Il Corriere della Sera Lunedì, 4 agosto 1997
R. R.,
ROMA - La polemica scoppiata due giorni fa a Bologna all'anniversario della strage della stazione continua a rendere bollenti le parole della politica e si inserisce di prepotenza nel dibattito sull'indulto che nei giorni scorsi ha fatto un primo passo avanti in commissione Giustizia alla Camera, nonostante tre autorevoli «frenate» consecutive (quelle di Scalfaro, Violante e Veltroni). E ieri anche il procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna è sceso in campo, sostenendo che una preventiva «attenzione legislativa» per i familiari delle vittime degli anni di piombo «avrebbe reso più accettabile da tutti» il provvedimento di clemenza.
Intanto Giorgio Napolitano reagisce agli attacchi di Bologna: le accuse, a proposito dei depistaggi registrati in passato nelle indagini sul terrorismo e sull'eversione, sono «fondate sull'ignoranza o sul falso».
Era stato Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione familiari delle vittime della strage di Bologna, che davanti a mezzo governo, oltre a respingere la proposta dell'indulto per gli anni di piombo, sabato aveva pesantemente attaccato il responsabile del Viminale: citando la vicenda di Carlo Ferrigno, ex direttore centrale della Polizia di prevenzione, nei cui uffici sono stati trovati dossier non catalogati.
La replica di Napolitano è durissima: «Il signor Bolognesi reppresenta la tragedia e il dolore delle vittime di una strage rimasta impunita», però «non può ritenersi autorizzato» a lanciare «pubblicamente accuse fondate sull'ignoranza o sul falso». Questo perché, si legge in una nota del Viminale, il ministro ha «ritenuto opportuno» sostituire il direttore centrale della polizia di prevenzione (rimosso a fine aprile '97, ndr) «per sbarazzare il campo da ogni possibile equivoco circa la volontà del ministero di collaborare fino in fondo con la magistratura inquirente nel recupero di tutto il materiale ancora utile per le indagini su stragi come quelle di piazza Fontana o di Bologna». Infine Napolitano spiega anche il perché di quella sua decisione: «È stata dettata da uno scrupolo di chiarezza e di rigore. Né capisco che cosa voglia dire l'accenno piuttosto farneticante a una "riabilitazione" da me successivamente disposta».
Ma Paolo Bolognesi non si dà per vinto: «Se questa è la risposta del governo, mi sembra non adeguata. Non credo di aver detto cose false né ingiuste e ripeto che la risposta del ministro non mi pare adeguata alle mie critiche».