La Repubblica - 11.05.98

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 Mancino: "La fermezza salvò il nostro Stato".
Il presidente del Senato commemora Moro "ucciso dall'ideologia Br"
 
MILANO - Oscar Luigi Scalfaro rende pubbliche tutte le sue perplessità sulla gestione e il tragico esito del sequestro Moro. E Nicola Mancino, da presidente del Senato seconda carica della Repubblica, si smarca. L'occasione è la commemorazione, ieri a Milano e poi a Novate per il Ppi, del sacrificio di Aldo Moro. Ma chi si aspettava un'abiura dalla linea della fermezza è rimasto deluso: "Essa fu giustamente adottata dallo Stato democratico", dichiara secco Nicola Mancino e aggiunge: "Se, se non fosse stato così, lo Stato si sarebbe sbrindellato". Dunque Oscar Luigi Scalfaro nell'affermare che che per i mandanti dell'omicidio "quella voce doveva essere spenta" si avventura su un terreno dal quale Mancino vorrebbe tenersi a prudente distanza: "Non voglio fare commenti non perché non le condivida, ma perché è doveroso da parte nostra lasciare il capo dello Stato al commento dei protagonisti della vita politica o degli stessi storici".
Partita chiusa? Improbabile perché da anni sul caso Moro si accendono polemiche che si riferiscono a "verità" molto distanti da quelle acquisite in sede giudiziaria. E uno dei temi più inquietanti riguarda la possibilità che i servizi si siano potuti infiltrare nelle Br. Questa la premessa che autorizza ogni ipotesi sull'esito del sequestro nel momento in cui la direzione della Dc si riuniva, forse, per aprire ai terroristi un diverso piano di trattativa. Scenari che sono sempre stati presenti alla politica italiana e che l'altroieri il presidente della Repubblica ha rilanciato interrogandosi sul fatto che "le intelligenze criminose che scelsero, mirarono e centrarono il bersaglio, in quel momento politico essenziale, sono comprese in quei processi?". Mancino obietta che fu l'ideologia brigatista a condannare Moro.
La seconda carica del Paese è molto severo con il "perdurante silenzio" degli ex terroristi che "non contribuiscono a ricostruire la verità su quel drammatico episodio": "A distanza di venti anni dall'assassinio di Moro rimane una incompletezza che non è solo quella, ma è anche quella, delle verità giudiziarie. Al sofferto cammino e alla presa di coscienza di alcuni brigatisti, non è pensabile che ancora facciano riscontro, a tutt'oggi, i perduranti silenzi di altri".
, secondo Mancino, c'è l'esigenza di "parole chiare e possibilmente definitive", anche se non bisogna esagerare nell'analisi, distorcendo la realtà: "La debolezza organizzativa del nostro apparato difensivo dell'epoca e la non improbabile esistenza di complicità non può autorizzare a parlare, con interessata disinvoltura, di doppio Stato". Il riferimento nasce dopo le polemiche innescate da Gherardo Colombo, che aveva parlato, in sintesi, di "società del ricatto" ed era stato sommerso dalla critiche del mondo politico: "La nostra storia, con le sue vicende e le sue fasi difficili - dice Mancino - - è storia autentica di libertà e di avanzamento democratico, di confronto politico talvolta aspro, ma libera e alla luce del sole".
E Oscar Luigi Scalfaro potrebbe dissentire.  

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