Il Manifesto - 30.10.97

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LETTERA

Una modesta proposta a favore dell'indulto

S IAMO STATI IMPUTATI nel processo 7 aprile. Supponiamo che la stragrande maggioranza di coloro che si accingono a scorrere queste righe ricordi solo vagamente di cosa diavolo si sia trattato (anzi ci auguriamo che sia così, perché sarebbe il miglior sostegno a quanto stiamo per dire).

Non che di per sé questo oblio sia una buona cosa: ad esempio noi pensiamo che la maggior parte delle distorsioni del processo penale di cui molto si discute negli ultimi anni siano state sistematicamente sperimentate nell'ambito di quel procedimento, lungo i primi anni Ottanta.

In due parole si trattava della vicenda aperta clamorosamente dall'accusa a Toni Negri di essere il "capo" delle Brigate rosse e di aver partecipato all'assassinio di Moro. Malgrado l'insieme degli accertamenti giudiziari abbia completamente svuotato il nocciolo "teorematico" di quelle accuse si continua ancor oggi tranquillamente a indicare il Negri come l'"ideologo" delle Br o come una specie di grande vecchio o ispiratore del terrorismo.

Ma non è di questo che intendiamo parlare in questa occasione.

Ciò che ci accomuna è banalmente il fatto di essere stati alla fine assolti. Banale, certo, tranne per il fatto che ciò è accaduto dopo molti anni di carcere preventivo - allora non si andava tanto per il sottile e pochi si scandalizzavano per anni di carcere in attesa del processo. Anni per i quali non abbiamo ricevuto né una parola di scuse né una lira di risarcimento.

Ed ecco allora la modesta proposta. Perché non utilizzare questo credito altrimenti inesigibile (nel nostro e in tutti gli altri processi per terrorismo) per ridurre fin da subito il monte pene residuo? Una proposta provocatoria? Forse.

Ma si rifletta. Non sarebbe solo un gran piacere per noi. Pur innocenti, non abbiamo mai nascosto le nostre posizioni (e responsabilità) politiche: si tratta di responsabilità collettive (e proprio perciò ripugnanti alla forma del processo penale) e non può che trovarci d'accordo, oggi, una redistribuzione più equa dei pesi residui, specie a favore di esuli e fuoriusciti che rischiano di essere esclusi di fatto da ogni forma di soluzione politica. Ma soprattutto. Non sarebbe questo un modo per richiamare la discussione sull'indulto al suo punto principale?

Che non è affatto quello di cancellare la memoria di quella stagione, di confondere i profili di responsabilità, o peggio di ferire i sentimenti delle vittime, ma puramente e semplicemente di riequilibrare eccessi punitivi di cui possiamo ben essere considerati una prova vivente.

Sarebbe straordinariamente importante che di ciò si convincessero quelle posizioni politiche che pur essendo fortemente impegnate, nella maggioranza e nell'opposizione, nella riaffermazione dei principi dello stato di diritto, mostrano su questo punto una grande timidezza. Si tratta di un residuo di cultura dell'emergenza. Emergenzialismo non è infatti far fronte alle emergenze, ma volere o subire il loro divenire perenni.

Mario Dalmaviva,

Alisa Del Re,

Luciano Ferrari Bravo,

Ferruccio Gambino,

Alberto Magnaghi, Paolo Virno,

Emilio Vesce

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