Corriere della Sera - 28.12.1997

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L'INTERVISTA

Fisichella (An): niente clemenza per Br e corrotti

«La giustizia deve fare il suo corso in entrambi i casi. Unica eccezione i provvedimenti di grazia»

di Paola Di Caro

ROMA - Due no diversi eppure uguali, perché basati sullo stesso principio: la giustizia deve fare il suo corso. Sono quelli che pronuncia sull'indulto per i terroristi e sull'amnistia per Tangentopoli Domenico Fisichella, ideologo della «Fiuggi 2», l'uomo a cui Fini ha affidato il compito di scrivere il programma della nuova Alleanza nazionale.

Con le sei grazie concesse ad altrettanti terroristi il presidente Scalfaro ha riaperto la questione dell'uscita dall'emergenza degli "anni di piombo". È positivo?

«L'uscita dal terrorismo, come da ogni fenomeno criminoso e criminale di ampia portata, consiste proprio nel tentare di uscire dall'emergenza nei tempi più rapidi possibili. Ma il fatto che si esca dall'emergenza non significa che le pene inflitte per quei fatti criminali debbano esaurirsi nel momento in cui si esaurisce l'emergenza».

Dunque lei non ritiene necessari provvedimenti di clemenza o di indulto?

«Io credo che in linea di principio, e salvo situazioni individuali che possono essere interessate da iniziative di grazia, le pene debbano avere il loro iter. Già abbiamo sostanzialmente abolito l'ergastolo, anche per reati gravissimi. Se aggiungiamo interventi che riducono ulteriormente il peso della sanzione, il rischio è che non soltanto la certezza del diritto ne venga vulnerata, ma anche la credibilità della pena risulti fortemente ridimensionata».

Chi chiede l'indulto però muove due obiezioni. La prima, fatta propria per esempio dal suo collega di partito Alemanno, è che con questo provvedimento si metterebbe fine «alle tragedie di una guerra civile strisciante che ha coinvolto non solo i giovani in quegli anni».

«No, non credo si possa parlare di guerra civile a proposito dei cosiddetti anni di piombo. Guerra civile fu quella di Spagna, dove oggi riposano insieme vittime dell'una e dell'altra parte. Guerra civile fu quella italiana, per cui si decise l'amnistia. Qui non c'è nulla di paragonabile».

L'altra obiezione è che per i terroristi sono state applicate leggi speciali e aggravi di pena.

«Ma il fenomeno è, per molti aspetti, già svuotato di fatto: la stragrande maggioranza delle persone coinvolte in episodi di terrorismo sono già fuori; altri godono di regimi di semilibertà o usufruiscono di sconti di pena; esiste il provvedimento individuale della grazia, anche se si può discutere nella concessione delle ultime sei per quella proporzione di 5 a 1 tra terroristi rossi e neri... Insomma, ricorrere all'indulto, un provvedimento di carattere generale, potrebbe significare un indebolimento dei provvedimenti sanzionatori. E soprattutto, una cancellazione di questo fenomeno criminoso sarebbe vista dall'opinione pubblica come un passo verso la cancellazione di altri fenomeni criminosi».

Pensa al rapporto tra l'indulto per i terroristi e l'amnistia per i reati di Tangentopoli, che alcuni in Forza Italia mettono in correlazione?

«Sono due fenomeni distinti, che devono restare tali. Sull'ipotesi di amnistia ho molti dubbi, soprattutto perché è emersa in questo momento. Posso comprendere alcune ragioni che hanno indotto anche autorevoli esponenti istituzionali a ipotizzare tale esito a conclusione del processo di riforma. Ma mi pare che la questione sia quantomeno prematura».

Perché?

«Perché sarebbe bene che la giustizia facesse il suo corso, con tempestività, certezza del diritto e spirito di obiettività. Sarebbe bene che venissero dissipati tutti quei dubbi e quei sospetti che si sono accumulati in questi anni, soprattutto nell'ultima fase, in relazione all'amministrazione della giustizia. Perché meno funziona l'amministrazione della giustizia e più si cercano strade che finiscono per essere delle indiscriminate operazioni nelle quali gli innocenti non vedono riconosciuta la propria innocenza e i colpevoli non hanno punizione».

Insomma, l'amnistia non farebbe chiarezza tra colpevoli e innocenti e non metterebbe in luce anche gli eventuali errori della magistratura?

«L'amnistia potrebbe portare al non riconoscimento dell'eventuale innocenza di alcuni; alla mancata punizione dei colpevoli; e potrebbe far cadere ulteriormente la credibilità dell'amministrazione della giustizia, e quindi, cosa gravissima, potrebbe far venir meno la fiducia nella certezza del diritto».

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