Corriere della Sera - 28.12.1997

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Giudice istruttore ai tempi delle Br, gli fu ucciso un fratello. «Grazia per chi non uccise»

«Tutti liberi, anche Agca»

Imposimato: ne discuterò durante un dibattito con Curcio. «Pure l'uomo che attentò alla vita del Papa deve uscire dal carcere»

di Marco Nese

ROMA - «Gli ex terroristi non fanno più paura a nessuno. E allora non vedo perché dobbiamo tenerli a marcire in carcere». Così parla Ferdinando Imposimato, uno che i terroristi, al tempo degli anni di piombo, li ha combattuti sul serio, come giudice istruttore. Neanche gli si può dire che i familiari delle vittime si oppongono perché lui stesso è familiare di una vittima: gli ammazzarono il fratello. Dice che «la vendetta non è una soluzione». E sta preparando, addirittura con Renato Curcio, un forum in programma il 30 gennaio per «riflettere sul ritorno alla vita civile».

Secondo lei, devono uscire tutti?

«Sì. Chi faceva la lotta armata non è più un pericolo. Oggi i pericoli vengono da altre parti. Dai gruppi islamici, per esempio. C'è da tenere gli occhi aperti nell'anno del Giubileo».

Scalfaro ha fatto bene a firmare la grazia per sei?

«È un gesto positivo. Ma credo sia soprattutto un messaggio al Parlamento, come per dire: tocca a voi adesso risolvere tutta la questione. E io sono favorevole a un provvedimento generale del Parlamento. Così non rischiamo di fare favoritismi: a questo sì a quello no. È l'unico modo per evitare che persone senza santi in paradiso vengano dimenticate. Penso, per esempio, a Mehmet Ali Agca, il turco che sparò al Papa. Il suo caso grida vendetta. Tutti i terroristi del caso Moro godono di benefici, gli autori della strage di via Fani sono fuori, il loro capo, Mario Moretti, è in semilibertà. E lui, Agca, che non ha ucciso nessuno, sta dentro da più di sedici anni».

È giusto farlo uscire?

«Ma sicuro. Sì, d'accordo, ha colpito il Pontefice, ha preso di mira un personaggio simbolico, ma lo ha solo ferito. E il Papa lo ha più volte perdonato per il suo gesto. Inoltre, Agca si comporta in prigione in modo esemplare. Mi diceva recentemente il direttore del carcere che se tutti i detenuti fossero come Agca potremmo lasciare i cancelli aperti. È una vergogna che persone colpevoli di reati ben più gravi siano tornate libere e lui no. Tenerlo dentro diventa un fatto personale abbastanza incomprensibile».

Qual è la soluzione migliore per gli ex terroristi?

«Io farei una distinzione fra quelli che hanno commesso reati di sangue e quelli che invece non hanno ammazzato o ferito nessuno. A quest'ultimi si può tranquillamente concedere la grazia. Mentre applicherei l'indulto a chi è responsabile di episodi di sangue. Tecnicamente l'indulto cancella la pena da scontare, ma lascia intatta l'attribuzione dei reati e la responsabilità storica di chi li ha commessi. Questo può rendere un poco più accettabile la soluzione per i parenti delle vittime».

Lei è in contatto con qualcuno dei familiari di persone colpite?

«Certo. Con la famiglia Moro, per esempio. Durante i colloqui che ho avuto, i figli dello statista democristiano mi hanno sempre detto di essere favorevoli a una pacificazione. Ho parlato a lungo, di recente, anche con il figlio del commissario Calabresi, Mario. E lui non ha niente in contrario alla concessione della grazia a Sofri, Bompressi e Pietrostefani se loro la volessero chiedere».

Qualcuno potrebbe obiettare: perché tanta attenzione verso ex terroristi?

«Ci sono due buone ragioni. Prima di tutto le pene a loro inflitte sono maggiorate rispetto alla norma, a volte addirittura raddoppiate, perché sono state decise in periodo di emergenza. E adesso l'emergenza non c'è più. Secondo motivo: gli ex terroristi sono completamente altre persone rispetto al passato. Io vedo Franceschini, vedo Anna Laura Braghetti, la carceriera di Moro, che è in semilibertà e svolge attività umanitarie. Molti di loro lavorano per la Caritas. Don Luigi Di Liegro mi diceva che si danno da fare in silenzio, aiutano le persone malate, svolgono un lavoro apprezzato. Perché non riconoscere il loro recupero?».

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