il Manifesto - 09 Agosto 1997

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FLICK E L'INDULTO

"Nessun dietrofront, ma è un problema di camera e senato"

A. B. - ROMA - Festambiente, il tradizionale appuntamento estivo promosso dall'associazione di cui è presidente Ermete Realacci, è ormai uno dei luoghi della politica agostana. Dopo il passaggio, una settimana fa, del ciclone Antonio Di Pietro e della scia di polemiche sulla candidatura dell'ex pm nel collegio senatoriale del Mugello, l'altra sera è sbarcato al meeting di Legambiente, il ministro della giustizia, Giovanni Maria Flick. Nella splendida cornice della Maremma, nel cuore del parco dell'Uccellina, si è discusso così di un altro tema caldo dell'estate politica, l'indulto. "Ho detto quello che dico da sempre: l'indulto è un problema politico, quindi di competenza esclusiva del parlamento", ha spiegato il ministro guardasigilli. Un modo anche per replicare alle polemiche suscitate da una sua intervista sulll'argomento.

"Non c'è nessun passo indietro e nessun passo avanti da parte mia - ha aggiunto Flick - Una delle poche cose che cerco di fare è di farmi poche idee e di mantenerle. Come persona è ovvio che posso esprimere la mia perplessità di fronte a misure di tipo generalizzato. Come membro del governo non posso che ripetere che il problema dell'indulto è un problema di valutazione talmente globale e politica, che solo attraverso l'iniziativa parlamentare può trovare un dibattito il più ampio possibile". Per essere ancora più chiaro, il ministro ha spiegato che per discutere di indulto occorrono "maggioranze estremamente qualificate" e che serve un consenso globale che tenga conto "delle vittime, della necessità di superare l'emergenza e quindi ha bisogno di una riflessione complessiva che soltanto il parlamento può dare". Diverso, per Flick, il problema della grazia: "Per quanto riguarda la grazia - ha spiegato - l'unico problema che vedo, e che ho sempre detto, è che non si può attraverso l'apparenza della grazia arrivare ad un discorso di indulto".

Tra i più attivi nel tentativo di chiudere con gli anni di piombo e dell'emergenza attraverso la "soluzione tecnica" dell'indulto, i Verdi intanto colgono la palla al balzo lanciata dal leader del Ppi Franco Marini. Intervistato da "Repubblica" il segretario dei popolari, dopo aver raccontato di aver ricevuto una lettera in cui Toni Negri gli chiede un incontro in carcere, ha detto: "Sono passati tanti anni, sono state scontate pene lunghissime e allora su una materia come questa bisogna governare i sentimenti e riflettere con serietà". Paolo Cento, deputato verde e membro della commissione giustizia, commenta: "Le parole di Marini sono un passo importante per una riflessione seria e serena".

Ad attaccare le dichiarazioni di Marini ci pensa invece la destra. Il coordinatore di Alleanza nazionale, Maurizio Gasparri, sostiene: "Le parole del segretario del Ppi incrinano il muro di quanti dicono no al buonismo indistinto per gli ex terroristi. Io, e mi auguro la maggioranza di An, resteremo contro l'indulto finché vivremo". Sull'argomento, comunque, i nazional-alleati sono spaccati. Tanto che ieri ha dovuto fare la voce grossa anche Francesco Storace che, per l'occasione, ha rispolverato il meglio del suo repertorio. Dice Storace: il dibattito sull'indulto "rimuove cinicamente ogni memoria dei tantissimi giovani di destra massacrati dall'estrema sinistra". Aggiunge di aver presentato un'interrogazione a Flick e Napolitano, poi chiosa (polemizzando con Marini): oggi "si continua a parlare della Dc come vittima principale del terrorismo, quasi a voler riconoscere titolo ad intervenire nel dibattito solo agli "eredi" del partito che alimentò la strategia della tensione". E conclude: il governo chiarisca "la sua posizione su un provvedimento che dichiarerebbe definitivamente chiusa la folle stagione del terrorismo".

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