Corriere della Sera - 27.12.97
G. Ga.
ROMA - «Apprezzabile dal punto di vista umano, prudente ma significativo dal punto di vista politico». Giuliano Pisapia, deputato di Rifondazione comunista e presidente della commissione Giustizia, è telegrafico: le sei grazie concesse dal presidente della Repubblica sono cosa buona e giusta, da tutti i punti di vista. «Penso che da un lato si siano voluti risolvere dei casi personali, ma dall'altro anche dare un messaggio ben preciso al Parlamento e al Paese. Nel senso che si riconosce ormai definitivamente che il terrorismo è stato sconfitto, che non esiste più il rischio che migliaia di persone possano pensare di combattere lo Stato con metodi violenti. Al Parlamento credo che Scalfaro mandi a dire anche un'altra cosa: che ormai le persone che avevano fatto quella scelta in passato hanno accettato le regole dello Stato democratico. Anche in carcere».
E dunque, adesso cosa dovrebbe succedere?
«Il mio auspicio è che questo gesto non porti a rinfocolare le polemiche dei giorni scorsi. Ma serva invece a poter ragionare e riflettere su una questione così delicata, senza contrapposizioni frontali. "Quando è giunto a sconfiggere quelli che volevano rovesciarlo, lo Stato deve impegnarsi a por fine alle pene e anche alle ricompense". Non sono parole mie, ma di Montesquieu. Anche la Corte costituzionale ha riconosciuto che c'era una legislazione d'emergenza, che questa legislazione aveva una legittimità perché limitata nel tempo, ma che comunque ha determinato un aggravio di pene per certe persone. Una volta riconosciuto che l'emergenza è cessata, deve anche cessare la legislazione d'emergenza e le conseguenze inique che quella legislazione ha determinato».
Indulto, in una parola. In questi giorni però si è parlato non solo di indulto per gli ex terroristi, ma anche di amnistia per Tangentopoli. Altri conti, diversi, che molti vorrebbero chiudere. Non si rischia di fare confusione?
«Ci sono almeno quattro differenze sostanziali tra le due realtà: il terrorismo è definitivamente chiuso, è stato come dicevo segnato da una legislazione d'emergenza, e ci sono già state condanne, con persone che hanno scontato 15, 20 anni di carcere. Sono quattro parametri che distinguono in maniera non solo netta, ma insuperabile, questi due periodi. Perché per Tangentopoli i processi debbono essere ancora fatti, quindi non sono state ancora accertate le responsabilità. Poi non c'è stata una legislazione d'emergenza. E infine per Tangentopoli ci sono solo due persone che stanno scontando condanne. Io credo, a differenza di molti magistrati, che la corruzione come sistema sia stata sconfitta. Anche se credo che il problema della corruzione come fatto fisiologico non cesserà mai. Si tratta solo di trovare gli strumenti legislativi per esercitare il massimo di controllo».
La strada dell'indulto non sembra molto facile, anche se molti politici dicono di essere favorevoli ad un provvedimento del genere.
«Oggi come oggi sono pessimista, sul fatto che ci sia concretamente la possibilità di arrivare ad un indulto. Perché alcune forze politiche, che pure avevano presentato proposte in questo senso, hanno fatto marcia indietro. Ma credo che, pur apprezzando la grazia - che per la prima volta è una grazia d'ufficio, non una grazia a domanda - non si possa risolvere un problema che ha avuto connotazioni generali con provvedimenti "ad personam". Perché il rischio è di creare ulteriori discriminazioni. Serve invece un provvedimento generalizzato, che non vuol dire assolutamente dimenticare il passato e i dolori che quel passato ha creato».