Il Manifesto - 27.12.97
MEMORIA
di Benedetto Vecchi
F RASTORNATO, quasi incredulo, con mille progetti in testa, sempre rinviati per la sua condizione di "carcerato". Perché la grazia concessa dal presidente della Repubblica a Claudio Cerica chiude una vicenda iniziata negli anni Settanta e proseguita nel periodo più buio della storia repubblicana, quando parlamento e governo di allora approvarono una legislazione d'emergenza per combattere un vasto movimento sociale radicale e sovversivo con la scusa dell'insorgenza di alcuni, minoritari, gruppi della lotta armata.
A quel tempo Claudio Cerica era un militante dei "collettivi politici veneti" e svolgeva pubblicamente la sua attività politica tra il Petrolchimico di Porto Marghera, Mestre e Padova. Ma per i magistrati era un brigatista rosso, anzi uno di quelli che aveva organizzato il rapimento e l'uccisione di Taliercio. Questo lo sosteneva un pentito, ma per l'autorità giudiziaria quelle parole erano oro colato; e così Cerica conobbe le patrie galere. Più tardi, l'omicidio di Taliercio fu cancellato, ma rimaneva sempre l'accusa di associazione sovversiva: in altre parole, Claudio doveva rimanere in carcere per la sua militanza politica.
Poi la fuga in Francia e il ritorno, anni dopo, in Italia per chiudere quel maledetto fascicolo una volta per tutte. E in Italia un nuovo arresto. Perché Claudio trova un portafoglio, chiama la proprietaria che è al commissariato di zona per denunciare la scomparsa dei documenti e che va all'appuntamento con lui accompagnata da un poliziotto. Controlli di routine e quel fascicolo riemerge dal limbo. Di nuovo il carcere e la richiesta del lavoro esterno, che viene concesso. Ma questa volta sul tavolo del ministro arriva anche la richiesta di grazia inoltrata dai suoi parenti.
Ogni volta che Claudio Cerica è interrogato sul suo passato la risposta è ovvia: non si è pentito delle scelte di allora, ma riconosce che il tempo è passato e che molte troppe, cose sono cambiate, compreso lui stesso. Tuttavia di una cosa è certo: la necessità di un provvedimento politico che chiuda la legislazione d'emergenza con l'auspicio che questi provvedimenti di grazia possano facilitare quel provvedimento politico. Anche se il suo discorso si spinge molto più in là, perché di carcere si muore specialmente se non si ha nessuno che ti aiuta da fuori.
Per questo, crede che le misure per la decarcerazione debbano diventare diritti acquisiti, evitando così ai detenuti le forche caudine della discrezionalità di questo o di quel magistrato. Forse è per questo che Claudio ha messo in piedi insieme alla Caritas e ad altri detenuti una cooperativa per trovare lavoro a chi è in carcere.
Ma questo è solo uno dei tanti progetti di Claudio. Per gli altri, finalmente, il tempo a disposizione ora c'è.