La Repubblica - 14.03.98

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I 55 giorni del rapimento Moro hannosegnato una frattura nella storia del paese

Quella cappa di paura che avvolse l'Italia

di EUGENIO SCALFARI

ROMA - Fu terribile quel 16 marzo di venti anni fa! Il governo Andreotti, proprio quel giorno, si presentava in Parlamento per ottenere la fiducia e per la prima volta avrebbe anche avuto l'appoggio del Partito comunista. Moro si era molto battuto per arrivare a questo risultato, aveva dovuto superare resistenze fortissime nei gruppi parlamentari della Dc inimicandosi potenti "lobbies" politiche ed economiche, interne e internazionali.

Di prima mattina, mentre cominciavamo appena a passare le agenzie di stampa e a preparare le macchine da scrivere per il lavoro che stava per cominciare, arrivò la folgorante notizia: Aldo Moro era stato rapito, la sua scorta sterminata, i rapitori scomparsi.

Calò sulla città una cappa di stupore e di paura mentre un'imponente quanto inutile caccia all'uomo si scatenava; le strade del centro e della periferia del nord-ovest della città erano percorse da un carosello di auto e motociclette delle forze di polizia a sirene spiegate, gli elicotteri dei carabinieri volteggiavano nel cielo; c'era, lo ricordo benissimo, un'atmosfera di dramma che incombeva dovunque, uno smarrimento collettivo.

Sapemmo che non solo i membri del nuovo governo, ma i dirigenti di tutti i partiti erano affluiti nelle sale del governo a Palazzo Chigi. I giornali radio e i telegiornali trasmettevano in continuazione. Anche noi preparammo in gran fretta un'edizione straordinaria che a mezzogiorno era già nelle edicole.

Intanto le Brigate Rosse avevano rivendicato l'operazione. Col passar delle ore si allontanava sempre di più la speranza di intercettare i rapitori e liberare il prigioniero. Poi cominciarono i giorni dell'attesa, delle polemiche, dei sospetti.

Fu ben presto chiaro quale fosse l'obiettivo delle Br: non un riscatto in denaro e neppure, come in apparenza sembrava, la liberazione di alcuni "prigionieri", come essi definivano con termine militaresco i brigatisti incarcerati per precedenti operazioni. Le Br volevano un riconoscimento politico da parte del governo e dello Stato; volevano essere riconosciuti come controparte, come partito armato, come forza combattente. Solo a queste condizioni avrebbero rilasciato l'ostaggio, fidando nel fatto che nel frattempo egli avrebbe provocato spaccature traumatiche dentro il suo partito e nell'intera coalizione governativa.

E le lettere di Moro cominciarono ad arrivare, implacabilmente, dirette a tutti i principali attori di quel dramma collettivo: Andreotti, Cossiga, Zaccagnini, Fanfani, Leone e molti altri.

Che valore bisognava dare a quelle lettere? Erano estorte da chi aveva su di lui "pieno dominio"? Riflettevano, pur scritte in stato di orribile costrizione, sentimenti e convinzioni autentici?

Attorno a questo problema cominciò la polemica e nacquero quei due partiti trasversali che furono definiti e si autodefinirono il partito della fermezza e quello della trattativa.

Del primo facevano parte la direzione della Dc, pur composta in gran parte da amici intimi di Moro; il governo (in particolare Andreotti e Cossiga); il Pci di Berlinguer; il movimento sindacale al completo; il partito repubblicano, con La Malfa in testa; Sandro Pertini. Del secondo, Craxi e quasi tutta la dirigenza del partito socialista, i radicali di Pannella, gli extraparlamentari dell'Autonomia e degli altri gruppuscoli di estrema sinistra.

I rapporti tra queste due posizioni si inasprirono rapidamente. I maggiori organi di informazione furono abbastanza compatti in favore della fermezza, pur subendo pressioni e anche minacce di vario tipo. Gli intellettuali si divisero; molti di loro, a cominciare da Sciascia, lanciarono lo slogan pericolosissimo "né con le Br né con lo Stato".

Furono giorni tragici durante i quali la macchina dello Stato rivelò tutta la sua inefficenza e lasciò intravvedere anche alcuni aspetti oscuri che non sono mai stati interamente chiariti.

Poi, dopo quasi due mesi di tormento che debbono essere stati orribili per il prigioniero e per i suoi familiari, gli ultimatum finali dei brigatisti e infine l'omicidio.

L'obiettivo - ormai è chiarissimo e gli stessi uomini delle Br l'hanno reso esplicito - era quello di impedire che il Pci compisse il suo cammino e diventasse quella forza riformista di cui il paese aveva bisogno perché ci fosse anche in Italia una democrazia compiuta. Quel processo per fortuna non si è arrestato, ma tardò di altri dieci anni a compiersi. L'uccisione di Moro fu il tragico e orrendo prezzo con il quale fu bloccata per altri dieci anni un'evoluzione che avrebbe potuto verificarsi molto tempo prima.

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