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FRANCESCO PICCIONI -
N el giorno della crisi del governo Prodi mettersi a scrivere del sito messo in piedi dal quell'irriducibile bastian contrario che risponde al nome di Oreste Scalzone (http://www.babelweb.org/logomachie/) potrebbe sembrare quasi una piccola provocazione. Lo è. Anche se sterile, visto che il prevedibile incrudirsi del dibattito politico porterà con sé la scomparsa di tutti i temi in qualche modo "scomodi", vissuti come fonte di soli rischi all'interno dei calcoli elettorali: in primis, dunque, l'indulto per i prigionieri politici degli anni '70. Un tema che Scalzone, con l'ostinazione che tutti gli riconoscono, continua ad agitare da ben prima che cominciasse a fare timide apparizioni in minoritari interstizi della classe politica nostrana. Il sito è ancora in costruzione, ed ospita per ora soltanto un lunga lettera programmatica sull'uscita dall'emergenza e brani del libro "Extrema ratio"; stano per essere attivati i link ai siti "graditi". L'ostinazione, si diceva, in Scalzone fa però il paio con l'onestà intellettuale e quella personale: il che lo rende un personaggio doppiamente insopportabile per moltissima gente. In primo luogo perché si rifiuta di "dimenticare" (le ragioni di una stagione di lotte, i compagni in carcere o in esilio, le cause e gli effetti, ecc.), in secondo perché rifiuta l'innocentismo, la "linea dei trasecolati" (per dirla con le altrettanto oneste - e perciò durissime - parole di Erri De Luca in una lettera ad Ovidio Bompressi che campeggia a mo' di dedica: "La linea del "ma quando mai?", la linea dei trasecolati, era buona per i mandanti che così non si dichiaravano dirigenti di un'organizzazione compatibile con un omicidio, ma non era buona per te, perché ti isolava dal mucchio di tutti noi, da cui eri stato estratto come nostro esempio... Quella difesa ti metteva in croce. Tagliava il tuo legame col mucchio in cambio della rispettabilità di tutti i non imputati)". Questo doppio rifiuto rende più ruvida la sua acribia verso le tante ipocrisie che impediscono una chiara presa di coscienza collettiva del passato di questo paese e una altrettanto limpida (e politica) soluzione legislativa che liberi i tuttora prigionieri. E qui forse torna più facile capire, anche per chi non ha frequentato in precedenza il suo linguaggio spesso debordante i limiti della leggibilità, le ragioni del rigore con cui continua a criticare la linea (politica) difensiva di Sofri e l'ignobiltà della dissociazione. "Si ripete", dirà qualcuno. Ma non sono forse i sordi ad aver bisogno che si ripetano, con paziente ost
inazione ma ad alta voce, le parole inascoltabili?