Il Manifesto - 20.04.97

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Dieci anni di emergenza

di STEFANO ANASTASIA

DIECI ANNI FA, di questi tempi, Piero Bertolazzi, Renato Curcio, Maurizio Iannelli e Mario Moretti, con una lettera aperta lanciarono la "battaglia di libertà" per la "soluzione politica degli anni settanta". Chiusa una fase della storia del nostro Paese, alcuni esponenti della lotta armata ponevano all'attenzione dei loro compagni e dell'opinione pubblica la necessità di ricostruire le vicende storico-politiche di quegli anni al di fuori delle maglie strette del diritto penale speciale attraverso cui lo stato aveva risposto alla "emergenza terroristica".

Si era all'indomani dell'ultima legge speciale anti-terrorismo, quella sulla dissociazione, secondo cui le pene erano commutate o diminuite a seguito di formale dichiarazione di ammissione di responsabilità e di ripudio della violenza come metodo di lotta politica. Con la "battaglia di libertà", alcuni che avevano rifiutato la dissociazione soggettiva, invocavano un diverso percorso, collettivo, per riprendere il dibattito pubblico sugli anni settanta. La eco di quella presa di posizione non si fece attendere: interventi e prese di posizione dall'interno del carcere, riflessioni e grida manzoniane dall'esterno; memorabile resterà, per le polemiche che ne seguirono, l'intervista televisiva di Ennio Remondino a Balzerani, Curcio e Moretti.

Un provvedimento generalizzato di amnistia-indulto divenne la parola d'ordine per la "soluzione politica degli anni settanta". Intorno alla costituenda associazione Antigone, un gruppo di parlamentari (Marco Boato, Bianca Guidetti Serra, Pierluigi Onorato, Franco Russo ed Emilio Vesce), coordinati da Mauro Palma e Giuseppe Bronzini, misero a punto il testo del progetto di legge di "indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo". Non fu una scelta facile, quella di una proposta che escludesse la possibilità di interventi amnistiali, parve però necessario consentire la convergenza su un provvedimento generale sia di quanti condividevano la scelta di chiudere simbolicamente e normativamente una fase della storia d'Italia che di quanti ritenevano rispondente a principi di equità una riduzione di pene commisurabile agli aggravi sostanziali e processuali determinati dalla legislazione d'emergenza.

Il 2 agosto del 1989 comincia la storia infinita della proposta di indulto su cui fin dall'inizio si mostrò la possibilità di una ampia convergenza (testimoniata dalle adesioni di parlamentari di maggioranza e opposizione in tutte le legislature in cui essa è stata presentata), ma che raramente ha trovato le gambe giuste su cui poggiare per fare i necessari passi verso l'approvazione.

Dal punto di vista politico la contingenza si prestava. "Le Brigate rosse sono una storia della sinistra", scriverà nella prefazione al libro-intervista a Mario Moretti, curato con Carla Mosca, Rossana Rossanda. Era una cosa che tutti sapevano, ma che a sinistra pochi avrebbero riconosciuto, ancora alla fine degli anni ottanta. Toccava al Pci farsi promotore di una iniziativa per la "soluzione politica". Il "nuovo corso" di Occhetto sembrava preludere a un ripensamento della storia recente del Pci, e quindi sembrava aprire spazi a una riflessione critica e autocritica su quegli anni. Ci provavano intellettuali come Mario Tronti e Beppe Vacca. Ci provammo, con Nichi Vendola, tra Fgci e Rinascita. Ma l'effetto congiunto della svolta della Bolognina e del ciclone Cossiga travolse ogni cosa.

Il peso del passato

Da una parte la nuova mossa occhettiana liberava il Pci da ogni responsabilità e da ogni gravame del passato, librandolo nell'aere sospeso al di sopra della sua stessa storia. Seguiranno decine di prese di posizione a favore dell'indulto da parte di singoli esponenti del Pds e di protagonisti della storia del Pci (ultima, lo scorso anno, quella di Nilde Iotti), ma mai una scelta di investimento politico sulla questione, mai il riconoscimento che quella storia è storia nostra. Dall'altra parte, la foga amnistiale del Presidente picconatore, ansioso di seppellire sotto i cocci del muro di Berlino Gladio e lotta armata, con uno spirito da par condicio che avrebbe avuto in seguito maggior fortuna, non ha aiutato la crescita di una discussione pubblica liberata da vincoli ideologici.

Nel frattempo, inopinatamente, il Parlamento approvava una modifica costituzionale che ha reso il varo di provvedimenti di amnistia-indulto molto più difficile della stessa revisione costituzionale. Del resto, solo nella undicesima legislatura la discussione parlamentare muoveva alcuni passi, arrivando all'approvazione di un testo in commissione giustizia del senato. Dopo la stasi berlusconiana del '94-96, resistente a ogni dichiarazione d'intenti di Tiziana Maiolo o dei colonnelli di Alleanza nazionale, in questa legislatura è ripresa la discussione su proposte in parte aggiornate e che tengono conto di centinaia di persone che, rifugiatesi all'estero dieci-quindici anni fa, hanno necessità di soluzioni mirate, che gli consentano di tornare in Italia senza scontare lungi anni di detenzione, nonostante l'indulto.

Dopo una falsa partenza, nel settembre scorso, siamo a un passaggio decisivo: la commissione deve esprimersi su un testo del relatore mentre, fuori dal Palazzo, la Rete Sprigionare dei Centri sociali ha ripreso una campagna di movimento e di sensibilizzazione. Sono passati dieci anni di carcere e chiacchiere, ma se dura...

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