INTERVISTA
A. P. - ROMA
R ENATO CURCIO non è, ovviamente, "super partes" in questa vicenda dell'indulto, ma, se non altro per ragioni anagrafiche e di "anzianità" di detenzione, non è tra coloro che avrebbero i maggiori benefici dalla eventuale approvazione della legge. Tuttavia, chi può dirsi davvero "super partes"? A giudicare dall'andamento del dibattito politico sulla necessità o meno di chiudere gli "anni di piombo" e a quali condizioni, dibattito iniziato undici anni fa e, a quanto pare, non ancora metabolizzato, sembra che tutto sia ancora così intestino da compromettere una autorevole e lucida conclusione.Chiediamo dunque al fondatore delle Brigate rosse, che ha già scontato vent'anni di carcere per "organizzazione di banda armata" ed è ora in semilibertà, un suo punto di vista sull'attuale ripresa di discussione sull'indulto.
Perché a suo parere, dopo undici anni di discussione, ancora non si è arrivati a una soluzione?
Perché ci sono resistenze legate a un torpore politico, ad un'inerzia, una non volontà di affrontare problemi che, siccome non si traducono immediatamente in vantaggi elettorali, interessano poco.
Perché oggi è necessario tentare un'accelerata e, come dice lo stesso relatore Vendola, mostrare quantomeno un segnale positivo?
A mio parere la necessità è legata all'ingiustizia profonda delle le leggi emergenziali che, forse, potevano avere una loro giustificazione allora, a causa del clima politico, ma che oggi sono prive di senso. Penso che nessuno oggi possa prenderle seriamente in considerazione.
E' una necessità "simbolica" per chiudere gli "anni di piombo"?
Quegli anni sono chiusi storicamente, socialmente e culturalmente. Quello che si mostra oggi è un problema irrisolto della classe politica.
La legge che viene proposta, e che è frutto di mediazioni, la convince?
Non va bene in senso assoluto, ma è comunque un passo nella direzione giusta. Non posso certo affermare che vada bene un testo che è addirittura peggiorativo rispetto a quello di undici anni fa.
Nella proposta restano sostanzialmente esclusi coloro che hanno scelto la via dell'estero.
Penso che gli esuli facciano parte a tutti gli effetti dei detenuti che vanno considerati dalal legge. Il fatto che non si voglia includerli fa parte, ancora una volta, della pusillanimità dei nostri politici.
Il deputato verde Paolo Cento dice che la legge potrebbe cambiare le prospettive per la grazia e favorire una soluzione per Sofri, Bompressi e Pietrostefani.
La loro posizione è del tutto diversa da quella che qui si sta discutendo. La soluzione per il "caso Sofri" l'ha indicata lo stesso Sofri e, poiché io rispetto la sua posizione, non intendo suggerire soluzioni diverse.