La Stampa- 10.05.98
Il Presidente commemora l'ex leader dc: lo hanno colpito perché andava oltre il partito
ROMA. A venti anni dal nove maggio del '78 si riaffacciano tutti gli interrogativi e i sospetti sulla vicenda Moro. C'era un "grande vecchio", una mente politica, dietro il rapimento e l'omicidio, che è ancora a piede libero? Era possibile salvare la vita dello statista dc? Le lettere del presidente scudocrociato non erano forse molto più sincere e autentiche di quanto allora si volle far credere? Si tratta di dubbi che sono tornati alla ribalta durante questo periodo, di domande che molti si sono posti e si pongono. Ma la novità - una novità di enorme portata - è che questa volta è Oscar Luigi Scalfaro a far riaffiorare certi sospetti. E il capo dello Stato non può non sapere che le sue parole apriranno un caso, giacché chi le pronuncia ha alle spalle una storia da democristiano a tutto tondo e ora ricopre un ruolo di primo piano nelle istituzioni. Il Presidente della Repubblica, del resto, rilancia quegli interrogativi durante un discorso commemorativo alla Camera, che non tiene a braccio, come è suo costume, bensì che legge da alcuni appunti, per oltre una ventina di minuti. Segno evidente che su quell'intervento (e sulle sue possibili conseguenze) Scalfaro ha riflettuto, eccome.
Ma che cosa dice il capo dello Stato (che nutrì delle perplessità già all'epoca in cui era ministro dell'Interno) di fonte ai parlamentari riuniti nell'aula di Montecitorio per ricordare lo statista dc scomparso? Innanzitutto il presidente sostiene che un confronto con i brigatisti era possibile. "Le sue lettere - ricorda, riferendosi alle missive che Moro scrisse durante la prigionia - invitavano a cercare un contatto ed aprire un dialogo con i suoi carcerieri. Ne nacque una discussione delicata e difficile, che fu responsabilmente risolta con il no a qualsiasi trattativa che avrebbe portato fatalmente ai riconoscimenti delle Br. Ma a mio avviso il pensiero di Moro era diverso: non vedeva nel dialogo un fatale e conseguente riconoscimento delle Br". E a questo proposito Scalfaro rivela un episodio inedito che lo ebbe come protagonista. "Andai in quei giorni - racconta il presidente - a piazza del Gesù. Mi trattenni pochi minuti e dissi a Zaccagnini: perché tanta meraviglia nell'ipotesi fatta da Moro di cercare un incontro? Io ti pongo una sola domanda: se fossi stato sequestrato tu, Moro proporrebbe di non trattare? Come risposta fu silenzio". Quindi il capo dello Stato prosegue il suo discorso sottolineando l'importanza che lo scomparso statista dc dava al dialogo.
E Scalfaro avanza un altro sospetto. "Chi studiò, preparò, diresse quel crimine sapeva di colpire l'unica voce che di fatto, in quel frangente storico, poteva avere ascolto ben oltre la sua parte politica. Più tardi una successione di processi riuscì a raggiungere i responsabili di quell'orrendo crimine. Ma le menti, le intelligenze che scelsero quel bersaglio in quel momento politico essenziale sono comprese in quei processi? E se no a quale giudice risponderanno? Eppure ne risponderanno". Un passaggio importante del discorso di Scalfaro è dedicato alle missive dello statista dc in cui - ricorda il presidente - espresse giudizi e tratteggiò con dura limpidezza persone di diverse pubbliche responsabilità; la inimmaginabile sofferenza della privazione della libertà fu certo un elemento terribilmente condizionante. Ma quella sofferenza liberava il suo pensiero dalla tradizionale riservatezza, dal consueto timore che aveva di creare fratture, e i giudizi uscivano così come erano maturati dalla sua esperienza nel suo spirito".
Scalfaro preferisce non fare un discorso rituale. Il che, è ovvio, suscita diverse reazioni. I dc di tutti gli schieramenti, che ricordano il collega di partito tutti insieme, nel corso di una messa, non sembrano contenti. Una delle figlie di Moro, Agnese, invece, commenta così: "Dal Presidente sono venute parole chiare: si poteva fare di più". Naturalmente, è di tutt'altro avviso un'autorevole esponente dell'allora pci, Nilde Iotti, che osserva: "Non si poteva fare altrimenti: trattare con le Br avrebbe significato arrendersi, tutti lo sapevano". Walter Veltroni dà ragione a Scalfaro: "Condivido integralmente il suo discorso", afferma. Beppe Pisanu, attuale capogruppo di Forza Italia, nel periodo del rapimento era uno dei più stretti collaboratori di Zaccagnini e aveva lavorato anche con Moro. Per questo motivo preferisce il silenzio, di fronte all'inedito episodio rivelato da Scalfaro: "Non voglio in alcun modo suscitare polemiche sul nome di due persone la cui memoria mi è sacra", spiega. Il segretario del cdu, Buttiglione, invece critica il Presidente, e dice: "Si deve constatare come in Italia tutto sia buttato in politica, persino i morti". [m. t. m.]