Corriere della Sera - 03.03.1998
PARIGI - Tutti per uno, uno per tutti. I fuoriusciti italiani, Oreste Scalzone in testa, adottano il motto dei moschettieri: «Se uno di noi sarà estradato in Italia, gli altri lo seguiranno».
Un gesto di sfida. Gli inermi fantasmi degli Anni di Piombo sono pronti a imbarcarsi sui charter di Lionel Jospin per ritrovare le odiate-amate sponde della patria matrigna che osa ancora perseguitarli, in virtù degli accordi di Schengen, perché militavano, o guerreggiavano sotto le bandiere di Brigate Rosse, Prima Linea e altre formazioni.
Sanno bene che se c'è un Paese che, in pectore, li rifiuta, questo è proprio l'Italia: un ritorno in massa di fuoriusciti innescherebbe più dibattiti e problemi che soluzioni giurisdizionali.
Purtroppo, Schengen è un teorema automatico, l'applicazione è inevitabile.
Ma Oreste Scalzone precisa: «L'occasione fa l'uomo ladro: io non mi fido del ministro Flick, che pare abbia detto ai francesi: "Mandateci qualche fuoriuscito tanto per la forma. Lo tratteremo bene, saremo magnanimi...". No, signor Flick, non verremo mai uno per uno».
La Francia di Fran´ois Mitterrand, dicono Scalzone e i suoi fedeli, è stata generosa, degna del proprio passato. Li ha fatti entrare, li ha protetti e poi li ha dimenticati. Ne sono passati novecento nella Douce France dal 1981 ad oggi.
Nel 1984 erano trecento, oggi sono circa duecento, dei quali solamente settantacinque hanno subìto una procedura di estradizione. Soltanto Persichetti ha dovuto diventare uccel di bosco. Gli altri vivono o tentano di vivere in pace.
Sanno che l'Italia soffre della sindrome Sofri & C.; sanno che Tony Negri è caduto in trappola consegnandosi alle autorità italiane e non se la sente di atteggiarsi a martire. Così, gli «esuli», come amano definirsi, vogliono proteggersi.
In questi ultimi tempi, per di più, tre di loro si sono imbattuti nell'inflessibilità giudiziaria francese.
Un tempo brigatista, condannato all'estradizione nel 1980 senza che nessun primo ministro francese osasse applicare la sentenza, Franco Pinna s'è creato una famiglia e un'attività in Francia: una mattina, i poliziotti lo hanno beccato.
Francesco Davanzo, che era inseguito da un mandato di cattura italiano per attacco a mano armata, è stato fermato a Parigi, nell'appartamento della sua compagna: sono dodici anni che lavora nel settore immobiliare francese.
Sergio Tornaghi, con tanto di permesso di soggiorno e con famiglia e incarichi comunali, è stato arrestato in un villaggio nelle vicinanze di Bordeaux.
Questo goccia a goccia spaventa i fuoriusciti. «San Fran´ois Mitterrand» è scomparso, lui che diceva a Bettino Craxi e a Oscar LuigiScalfaro, che nel 1984 era ministro dell'interno: «State tranquilli, l'emergenza è finita. Tenendoli in Francia, noi permettiamo all'Italia di riflettere per un'amnistia». Ma l'Italia ha tempi lunghi.
Adesso, con queste brutte nuvole all'orizzonte, sostenuti da un gruppo di «ma-itres-à-penser» e di avvocati francesi, i fuoriusciti hanno scritto a Jacques Chirac e a Lionel Jospin: «Se l'Italia non è capace di girare la pagina degli Anni di Piombo, se appare pietrificata in un'emergenza senza fine dove l'eccezione è la regola, perché la Francia dovrebbe rinnegare la propria dottrina, sconfessando un impegno che, fino ad oggi, è stato sempre onorato? Rifiutiamo le estradizioni. Vogliamo un destino comune, come quello degli immigrati imbarcati sui charter. Oppure, vogliamo la garanzia definitiva di una presenza legittima in terra francese. Una scelta dev'essere fatta: noi vi domandiamo di renderla formale».
Sollecitato da Chirac, che forse è angosciato dal fantasma di Fran´ois Mitterrand, Jospin sta riflettendo.