Il Corriere della Sera 17 ottobre 1997
di Gianna Fregonara
ROMA - La breccia dentro l'Ulivo la apre Marco Boato, relatore della commissione Bicamerale del testo di riforma della giustizia: l'amnistia per Tangentopoli non è un tabù. Se ne discute? «Per ora è presto, qualunque discussione oggi è prematura e intempestiva anche se assolutamente legittima. In Bicamerale non ne abbiamo parlato né formalmente né informalmente. Però, alla fine dei lavori della commissione, quando entrerà in vigore la nuova Costituzione ritengo condivisibile l'ipotesi che si apra una nuova pagina nella storia della Repubblica, chiudendo anche i conti con il passato». Se ne parlerà, nella migliore delle ipotesi fra due anni. I verdi intanto intervengono per rispondere a Boato: «E' un'opinione sua - replica subito il portavoce Luigi Manconi - e non della federazione dei verdi. Credo di interpretare l'opinione del mio partito nel dire che un'amnistia per i reati di Tangentopoli non sia assolutamente possibile».
Ma se ne discute, a margine della commissione per le riforme. E anche dal sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Ayala viene una prima presa di posizione, anche se non ufficiale. «Bisogna fare la massima attenzione a non abusare dell'istituto dell'amnistia, al quale si è già fatto ricorso più volte in passato», è la sua opinione personale: «Se l'aula ratificasse la proposta della Bicamerale di abbassare il quorum per l'amnistia, potrebbe essere un segnale da interpretare come una volontà di riaprire la questione».
La commissione ha già approvato infatti a larghissima maggioranza un articolo che riduce il quorum necessario in Parlamento per votare provvedimenti di indulto e amnistia alla maggioranza assoluta del Parlamento (invece dei due terzi richiesti dall'attuale Costituzione). La proposta fu fatta dal capogruppo del Pds Fabio Mussi.
I più inclini, nell'Ulivo, a considerare un provvedimento definitivo sulla questione morale sono i Popolari. Con mille cautele: «Ci vuole moderazione quando si parla di giustizia - sostiene il segretario organizzativo del Ppi Antonello Soro -. In questo momento c'è un eccesso di toni da parte di Berlusconi, è vero, ma il problema della giustizia non è una questione di regime che incalza. E' un problema di democrazia in un Paese come il nostro che ha vissuto momenti straordinari di emergenza». L'amnistia di tanto in tanto torna d'attualità. Se ne parlava nei mesi scorsi, adesso la rimette all'ordine del giorno Silvio Berlusconi. Il Pds si impegna a rispondere, con Pietro Folena: «Non c'è scambio tra riforme e amnistia, non sono collegate la Bicamerale e la clemenza per Tangentopoli». Gli esperti di giustizia e di riforme del Ppi, in particolare Zecchino, Mattarella e Gargani hanno affrontato l'argomento in colloqui informali. «Ma c'è troppa fibrillazione - spiega Gargani - per metterlo all'ordine del giorno: l'amnistia va preparata da un lungo periodo di quiete sociale».
Il responsabile della giustizia del Pds Pietro Folena invita alla calma e rassicura il Polo sulle riforme: «La tensione nel Polo è dovuta ad un fattore psicologico più che politico». Anche quando Berlusconi dice «che controllate le procure»? «La mia risposta è discutiamo, torniamo a discutere, abbandoniamo la propaganda». Ma sulla soluzione per Tangentopoli che tanto interessa al Cavaliere Folena è determinato: «Ci sono ancora molti processi da celebrare. Prima di chiudere con Tangentopoli si dovrebbe chiudere con il terrorismo e soprattutto prima di un provvedimento come l'amnistia dobbiamo essere certi che la corruzione politica sia esaurita e che le sentenze siano definitive».
Anche nel Pds però c'è il fronte garantista che al Senato è rappresentato da Giovanni Pellegrino: «Non credo che ci siano le condizioni per la soluzione politica di Tangentopoli. Però un pregio l'amnistia l'avrebbe: sarebbe un provvedimento generale e formale». Pellegrino contesta la gestione dei processi di Tangentopoli: «C'è già oggi più clemenza che condanna, tra patteggiamenti, attenuanti e riti abbreviati, nessuno degli eroi negativi di questo periodo ha pagato con il carcere. Anzi, alcuni cominciano a riciclarsi nell'agone politico. E solo quelli che hanno commesso il peccato d'orgoglio di resistere alla magistratura come Cusani, pagano. Perché c'è chi come Craxi è sepolto sotto anni di carcere e chi ha trattamenti permissivi come Larini?».