Il Corriere della Sera                                                               Venerdì 1° agosto 1997

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MA QUEL LUTTO E' COLLETTIVO

di GIANNI RIOTTA

E' consolante che uomini illustri dello Stato, il presidente Oscar Luigi Scalfaro, il suo predecessore Francesco Cossiga e il presidente del Senato Nicola Mancino, riproducano, discutendo dell'indulto ai reduci del terrorismo, le stesse divergenze di opinioni che cogliereste in treno, viaggiando da Milano a Roma. Per una volta, Stato e società civile, anziché divergere, reagiscono all'unisono.

Ieri il presidente Scalfaro ha detto: «Ogni atto che abbia il sapore della misericordia non può essere germinatore di squilibri nella giustizia o di ingiustizie vere e proprie». Mancino gli ha fatto eco, dicendo che i tempi dell'indulto non sono maturi e una clemenza generalizzata rischia di offendere il dolore dei familiari e la memoria della mobilitazione che sconfisse il terrorismo. L'ex presidente Cossiga, ministro dell'Interno durante il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro, si dice da tempo favorevole a un'amnistia per i reati politici di allora.

Chi ha ragione e chi ha torto, nella discussione fra autorevoli esponenti della vecchia Dc, un partito che pagò caro al terrorismo? Chi ha ragione, tra gli italiani che la pensano come loro, in questa feria di agosto? Alle orecchie di chi è oggi ragazzo, la questione deve suonare remota. Curcio, Concutelli, la bomba di Bologna e la base di via Gradoli sono nomi sconosciuti a tanti. E tanti sono stufi che, parlando di storia e politica, si vada abitualmente in tribunale anziché nelle università.

Chi è favorevole a un provvedimento di condono sostiene che l'album di famiglia del terrorismo è chiuso ed è l'ora di clemenza. Chi è contrario alla clemenza sostiene che è ancora presto e i fascisti Mambro e Fioravanti e i comunisti Negri e Moretti stanno bene dove sono, in galera. I primi dimenticano quanto gli anni del terrore furono efferati, Moro rinchiuso in una gabbia, la tortura delle «gambizzazioni». Gli altri trascurano i secoli di cella, già accumulati dai condannati.

Ognuna di queste opinioni ha però elementi di verità, proprio perché ricercare torti e ragioni di chi stava al governo, all'opposizione o addirittura in clandestinità a quei tempi significa decidere chi siamo oggi. Non con i cavilli dei legali, ma con l'occhio sereno della comunità. Se il caso Sofri accende gli animi, se tanti vorrebbero vedere finalmente alla sbarra il fascista Delfo Zorzi, accusato per la bomba a Milano del 1969, non è per una sorta di morboso antiquariato della politica. Fin quando non conosceremo la natura della violenza terroristica, non sapremo chi siamo noi, oggi, nel 1997.

La psicoanalisi insegna agli individui che rimuovere il passato senza affrontarlo produce incubi. Un meccanismo analogo affligge le società. Malgrado quel che scrivono i filosofi all'amatriciana, di ieri e di oggi, la democrazia italiana del dopoguerra era bloccata. Ferree ragioni di politica estera impedivano il ricambio democratico, lasciando stagnare le energie e impoverendo la classe dirigente. Così è stato fertilizzato il sottobosco di intrigo internazionale che ha portato al terrorismo nero. Così s'è prodotta la frustrazione sanguinaria del terrorismo rosso. In troppi, confusi e crudeli, scuotevano la gabbia di democrazia dimezzata. Dall'ombra li aiutavano i padrini del terrorismo grigio, i settori illegali dello Stato, gli unici assassini che non hanno avuto un giorno di punizione e che mai conosceremo. La vittoria sull'eversione, costata morti e sofferenze, lunghi anni di immobilità politica e un'ambigua legge sui pentiti, fu un successo della Repubblica, cui contribuirono culture e personalità diverse, dalla destra parlamentare che volle isolare gli squadristi, alla nuova sinistra non violenta che ruppe con l'intolleranza degli autonomi. Una vittoria di cui una generazione intera dovrebbe esser fiera e invece dimentica.

E' oggi invalso l'uso di costituire i familiari delle vittime di stragi, politiche e no, in associazioni che elaborano il cordoglio e la rivendicazione di verità. Si tratta, spesso, di iniziative benemerite, purché non si dimentichi che la legge è stata inventata proprio per sottrarre la giustizia al dolore atroce, che tutto confonde e annichilisce. Giustizia non è sinonimo di vendetta, è il suo opposto.

Quando il presidente Scalfaro ci ricorda, nel suo tono commosso, le vittime del terrorismo, noi pensiamo dunque a tutta la nazione. A chi pianse il sangue familiare e chi pianse invece quello dei concittadini. Nel rispetto del dolore privato, è l'ora di fare i conti con il lutto collettivo, non meno doloroso, non meno tenace.

A tre anni dal nuovo millennio, a un passo dall'Europa, con un governo stabile, l'Italia 1997 può guardare all'Italia 1977, con la compassione del fratello minore, più giovane e fortunato. Un provvedimento di clemenza che facesse solo i conti con il passato è roba da rigattieri. Una legge che fosse merce di scambio al supermercato dei partiti, come una poltrona Rai, sarebbe uno scandalo. Ma un provvedimento di magnanimità capace di guardare al futuro sarebbe la prova che la Repubblica, con tutte le sue gravi pecche, è più forte che mai. E chi è caduto per difenderla, non è morto dunque invano.

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