Il Corriere della Sera                                                             26 ottobre 1997

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IL CORTEO

«Massimo punta a strangolarci e Cofferati rischia di aiutare la Confindustria»

Felice Saulino,

ROMA - Sono le 17,30 in punto quando lo speaker dà la parola al «compagno Bertinotti» per concludere la «riuscitissima manifestazione» sul lavoro e sulla giustizia sociale. Piazza del Popolo è piena. Centomila persone, secondo la stima delle forze dell'ordine, più del doppio secondo gli organizzatori. Il subcomandante si avvicina al microfono. Parte l'ovazione: «Fausto/Fausto». Con perfetta sincronia, scatta anche lo sventolio di centinaia e centinaia di bandiere rosse con la falce e martello. Ce ne sono parecchie con il volto del mitico Che. E Guevara domina anche la piazza: un gigantesco drappo rosso con la sua effigie è stato attaccato in cima alla rampa di scale che porta ai Giardini del Pincio.

Bertinotti risponde come un tenore in scena alla Scala. E fa appello a tutto il mestiere accumulato in centinaia di comizi. Deve mantenersi in bilico. Attaccare ma non troppo. Soprattutto lasciare stare il governo con il quale ha appena firmato un accordo. La butta subito sulle emozioni: «Vorrei chiamarvi per nome uno per uno, la politica in Italia è fatta di persone in carne ed ossa come voi». Applauso. «Siamo venuti qui a dire che c'è un popolo che sta con noi». Altro applauso. L'attacco alla «pressione massmediatica» non strappa battimani. Ma Fausto è lanciato e l'argomento gli sta particolarmente a cuore: «A giornali e tv è scattato un riflesso condizionato da regime che ci ha dipinti come i nemici».

Ma è D'Alema che vuole «strangolare» Rifondazione. Il segretario neocomunista gli riserva questo trattamento: «Compagno D'Alema nei giorni scorsi hai ancora negato l'esistenza di due sinistre; non vorrei replicare duramente, ma dai un'occhiata a questa piazza e vedrai che esiste una sinistra antagonista». Poi tocca a Cofferati. Continua a ripetere di non voler fare polemica con il segretario della Cgil e con le confederazioni in genere, l'ex sindacalista Bertinotti. Lo ha ripetuto anche ieri. Ma anche ieri, alla fine, non è riuscito a trattenersi: «Non mi rassegno a vedere un sindacato che di fronte alla grande possibilità come quella della riduzione dell'orario di lavoro addirittura rischia di essere complice della Confindustria». «Noi abbiamo strappato le 35 ore e abbiamo salvato le pensioni», dice orgoglioso Fausto al suo popolo.

Il segretario affronta parecchi temi caldi. Dalla richiesta di indulto per gli ex terroristi («Vogliamo chiudere una pagina drammatica e non cancellare la storia»), alle elezioni nel Mugello («Le forze progressiste sono impegnate con Curzi contro il trasformismo della candidatura Di Pietro»). Per finire strizza l'occhio «ai giovani e ai ragazzi» che rappresentano più della metà della piazza. L'appello a «stare insieme» ai vari movimenti, dagli studenti e ai centri sociali, suona come un appello al nuovo elettorato su cui punta Rifondazione per allargare i suoi consensi oltre il rosso antico dei vecchi compagni che viaggiano verso la terza età.

Sul palco, il vecchio padre-fondatore-presidente Cossutta si godeva lo spettacolo. Centellinando la folla con gli occhi socchiusi dietro le lenti, diceva: «Questa è la cartina di tornasole della nostra forza. È il fattore popolo». Il giovane capogruppo Oliviero Diliberto negava che a fare massa erano i giovani dei centri sociali: «Ci sono le nostre federazioni. Basta leggere i cartelli». Un po' in disparte Nerio Nesi spiegava il mistero dell'impermeabile che indossava nonostante la splendida giornata di sole: «Sono appena arrivato da Venezia, dove ho abbandonato una festa di ex Bnl». Ma il più felice di tutti era Sandro Curzi. Successo personale per lui e perfino uno slogan. È stato il solo elemento di colore in un corteo ordinato e anche un po' triste. Senza slogan contro il governo. Assenti Prodi e il Polo restavano solo la Confindustria, Cofferati e, naturalmente, il lìder Massimo D'Alema.

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