il Manifesto - 31 luglio 1997

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L'indulto divide anche An

ANDREA COLOMBO - ROMA

A LLEANZA nazionale era e resta contraria all'indulto. Non si possono varare provvedimenti di clemenza dimenticando le vititme del terrorismo". Chi parla è Maurizio Gasparri, coordinatore di An. Gli risponde a botta calda Francesco Storace, altra stella di prima grandezza nel firmamento nazionalalleato. "Nonostante quel che autorevolmente dice l'onorevole Gasparri - ironizza - An deve ancora discutere. Lo ha detto Fini, domenica scorsa, alla Festa del Secolo, affermando che riteneva giusto porsi il problema di un comportamento generoso verso i terroristi sconfitti ma anche verso i parenti delle vittime. E a una domanda precisa sulla posizione di An sull'indulto ha risposto: 'Sicuramente discuteremo'".

Storace ritiene di avere le carte in regola per intervenire sull'argomento: "Ho subìto tre attentati, la mia famiglia ha rischiato di saltare per aria, mi hanno sparato per strada. Non credo che aver avuto fortuna mi tolga il diritto di avere voce in capitolo. E dico che quella stagione è finita". Ma la parola fine, si scalda Storace e non gli si può davvero dar torto, deve essere scritta per tutti: "Non ci può essere una discriminazione contro i ragazzi della destra di allora. L'indulto deve riguardare anche Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, oppure deve essere indicata una via chiara per ottenere la revisione del processo per la strage di Bologna". Dello stesso parere è Giulio Maceratini, capo dei senatori di An, altro capofila storico, come Urso e Alemanno, del fronte favorevole all'indulto in An. Un'area in realtà assai più vasta di quanto non appaia, alla quale, non fosse per esigenze diplomatiche, sarebbe iscritto, e non lo ha mai nascosto, anche Fini.

Quello di An non è un caso isolato. La divaricazione taglia in due quasi tutti i gruppi politici. Il Ccd, che si è distinto per la veemenza della sua opposizione condizionando in parte il Ppi, conta tra i suoi fondatori quel D'Onofrio che fu tra i primi a sostenere la legge, e annovera tra i propri ispiratori l'ex presidente Cossiga, che anche ieri ha confermato di essere favorevole non solo all'indulto ma anche all'amnistia. In Forza Italia alla pattuglia ex radicale e antiproibizionista dovrebbe affiancarsi, almeno stando alle dichiarazioni rilasciate sino a qualche mese fa, il capogruppo alla camera Pisanu. Nello stesso Ppi l'intransigenza di Sergio Mattarella non è condivisa da esponenti di primo piano quali Giovanni Bianchi, ex presidente del partito, e Renato Monticone.

Si spiega con questa divisione l'altrimenti incomprensibile ritornello ripetuto ieri da numerosi leader contrari all'indulto, da Berlusconi al vicesegretario del Ppi Franceschini. Il problema rigaurderebbe non la sostanza del provvedimento ma i tempi. "Gli anni del terrorismo sono ancora troppo vicini", sentenzia il Cavaliere. "Le ferite non sono ancora rimarginate", informa Franceschini. Non nega un parere neppure il pm gerardo D'Ambrosio, e anche per lui "il momento è sbagliato". Al coro vanno aggiunti i molti che hanno accusato la commissione di aver operato una specie di blitz per far passare in corsa il provvedimento.

Argomentazioni all'apparenza stupefacenti, tenendo conto che i detenuti in questione sono in carcere da una quindicina d'anni (assai più di quanto si sconta in media per omicidio). L'iter della legge, poi, gareggia addirittura per il guinness. Lo ricorda il portavoce dei verdi Luigi Manconi, segnalando che il percorso dell'indulto partì nell'89 su iniziativa del democristiano Flaminio Piccoli. E Nichi Vendola, relatore in commissione giustizia, sottolinea che nessuna altra proposta è rimasta in discussione per un anno prima di passare per un voto, a sua volta del tutto iniziale.

Probabilmente la questione in sé risibile dei tempi va intesa come escamotage per trarsi d'imbarazzo senza pregiudicare del tutto la scelta futura. Diversa è la posizione di chi all'indulto contrappone una raffica di grazie individuali, come ha fatto ieri il presidente del senato Mancino. In questo caso infatti il no è davvero netto. Lo spirito che animerebbe la grazia è infatti diametralmente opposto a quello dell'indulto, misura che si ripropone non di cancellare un'epoca ma di constatarne la da lungo tempo intercorsa fine. Ancora diversa è infine la posizione di chi, come Giulio Andreotti, preferisce non schierarsi e aspetta di vedere nei dettagli il testo.

La partita insomma è più aperta di quanto non appaia dalla levata di scudi delle ultime 48 ore, forte nel palazzo, addirittura fragoroso al suo esterno, dove non si è fatta attendere la bocciatura dei parenti delle vittime e dei sindacati di polizia. L'indulto dovrà passare il vaglio della commissione affari costituzionali, poi tornerà in commissione giustizia per il voto finale, non prima di settembre. Quindi sarà il turno dell'aula, dove però le chances di successo dipenderanno tutte dall'approvazione della proposta, avanzata dalla bicamerale, che abbassa il quorum dai due terzi degli aventi diritto al 51%.

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