Il Corriere della Sera - 04 luglio 1997

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LEX TERRORISTA DI DESTRA

"Abbiamo ucciso, dobbiamo solo stare zitti"

«So quanto male ho seminato ma toglietemi il peso della strage di Bologna E' mancata l'autocritica non abbiamo il diritto di chiedere nulla»

Francesca Mambro: Toni Negri sbaglia, è troppo presto per provvedimenti di clemenza

di Gian Antonio Stella

ROMA - «Ho in testa solo Bologna, la condanna per la strage di Bologna. Tenetevi l'indulto, la grazia, tutto e datemi la verità su Bologna. Posso restare dentro tutta la vita per quello che ho fatto, perché lo so quanto male ho seminato. Ma toglietemi questo peso». Francesca Mambro è uno dei 33 reduci «neri» degli anni di piombo ancora in carcere. Una volta sola è uscita, poche settimane fa, tre giorni agli arresti domiciliari: «Mamma li ha passati in cucina: "Ti faccio la pasta? Vuoi il riso? Un pomodoretto?». Entrò in carcere che era una ragazza lentigginosa travolta da una forsennata scelta nichilista, oggi è una donna con qualche ruga che del passato non giustifica niente. E che, mentre si discute sulla semi-grazia agli ex-terroristi, si chiama fuori da tante litanie per dire: «Non siamo noi a poter chiedere qualcosa. La storia è chiusa, sono passati anni, molti di noi stanno ancora pagando ma la ferita no, non si è rimarginata. Infatti l'indulto è chiaro che non è praticabile».

No?

«Secondo me no. Se ci dev'essere il voto di due terzi del Parlamento quando mai ci arrivano? Non può passare. Ci sono ancora troppe resistenze, legate a ferite che non si sono chiuse. Troppe persone hanno vissuto quegli anni con l'incubo d'uscire una mattina ed essere ammazzate alla fermata del bus. Troppe vedove, troppi orfani...».

Pensa che il Parlamento tema la reazione dell'opinione pubblica?

«Questo no. La gente, mi pare, ha altri problemi e non gliene importa tanto di noi. La stragrande maggioranza di noi si è già reinserita. E la società, questi figli d'una

generazione impazzita, li ha accolti meglio di quanto si potesse pensare. No, penso a tutti quelli, e sono tanti, che sono stati in qualche modo colpiti dal terrorismo. Non siamo ancora arrivati alla pacificazione».

Perché?

«Non c'è stato il perdono. Anche perché non c'è stata da parte nostra una generale ammissione di colpa. Un'autocritica reale. Voglio dire: molti, individualmente, hanno cercato di fare i conti con se stessi, le loro vittime, la società... Ma sempre troppo pochi. Per quello ogni volta che si parla d'indulto c e una specie di sollevazione. Non mi meraviglia».

Perciò il peggior nemico dell'indulto è Toni Negri che ancora tira in ballo gli ideali di un tempo?

«Il peggior nemico è il silenzio con cui molti sono tornati nella società senza un'autocritica. Insistere in un atteggiamento di legittimazione delle scelte fatte all'epoca è inaccettabile. Proprio perché avevamo gli strumenti culturali per leggere la realtà meglio di altri siamo più responsabili. Che dei nonni stiano ancora li a fare certi discorsi è deprimente. Mica eravamo dei Talebani anafabeti e indottrinati ad uccidere. Quindi...».

Quindi?

«Quindi mi meraviglia che a distanza di tanti anni, dopo aver visto quello che è successo, tutto il dolore che ci siamo lasciati dietro e che ci portiamo dentro, uno come lui stia fermo sulle sue idee. Ma taci! Taci, per favore: taci!».

Teme che ogni parola che dice possa danneggiare l'indulto?

«No: il processo di pacificazione. E' sbagliato riaprire vecchie ferite. Uno dice:

ma allora non avete capito niente! E l'uscita dagli anni di piombo diventa il tema dell'estate prossima. Noi non possiamo chiedere nulla. Nulla. I nostri reati sono li. I morti sono morti. Gli omicidi sono omicidi. E allora mi chiedo: come possiamo pretendere che gli altri siano tutti d'accordo su un tema che ha lacerato il Paese? Anzi, mi ha colpito molto l'apertura della destra sui suoi morti...».

In che senso?

«Per tutti i morti che ci sono stati a destra, penso a Mantakas, ai fatti di Acca Larentia, a Ramelli, non c e un solo responsabile in galera. Sono cose che hanno segnato una generazione e sono molto contenta che la destra non dica: non si muove niente se non salta fuori chi è stato. E' giusto così. La guerra è finita».

Tornando all'idea di Scalfaro e Flick?

«E' una soluzione ad personam che certo non risolve il problema. E' chiaro che la via maestra sarebbe l'indulto. Per colpa delle leggi speciali tutto dipende dalla

discrezionalità dei magistrati. Così c'è gente che ha ucciso e sta fuori e gente che ha distribuito un volantino e ancora sta dentro per concorso morale. Detto questo...».

Meglio la semi-grazia che niente.

«Si, è un segnale di attenzione importante. E poi credo che una certa gradualità sia giusta. Alla pacificazione vera si può arrivare per stadi. E' inutile creare nuovi traumi. Nuove spaccature».

Non c'è il rischio che la grazia "ad personam" crei la categoria dei raccomandati anche tra gli ex terroristi?

«Ma i raccomandati ci sono sempre stati! C'è chi ha pagato tanto e chi poco, chi è finito dentro e chi no. La giustizia con la G maiuscola in realtà non c'è mai stata. Ci sono degli sfigati, parlo soprattutto di gente di sinistra, che sono invecchiati dentro come l'abate Faria senza un reato di sangue. Insomma, davanti a certe disparità dovute alle leggi speciali, tutto quello che può alleggerire le condanne va bene. Perché va a sanare almeno un po' una situazione ingiusta. Qui il tempo passa, i ragazzi di una volta sono diventati un po' gobbi, i capelli sono diventati bianchi »

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