Corriere della Sera - 30.12.97
di Roberto Delera
DAL NOSTRO INVIATO
PISA - Grazia, indulto e amnistia non lo riguardano. Almeno da vicino. Per Adriano Sofri non c'è nulla di strettamente personale nei temi della giustizia così attuali in questi giorni. Giunto ormai all'undicesimo mese di carcere, l'ex leader di Lotta continua, condannato a 22 anni di reclusione con Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi, aspetta solo la revisione del suo processo. Niente a che vedere con i cosiddetti «anni di piombo», men che meno con la stagione della corruzione.
Dica la verità, Sofri, c'è rimasto male quando ha letto dei sei provvedimenti di grazia firmati dal Presidente per militanti della lotta armata, mentre per voi il Quirinale solo qualche mese fa ha detto di no.
«Assolutamente no. Anzi, sono grato a Scalfaro sia dei sei provvedimenti di grazia, sia del diniego nei nostri confronti. L'unica cosa che mi è dispiaciuta in quella presa di posizione di Scalfaro nei nostri confronti è il fatto che abbia ricordato le responsabilità del Parlamento, senza ricordare però che noi non chiedevamo un gesto di clemenza, ma la revisione del processo, una strada prevista dal codice. E allora il suo no poteva suonare come una pietra sopra il carattere definitivo della nostra situazione. Che invece si può riaprire. Nel caso della grazia ai sei militanti delle varie lotte armate non c'è che da congratularsi. E non c'è che da dispiacersi che sia venuta così tardi e per così poche persone».
Ma secondo lei il gesto di Scalfaro ha un significato politico più ampio?
«Il valore simbolico del gesto è sicuramente pregevole e se non diventerà un falso movimento, cioè una cosa che spaventa gli stessi che l'hanno compiuta, non parlo di Scalfaro ma del Parlamento, potrà fare andare avanti una decisione finale che liberi l'Italia da questo spettro».
Si parla di indulto per la lotta armata e spunta l'amnistia per Tangentopoli...
«A mio parere è assurdo mescolare i due piani. Per la differenza di merito, di tempo trascorso, per il fatto che in un caso si parla di alcune persone che hanno scontato vent'anni di galera e nell'altro, invece, quasi nessuno che sia arrivato a essere processato. Ma questo accostamento diventa inevitabile nonostante tutto. Ripeto: ovviamente è assurdo sovrapporre i due piani. Ed è scandaloso pensare di barattare una cosa con l'altra».
Allora sì all'indulto e no all'amnistia?
«La discussione è puramente retorica, non c'è nessuna possibilità di indulto o di amnistia. L'unica eventualità, lo dico con amara ironia, è che la Chiesa, in occasione del Giubileo, riesca a favorire, se non a fomentare, un'indulgenza plenaria».
Perché non ci sarà né indulto né amnistia?
«Perché non si voterà la Bicamerale, quindi non sarà votata la modifica del quorum necessario per amnistie e indulti, che rimarrà altissimo. Per un sistema di veti, ricatti e demagogie reciproche tra le forze politiche, i due terzi del Parlamento che votino una cosa del genere sono introvabili.
Per lei, Bompressi e Pietrostefani l'unica soluzione è la revisione del processo. Ma Allegra smentisce tutta la ricostruzione fatta sul teste Gnappi.
«Ho accolto le parole di Allegra con grande piacere e divertimento. Un uomo come lui, sia pure in pensione, ha avuto bisogno di quindici giorni per mettere insieme uno straccio di autodifesa. Era chiaro che non poteva tacere, era troppo preso per il bavero... Ha messo insieme i pezzi che riteneva di poter mettere insieme. Alcuni sono interessanti e accertabili, come i nomi del poliziotto e del carabiniere che mostrarono le foto al testimone Gnappi. Altri sono comici: Allegra spiega, sia pure con l'inciso "se non ricordo male", che il teste Gnappi non è così decisivo, perché non poteva vedere bene il killer. Quando invece il teste Gnappi, subito dopo l'agguato, è stato l'autore della descrizione sulla base della quale venivano disegnati, sia pure male, gli identikit, e viene considerato da tutte le sentenze un teste decisivo per l'identificazione dell'assassino».
Quindi Allegra non la spaventa?
«Il risultato finale di questo compitino di Allegra è che tutto ciò dovrà essere discusso in un Tribunale. Benissimo: ora io non dubito più che sarà accolta la richiesta di revisione del processo. Spero solo che tutto questo chiasso intorno a Gnappi non faccia passare come meno importanti altri fatti. Come il vicecomandante dei vigili urbani di Massa, che era con Bompressi la mattina dell'omicidio e che non è mai stato ascoltato. Una testimonianza meno spettacolare di quella di Gnappi, ma dal punto di vista processuale molto importante».