Il Corriere della Sera                                                               Domenica, 3 agosto 1997

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REPLICA AL «MANIFESTO»

Giovanni Moro: perché sbaglia la Rossanda

«Era sbagliata la logica dell'emergenza. Ma anche l'indulto è un errore. Non serve un'operazione di rimozione della memoria»

G. Fre.,

ROMA - Rossana Rossanda dalle pagine del «Manifesto» le ricorda che nonostante il suo «irrimediabile dolore» lei dovrebbe «discernere» che ci sono, sì, misteri sulla fine di suo padre ma «non dalla parte di chi lo ha sequestrato e ucciso».

Risponde Giovanni Moro, figlio del presidente della Democrazia cristiana ucciso dalle Brigate rosse: «Ma forse si scorda che per il caso Moro ci sono stati cinque processi e che ogni due o tre anni, da vent'anni a oggi, qualche terrorista ha scoperto e rivelato qualcosa di nuovo: un nuovo carceriere, un altro particolare. Il "quarto uomo" finora ha avuto almeno sei o sette identità diverse. Mi sembra sufficiente per dire che il caso non è chiuso. Anzi, due o tre particolari li ha svelati proprio la Rossanda nell'intervista a Mario Moretti di qualche anno fa. Un'intervista devo dire molto poco critica: ce la prendiamo con Vespa per le sue interviste a Craxi ma lo stile della Rossanda non fu molto diverso...».

Insiste la Rossanda: «Si può gridare che la sinistra non aveva il diritto di uccidere, ma non si può negare la politicità del delitto».

«Non lo deve dire a me, che da sempre affermo che ci sono anche altri che hanno responsabilità. Ma non si può nemmeno sostenere che tutte le colpe stanno da una parte, quella dei partiti».

Si parla di indulto, torna la polemica sul terrorismo e sugli anni di piombo: «La denuncia della Rossanda - continua Giovanni Moro - che dice che ci sono colpe e responsabilità dei partiti, dello Stato e dell'opinione pubblica è proprio la dimostrazione di come il Paese non abbia ancora chiuso i conti. Rafforza la mia tesi».

Che non è ancora tempo per l'indulto?

«Prima di decidere bisognerebbe tener conto dei sentimenti dei cittadini. C'è una vecchia abitudine a sinistra, il vizio di delimitare la partita ad uno scontro tra lo Stato e i suoi nemici. I familiari delle vittime non contano, forse, ma i cittadini sì. Io credo che si debba superare la logica delle leggi dell'emergenza, per le quali persone che non hanno mai preso in mano una pistola sono state condannate a vent'anni di prigione. E questo è uno scandalo. Ma la soluzione non è un provvedimento generalizzato: l'indulto significa ammettere che mentre prima per motivi politici si era condannati a pene più gravi, adesso l'aver agito per motivi politici è un'attenuante. Se era sbagliato quel sistema lo è anche questo. Ripeto: occorre un'operazione di verità, non di rimozione della memoria».

Luigi Manconi, leader dei verdi, ex Lotta continua, dice che è pretestuoso evocare le vittime oggi.

«Non dico che si debba avere un diritto di veto, ma il diritto di essere ascoltati e presi sul serio... questo sì. Manconi ha la tendenza ad ignorarlo, considerando più importante il punto di vista dei colpevoli che quello delle vittime».

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