del Sid, godeva talmente della sua fiducia che quando venne arrestato lo stesso Moro protestò fortissimamente col governo".

Verso un'altra inchiesta, allora? Proposta "senza senso" dice Giovanni Pellegrino, presidente della commissione d'inchiesta sulle stragi. Giudizio riferibile anche alla richiesta di Ruggero Manca (vicepresidente della commissione per Forza Italia), che vuole "un'audizione" di Scalfaro. Occorre invece "che le istituzioni rendano note, una volta per tutte e in via ufficiale", molte delle cose che già si conoscono. E' importante quel che ha detto Scalfaro, ma noi lo sapevamo già. L'Italia è l'unico Paese al mondo che ha paura della propria storia".

A parte le reazioni risentite (o i corrucciati silenzi di chi ha preferito "non raccogliere") resta l' interrogativo: perché il capo dello Stato ha risollevato adesso il velo sui "mandanti" nell'ombra? L'occasione istituzionale, certo. Ma non solo. C'è in quelle parole anche un avvertimento forte all'indomani della fuga di Gelli sui doveri della memoria, contro qualsiasi progetto destabilizzante. Inoltre, a sei mesi dal semestre bianco, Scalfaro osserva il gran daffare di ex dc, ex psi e trasversalisti vari, molti dei quali smaniosi (come Cossiga) di veder affondare la Bicamerale per dar vita, magari dopo elezioni anticipate, a quell'assemblea Costituente il cui solo avvio metterebbe automaticamente in mora, l'attuale Carta. E allora forse ricordare i mandanti nell' ombra d'un grande delitto che voleva dirottare la storia d'Italia può diventare occasione allusiva per una messa in guardia sulla fragilità dei grandi progetti scritti a tavolino. Anche perché qualsiasi scorciatoia elettorale dovrebbe prima fare i conti col Quirinale. Tutt'altro che disponibile.

WB01343_.gif (599 bytes)