Il Corriere della Sera                                                             Mercoledì, 13 agosto 1997

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Manconi: non è un problema di perdono... L'avversario Curzi: noi siamo più laici e democratici. Il centrodestra si divide

Di Pietro: indulto sì, agli assassini mai

«Si può perdonare il rivoluzionario, non chi uccise». Da sinistra arriva una bocciatura.

Buttiglione: bravo Tonino. Gasparri: no, parla solo per interesse personale

R. P.,

MILANO - Antonio Di Pietro prende a sorpresa posizione a favore dell'indulto e, con qualche distinguo, anche della riforma del «513». E subito si scatena la polemica. Il neocandidato dell'Ulivo per il collegio senatoriale del Mugello è intervenuto, come ogni settimana, nella sua rubrica di risposte ai lettori sul settimanale Oggi, da stamane in edicola. «Si può perdonare il rivoluzionario, non l'assassino» - scrive Antonio Di Pietro, sottolineando che «bisogna distinguere fra chi si è macchiato di gravi delitti e gli altri. Il sangue versato non si può cancellare». «Va bene uno sconto di pena - aggiunge l'ex magistrato rispondendo a un lettore - a chi è stato condannato per aver portato avanti, tanti anni fa, un'ideologia terroristica o anche per aver commesso reati contro il patrimonio o le istituzioni, accecato da una spinta rivoluzionaria della cui follia oggi si sia reso conto. Ma, accidenti, gli assassini di tanti poliziotti, magistrati, giornalisti, politici e rappresentanti della società civile perché devono essere premiati?». «Perché - continua - devono ricevere premi ulteriori rispetto agli usuali sconti di pena previsti per gli assassini comuni? Ammazzare una persona per motivi ideologici produce forse meno conseguenze che farlo per una rapina? Insomma, a me pare che d'indulto ai terroristi ormai si possa anche parlare purché da tale beneficio vengano esclusi coloro che si sono macchiati del sangue di innocenti.

«E in ogni caso - aggiunge Di Pietro polemicamente - sarebbe opportuno che a chiederlo non ci fossero in prima fila anche i loro fiancheggiatori di un tempo». L'ex pm spiega quindi cos'è l'indulto, fa notare che viene concesso «di tanto in tanto» per vari motivi: «di tipo umanitario, di sovraffollamento delle carceri, per eventi storici eccezionali. Anche per sopravvenuta cessazione dell'allarme sociale rispetto a una singola tipologia di reati. «Partendo dal presupposto che l'espiazione della pena deve avere soprattutto una funzione rieducativa - sostiene ancora l'ex pm - e mai di vendetta, sarebbe contrario a ogni principio di umanità continuare a tenere chiuse in galera persone a suo tempo condannate per le loro idee rivoluzionarie e per il modo con cui hanno cercato di realizzare i loro folli sogni». «Proprio nelle pieghe di questa distinzione, a mio avviso, può trovarsi la soluzione: guardare in concreto che cosa ha fatto ciascun terrorista condannato».

Sandro Curzi, avversario politico numero uno del Tonino aspirante senatore, osserva: «Il tono di questa presa di posizione mi conferma la visione del personaggio Di Pietro: fra lui e noi, cioè gente di sinistra, che ha una visione più laica e democratica, c'è una notevole differenza. L'indulto? Io lo estenderei anche a persone come Francesca Mambro, accusate di strage». Luigi Manconi, portavoce dei Verdi, tiene a sottolineare che «l'indulto non ha nulla a che vedere con il perdono. Il perdono attiene alla sfera privata dell'individuo... L'indulto è una misura giuridica che nel caso specifico ha il solo scopo di sottrarre alla pena il surplus, l'aggravio determinato dalla legislazione di emergenza». Paolo Cento, verde, uno dei firmatari delle proposte di legge sull'indulto già passate al vaglio della commissione Giustizia della Camera, giudica la «proposta Di Pietro inutile e ipocrita. Chi non sa, infatti, che la lotta armata, purtroppo, si è caratterizzata proprio per l'aver provocato vittime? E' un dato doloroso, ma un dato storico. Chi commise quei delitti, oggi è profondamente cambiato, è, si può dire, un'altra persona. Se si escludono i reati di sangue non ha senso l'indulto».

Tace su Di Pietro il Pds, mentre arriva un segnale positivo da Dario Franceschini, vicesegretario del Ppi, che spiega: «Pur conservando tutte le nostre perplessità sull'indulto agli ex terroristi, sicuramente le distinzioni fatte da Di Pietro possono contribuire ad aprire una riflessione serena».

Più articolato e spesso pesante il giudizio del Polo. L'ex collega di Di Pietro alla Procura di Milano, Tiziana Parenti, di Forza Italia, accusa Tonino di «superficialità e di demagogia perché, tra l'altro, non prende in considerazione chi, pur non avendo ucciso, ha indotto altri a farlo». «Inoltre - continua la Parenti - parla di "fiancheggiatori", e allora ci dica chi sono questi fiancheggiatori, può darsi che ne sappia di più. Quando parla di fiancheggiatori si riferisce forse al Pds, ossia al partito con cui si è candidato?». Decisamente sarcastico è il portavoce di An, Maurizio Gasparri: «Presa di posizione sospetta e forse dettata dal timore di passare dallo status di indagato a quello di imputato e quindi di accusato e poter così usufruire dell'indulto... Nella vita non si sa mai, i telefonini potrebbero essere oggetto di indulto...».

Si schiera invece con l'ex pm il segretario del Cdu, Rocco Buttiglione: «Per una volta possiamo dire che Di Pietro ha ragione. Dal momento che escludendo i reati di sangue dall'indulto non ci sono più né vittime né famiglie rovinate, si può senz'altro procedere con una maggiore libertà nel concedere gli eventuali benefici».

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