di LUIGI MANCONI
I N morte di Ugo Pecchioli molti articoli sono stati scritti. Tutti hanno insistito sul suo ruolo di "ministro degli interni" negli anni del terrorismo e della solidarietà nazionale. Tutti hanno parlato della sua fama di "falco" nei confronti delle tendenze anti-sistema che si manifestarono all'interno dei movimenti di contestazione politica e sociale. Ma questa è solo una parte della verità (e della biografia di Pecchioli). L'Unità ha scritto a proposito di quegli anni: "un periodo travagliato, nel corso del quale - come lo stesso Pecchioli avrebbe poi riconosciuto - non mancarono ritardi, errori, difficoltà a comprendere cosa stesse accadendo tra i giovani che simpatizzavano con i brigatisti, o all'interno dello Stato, incancrenito da decenni di sovranità limitata". "Pecchioli riconosceva che una maggiore apertura del Pci nei confronti delle istanze dei giovani avrebbe potuto impedire che alcuni potessero scegliere la lotta armata". Forse furono anche queste considerazioni che, dieci anni dopo, indussero Pecchioli a firmare la proposta di legge per la concessione dell'indulto agli ex-terroristi. E più volte, in circostanze private e pubbliche, l'ho sentito pronunciarsi in tal senso. E' un dettaglio, forse, agli occhi dei più: ma vi leggo una capacità di riflettere e di capire, che non è di tutti.